In un tempo massimamente travagliato sembra incongruo parlare di felicità, ma è proprio nei momenti di maggior preoccupazione che viene spontaneo per associazione , pensare a una via di fuga dal dolore che, per quanto più frequente della felicità, non è più originario. E’ lecito cercare la felicità quando tutto ci parla di quanto l’esistenza possa essere dolorosa? Mai avremmo pensato che le generazioni dopo di noi avrebbero dovuto fare i conti con quanto le guerre possano impattare sulla vita di tutti e non solo per un fatto meramente economico ma perché il dolore dell’altro è comunque un principio di realtà di una società poco edificante anche per i meno empatici. La felicità è la potenza del vitale, solo se questo è interrotto appare il dolore, che viviamo come un accidente della vita, una sorta di interruzione di quello stato originario di benessere di cui abbiamo evidentemente contezza. Se tutti noi cerchiamo così tanto la felicità è perché la conosciamo? E’ perché sappiamo cos’è ? E’ perché è un luogo in cui tutti siamo già stati? E’ anamnestica la felicità? La dimensione dell’infanzia, dell’oggetto primario del nostro piacere : il seno materno è qualcosa di iscritto in noi? Quella condizione di pienezza sperimentata in una fase di vita di cui non possiamo avere ricordo, ci appare in qualche modo. Eppure pensiamo che la felicità sia qualcosa di precario, che possa durare un momento , che non può essere nemmeno deciso da noi. Agostino stesso dice che non è una nostra conquista , ma è la felicità a prendere noi, portandoci fuori dalla routine , ponendoci in sintonia col mondo. Quando siamo felici esperiamo il mondo come fosse dalla nostra parte, non come ostacolo. L’uomo è pervaso che la felicità ci appartenga relativamente, non è la condizione abituale dell’essere. Con Socrate avevamo imparato una dimensione attiva della felicità . Non vi è nulla di esterno a donarci la pienezza dell’essere, ma è una voce dentro di noi, è il nostro demone che va ascoltato e tirato fuori come insegna la maieutica socratica. Per Socrate la felicità è il “ conosci te stesso “ è la competenza di noi stessi che può farci amministrare la potenza che siamo, è la nostra stessa vitalità a permetterci la fruizione di ciò che di esterno a noi, può darci piacere . In Socrate l’azione è più forte dell’occasione, la felicità fa rima con virtù, senza essere virtuosi non si riesce nell’armonia della giusta misura, nell’evitare il dannoso dispendio della potenza vitale che in quanto tale vuole sè stessa, siamo pur sempre natura. Il voglio tutto della dimensione infantile è dissipazione, è l’incesto descritto dalla psicanalisi, se non riusciamo a dosare il nostro desiderio , a governarne l’economia, non possiamo aspirare a un benessere stabile. Lo stesso piacere fisico ci dice che l’acme della felicità decade nello stesso momento in cui lo si raggiunge. La naturale dinamica della dopamina sfocia nel patologico se diventa doping. Il virtuoso sa leggere i momenti, sa riconoscere la possibilità di coglierne la gioia, sa codificare il reale e vederne la bellezza che i più distratti non colgono. Spesso siamo infelici perché conduciamo una vita sbagliata senza dircelo, o magari perché non sappiamo chi vogliamo essere . Per poter dire IO ci serve l’altro, la relazione è costitutiva alla felicità, la fonda. E’ l’altro a dirmi chi sono, è l’altro che mi svela a me stesso, che mi annuncia. Questo sempre che l’altro non si costituisca come ostacolo, come problema. La struttura della felicità è necessariamente sociale, se non è comune l’altro può essere ragione del mio malessere. Platone col suo idealismo insegna che la politica è la scienza più alta per poter essere felici, per Platone i politici sbagliati sono il sintomo di una patologia della polis, che manca di virtù nello scegliere un governo dei migliori , non sapendo governare neanche sè stessi, non possono poi saper scegliere da chi farsi condurre . Le stesse etiche, senza buona amministrazione diventano un inutile fardello. Le morali nella loro genesi sono strategie di riuscita, ma se non c’è un io consapevole a gestirle diventano castrazioni ,inutili rinunce. Quando riduco il mondo a me stesso l’occasione di essere felice potrebbe trovarmi impreparato. Realizzare noi stessi in relazione agli altri , in una dimensione comune, è la maniera per rendere la felicità una condizione non dico stabile ma di certo più prossima a noi. E’ un pensiero che va elaborato , la modernità spinge nella direzione opposta , il sistema capitalistico ci vuole consumatori compulsivi perché “chi è felice non consuma”. Chi è felice si incanta per il rosa del tramonto e non per il brand che indossa, quello gli serve per farsi riconoscere , non per conoscersi, serve per compiacere non per piacersi . I Greci avevano visto nella filosofia una forma di stile di vita che faccia da battistrada alla felicità , eppure oggi paradossalmente col termine epicureo si indica qualcuno che rinuncia alla profondità interiore, preferendo ad essa tutto ciò che dia piacere effimero. Come sempre le ideologie perdono la parte più alta del vero pensiero, diventando finte filosofie o filosofie di comodo. Epicuro in realtà invitava i giovani a non attardarsi per filosofare, perché farlo era una possibile strategia di riuscita per la felicità. Ogni tempo deve trovare le sue virtù, scrivere le sue filosofie, quello che ci viene dal passato ci aiuta, ma non possiamo tornare lì. Bisogna reinvestire, trovare nuove chiavi di lettura, innescare quello che vale sempre con ciò che vale qui e ora. Siamo in un momento sociale difficilissimo, c’è un vento di guerra che soffia sulle nostre coscienze addormentate dal torpore delle propagande e di una superficialità di comodo che qualche volta è necessaria per non perdere di vista quell’aspetto ludico della vita necessario al voler vivere . ALTRO CHE GIORNATE DELLA MEMORIA , se non decidiamo per un cambiamento di rotta , quell’aberrazione con cui condanniamo con forza , un passato neanche troppo lontano ,si svuoterà di qualsiasi valore : sta succedendo di nuovo, è nel nostro presente che acconsentiamo alla guerra, siamo noi, oggi , a sentire di bambini decapitati, di corpi smembrati dalle milizie jihadiste. Serviranno a coprire il terrorismo imperialistico di Netanyahu che non è poi così diverso da Hamas , come si vuole credere. Stanno massacrando i civili , il popolo, è pericoloso fare il tifo da stadio. Le politiche occidentali dovrebbero essere responsabili e muoversi su un principio di realtà che vede donne, uomini e bambini trucidati dalla storia stessa che non è riuscita a trovare una soluzione a un dramma iniziato dopo la seconda guerra mondiale. Certo Israele è una grande democrazia che non va identificata con Netanyahu, ma neanche i palestinesi vanno identificati con i terroristi di Hamas. Diventa veramente difficile parlare di felicità in un mondo che va così male, ma persino Freud che non ci rende la vita facile in nome della civiltà ,ci spiega che anche il sommo dolore, come quello della perdita, del lutto, non è mai definitivo, la vita è programmata per elaborarlo. La vita può reinvestire sulla sua stessa forza, la sua potenza è tale da avere la forza sufficiente a rilanciare se stessa. Investire sulle nuove generazione è una postura nobilitante , che ci restituisce un po’ di quella pienezza che chiamiamo felicità per giustificare la nostra rinuncia a poterla ambire. Michela Murgia, prima di lasciarci ,ha tenuto a dirci che questo mondo non è poi così brutto: tutto dipende da che mondo ci facciamo. E’ rimasto solo Papa Francesco a preoccuparsi che noi tutti si sia felici, forse per merito delle sue alte frequentazioni, o magari perché l’inquietudine che siamo merita risposta. Se proviamo a svuotarci da tutto il superfluo con cui abbiamo riempito le nostre vite potremmo ascoltare le parole del Papa fuori retorica, consegnandole alla loro verità : “ essere felici è smettere di sentirsi vittima dei problemi e diventare attore della propria storia “, senza prendersi troppo sul serio, senza darci troppa importanza.Papa Ratzinger citando Chesterton diceva “ sapete perché gli angeli volano? Perché si prendono alla leggera”
ANNA FERRARO