Quando le truppe sovietiche varcarono i cancelli di Auschwitz, tutto diventò vero: gli scheletri con la paura negli occhi dei sopravvissuti e le montagne di cadaveri erano lì. In un momento, tutto fu reale e quelle anime diventate numero tornarono a essere persone. In un tempo in cui odio e indifferenza sono più facili di amore e comprensione, tutta l’umanità varca idealmente quei cancelli, per ricordare che questo è stato. Il ricordo è essenziale, per far si che ciò che è stato non abbia più a ripetersi in nessuna altra parte del mondo. Se ci pensate, qualsiasi anniversario, per definizione, ci ricorda un particolare evento, ma in questo caso sembra volerci ricordare di ricordare, quasi come se assumesse la forma di un imperativo. L’Olocausto che rappresenta il male assoluto, si ripropone in forme celate, tragiche, nelle guerre, nel razzismo, nelle separazioni che gli uomini frappongono fra loro. Il male, se ci pensate un attimo è l’uomo stesso che, però, può trasformare il proprio progetto di vita se, guardando al passato, con l’aiuto dell’azione della memoria, denuncia gli errori del passato e del presente. La regione nord-occidentale cinese dello Xinjiang è abitata dagli Uiguri, una minoranza turcofona islamica con propria lingua e costumi. Strumentalizzando le spinte secessioniste locali e l’attività terroristica messa in atto da alcuni piccoli gruppi jihadisti, le autorità di Pechino hanno lanciato una vasta operazione repressiva che ha interessato tutta la popolazione musulmana locale. Lo Xinjiang è considerato strategico dal governo cinese ed è per questo che per mantenere la tranquillità nell’area si è deciso di cancellare l’identità e l’etnia uigura. Sterilizzazioni, campi di rieducazione, sorveglianza di massa, lavori forzati sono solo alcune delle modalità con cui la Cina sta soffocando la vita di milioni di uiguri. Spesso, con l’appoggio internazionale. E ancora…a Bihac in Bosnia dove i migranti sognano in fila sotto la neve di varcare il confine ed entrare in Europa. Dal 2018 ne sono transitati 70mila per lo più provenienti dal Pakistan, Afghanistan, Marocco, Iran, secondo i dati della Croce Rossa. Bihac oggi è l’Edirne turca che nel 2015 s’affollava di migranti. La Lesbo greca che nel 2016 li sfollava sui gommoni e l’Idomeni al confine macedone che li malmenava. La Bosnia Erzegovina ha ancora cinque centri aperti, tutti in aree musulmane, ma non fa entrare più nessuno a ispezionarli e li lascia alla gestione arbitraria, spesso violenta, di kapò privati. La pressione internazionale sulla Bosnia nell’ultimo periodo è aumentata a causa delle condizioni inumane dei migranti che bussano alla porta dell’Europa. E le immagini sono terribili. Centinaia di uomini in fila sotto la neve con indosso solo una t-shirt o calzando dei sandali. Alcuni cercano di bardarsi alla meno peggio ma il freddo è feroce. Il perimetro è delineato dal filo spinato. La rievocazione di altre pagine nere della storia è inevitabile. Di questo ricordiamocene oggi quando diremo “mai più”. Prima o poi tutti ci troveremo dalla parte sbagliata.
Sara Finocchi



INCANTI DI NATALE: LA LUCE DI BETLEMME ILLUMINA I NOSTRI BORGHI
LA VITA È BELLA.
MUSEO SCUOLA CERCA CASA. 
