Cos’è che non vediamo, quando guardiamo a tutto ciò che ci sta dinanzi, cos’è quella sensazione di punto cieco, se non il nostro occhio? Per questo le ermeneutiche ci vengono meglio delle autobiografie, che necessitano sempre di uno sguardo esterno per essere autentiche. La propria biografia porta in sè qualcosa di insondabile. Non tutto è afferrabile, non tutto è conoscibile; dovrebbe questo, esser motivo di una naturale postura volta all’umiltà, che invece sembra essersi persa insieme all’antropologia dell’uomo epistemico. La mia biografia (per quello che è dato vedere di me stessa a me stessa)è cosa semplice : una provenienza molto dignitosa (si, perché mi vanto molto per gli episodi che raccontano di mio nonno come qualcuno che faceva fatica a sfamare le sei bocche che ogni giorno sedevano intorno al desco, sempre più frugale, ma che rinunciava ,sistematicamente, alla sua porzione di cibo, se quel povero cagnolino denutrito che si palesava ogni giorno sulla porta di casa, gli faceva gli occhi tristi della fame). Quando sono così le partenze della vita, quando sono questi i background sei già fregato, non potrai più scegliere di non preoccuparti degli altri, nessun uomo potrà mai essere così insignificante da non essere un tuo problema. In realtà non scegli da che parte stare, ti ci ritrovi già, anche se è altrettanto vero che lì sei perfettamente a tuo agio. Certo siamo sempre di più della somma di tutto ciò che ci costituisce, ma questo è proprio quel punto cieco a cui possiamo solo approssimarci; per quella parte, saremo sempre un mistero a noi stessi. Come figlia, sono ancora impegnata in quel percorso per ereditare quello che è già nostro da sempre, di sicuro mi sono riappropriata della semplicità come valore assoluto, cosa che criticavo negli adulti attorno a me, vedendoci una forma di vita minoritaria. So di non amare la millanteria, eppure a tratti mi ritrovo arrogante; so di non poter avere sempre ragione, ma ci provo ogni volta e questo denota un’antipatica saccenza. Quando mi rileggo, mi capita di piacermi, un po’ come quando lo specchio ci restituisce un’immagine di noi che ci va bene. So di essere curiosa, accesa, sono in una fase della vita, dove vorrei recuperare tutto il tempo tolto alla conoscenza di ogni cosa possibile, cambiando approccio alla mia postura nel mondo, ma anche la stessa logica che non è più quella che credevo che fosse fino a qualche anno fa. Non ho titoli accademici (lo specifico perché so che questo qui pro quo ha urtato qualche sensibilità, ma non c’è stata intenzione alcuna di appropriarmi di titoli di merito che non ho) Ho sicuramente una passione smodata per la filosofia e questo può rendermi intransigente ma spero mai integralista (sarebbe come tradire il senso vero di tutto quello che mi fa sangue). Il problema è che si ama in un solo modo: senza limite, e si pensa in un solo modo: nel limite, per cui riempiendo il cuore si rischia di relegare il pensiero ad una posizione secondaria, mortificandolo nelle sue possibili prospettive. Fa bene Claudio Gliottone a lasciare il dubbio amletico al giudizio dei lettori. Anche se, azzardo a credere, che sappia bene che il suo dire sia strettamente politico. Del resto quale dire non lo è. Chi parla, ma anche chi scrive, lo fa da un’angolazione precisa, la sua. Solo a Kant lasciamo il metodo della parallasse (la possibilità di spostare il punto di vista proprio, come in una dislocazione prospettica, privandolo di una localizzazione, di una postura precisa). A noi comuni mortali, conviene far pace con le nostre intenzioni (per restare perlomeno fedeli a noi stessi) e per il resto, affidarci all’ardua sentenza dei posteri. La filosofia non è una scienza a cui ascrivere alcune categorie del pensiero, è solo una pratica veritativa, dialogica; non si può nazionalizzare, né politicizzare. Quella è l’ideologia, che resterà sempre qualcosa di ambiguo, perché porta in sé una falsa coscienza, una falsa filosofia. Non si può neanche chiuderla in un campo determinato, la verità è universale, supera ogni possibile confine. Lo stesso profilo filosofico di un autore, non corrisponde mai a quello politico: Gentile, Croce, Gramsci sono tutti e tre neoidealisti (anche se qualcuno di loro non lo sa) ma politicamente molto lontani; Gentile è stato ministro dell’istruzione del ventennio fascista, Croce è un liberale conservatore e Gramsci uno dei più illustri comunisti. Il vero della filosofia, passa certamente dalla storia delle generazioni, che, figlie di un tempo storico diverso, hanno anche verità diverse. Ma l’inquietudine che caratterizza l’esistenza umana, è atavica, è trasversale, da sempre ci costringe a dare un senso a quel segmento di vita, proprio in quanto quello e non un altro. Ci sono dei momenti chiave nella vita di ognuno, in cui sentiamo di dover fare delle scelte che poi faranno da battistrada a tutto il nostro cammino. Anche la scelta della nostra posizione politica, certo influenzata da tanti apriori, già lì siamo la somma di tante cose. Può esserci un evento scatenante che ci direziona, ma quasi sempre è solo una presa di coscienza di ciò che sapevamo già da sempre. Qualche giorno fa, ascoltavo un monologo di Michele Serra (noto giornalista, scrittore di sinistra) che cito, condividendone il senso. “Nella mia prossima vita, vorrei nascere di destra. Ma non per un fatto ideologico, ma per ragioni pratiche. La vita a sinistra è difficile, mai niente che ci vada bene, anni a fare analisi e analisi delle analisi, mai una passeggiata per una boccata d’aria fresca, magari ne avremmo guadagnato in salute. Solo le scissioni ci vengono bene, quella è una nostra specialità. La vita a destra, è più semplice. C’è anche altro dalla politica. Quello che c’è, si fa in modo che vada bene, ma non per incoscienza, ma perché non si rompono la testa su come potrebbe essere il mondo. L’elettore di sinistra è di pessimo umore il giorno delle elezioni, non gli va bene mai nessun candidato. A destra si vota serenamente qualunque candidato, fosse anche Gengis Khan. Chiude preoccupandosi per la Meloni, che dopo una colorata campagna elettorale (in stile perfettamente patriottico) non fa altro che ripetere la parola RESPONSABILITA’: “attenzione, ci vuole un attimo a diventare di sinistra “. La sinistra non ha voluto vedere che era troppo poco l’antifascismo per vincere le elezioni. Nessuno di noi vede un imminente preoccupazione in questo senso (nonostante la macchietta spagnola del nuovo premier). Sicuramente il fatto che fosse una donna ha mitigato gli animi di chi temeva un’evocazione del male radicale (un nuovo Hitler è già un’iperbole di per sé, poi in gonnella è ancora meno credibile). La cosa più grave di queste elezioni, che nessuno ha voluto vedere, è la bolla astensionistica. Nessuno ha accolto questa invocazione, tantomeno la sinistra, che avrebbe dovuto farlo per statuto concettuale. Il lavoro, il tema sociale, questo chiedono quelli che non votano. Ma nel computo dei voti non esiste questa categoria , è metafisica, quindi non c’è proprio scientificamente ( ecco, forse è solo scendendo nella prassi che si intuisce quanto il fisico senza il metafisico non sia il Tutto) La demonizzazione del fascismo non servirebbe più ,che sia stato un crimine dell’uomo sull’uomo è questione anapodittica, eppure lo si continua ad evocare .Certo sono tanti i motivi per non dimenticare, ma di quella memoria si fa anche un uso scorretto, per poter poi giustificare il sistema attuale di vita. Questa società per potersi legittimare ha bisogno di demonizzare il passato, perché di suo è completamente priva di legittimazione etico politiche. In ogni paese c’è il vero e il falso. La Russia è il paese di Stalin ma anche quello di Tolstoj, la Germania è il paese di Hitler ma anche quello di Hegel. La storia è fondamentale, resta il luogo delle possibilità, ricordare serve a non ripetere gli stessi errori; basta fare l’apologia di un male insondabile, nei confronti del quale le vittime delle guerre moderne sono meno vittime. E’ come se ammazzassimo una seconda volta le vittime della shoah, servendoci della loro memoria, per un uso meramente ideologico. In Italia, il comunismo è nato come proletarismo, questo è stato il suo grande limite. Imponendo una morale forzata, non si può che ottenere l’opposto. La dialettica Hegeliana serviva proprio a metabolizzare questo atteggiamento, limite vero di ogni proibizionismo. Marx muove da Hegel molto più di quanto ammettesse a sé stesso. A Gentile va il merito di portare Marx in Italia, con il libro che Lenin definirà come il più grande testo che sia mai stato scritto su Marx. Ne farà vedere quell’idealismo che Marx sembra non accettare in nome di un materialismo storico che è invece solo metaforico, si risolve in realtà nel suo ateismo. La sinistra ha smesso di essere sinistra da quando ha rinnegato Marx ponendosi sulla scacchiera occidentale come qualsiasi altra forza neoliberista e non neoliberale come amano fregiarsi, confondendo i due significati ad appannaggio di un preciso tornaconto elettorale, non certo per un innocente errore. Se il capitale è ad oggi il monoteismo assoluto è perché è stato sussunto da tutte le forze che governano il mondo: a destra nell’economia, a sinistra nella cultura al centro nella politica. Nietzsche si sbagliava ad annunciare la morte di Dio, in realtà ha solo cambiato nome. Il 9 novembre del 1989, cadeva il muro di Berlino, tutti abbiamo creduto che saremmo corsi ad abbracciarci. Ma non è successo, era l’economia di mercato a uscirne vittoriosa, non l’umanità che stava per essere inglobata da un sistema che ci rendeva liberi solo nella misura in cui saremmo stati consumatori compulsivi, con una busta paga che riproduce il nostro asservimento. Tutto sarà a portata di mano, ma nulla potrà essere afferrato senza portafoglio nell’altra mano. Chi potrà, “sarà” perché lo ha meritato”, proprio come i poveri saranno invece considerati “colpevoli di esserlo”. Gramsci parlava di pessimismo della ragione e di ottimismo della volontà. Ma oggi manca proprio il soggetto storico. Il comunitarismo è caduto sotto la dicotomia destra sinistra, la rabbia per il fatto che il mondo va male implode nell’individuo atomizzato. Il tema della filosofia deve essere quello di riaprire un futuro diverso. L’ontologia della possibilità come cambiamento e non solo come approdo consolatorio alla desertificazione esistente. Sé la filosofia serve a salvarci solo dalla manipolazione del grande fratello, o dell’isola de famosi, resta un Prozac, vittima della sua stessa ostracizzazione. E’ stato un attimo passare da “Bella Ciao “ a Cciao Bbella ( con marcato accento romanesco) ,nulla di grave per la verità ,forse solo un po’ di mancanza di stile. Ma sono dettagli, è un attimo e si ritorna a essere quel famigerato popolo di sinistra, un po’ snob, a cui non va mai bene niente.
ANNA FERRARO
Il successo inganna gli uomini, per la sua falsa somiglianza al merito. Cit. Victor Hugo