Pandora, quella del vaso, aveva una cugina meno famosa di nome Fandonia. La donna, celebre in famiglia per essere una gran bugiarda, dopo vari tentativi, convinse Giove di avere le carte in regola per governare il mondo. La terra, infatti, nonostante fosse passato più di un lustro, ancora risentiva di tutti i guai che Pandora aveva contribuito a diffondere tra gli uomini. Nessuno era più riuscito a rinchiudere nel vaso “gelosia”, “malattia”, “vizio” e “pazzia”. Fandonia, oltre alla qualità già posseduta si era nutrita a piene mani della pazzia uscita dallo scrigno di Pandora e, pur di conquistare la terra, aveva raccontato al re dell’Olimpo non solo di essere bella, buona ed intelligente, insomma l’incarnazione del kalos kai agathos ( kαλόϛ ϏάΪ ἀγαθός) ovvero della perfezione, ma di possedere, ancor prima che fossero inventate, tutte le virtù cardinali. La donna chiaramente raccontava un sacco di “balle”, ma questo né Giove, né il genere umano potevano immaginarlo. Fu così che la piccola cugina di Pandora prese la guida del mondo perché questo riscoprisse una nuova età dell’oro. La terra era in rovina e la gente si recava dalla prescelta fiduciosa che potesse risolvere tutti i problemi, ma questa, in barba all’intelligenza delle persone – che di fatto sulla terra ancora latitava – era solita rabbonirle con storielle al limite del paradossale. Fandonia, dal canto suo, era in possesso di un boccaccio in cui rinchiudeva tutte le bugie che diceva. Una volta che le menzogne erano sigillate nella scatola le persone ci credevano senza farsi domande. Con il passare del tempo, tuttavia, per bramosia di potere aveva cominciato ad esagerare promettendo agli uomini ginnasi nuovi, nosocomi, una nuova agorà, reti idriche e fognarie, il risanamento dei debiti del regno e persino di portare la terra sulla luna. La cupidigia della donna era aumentata a dismisura tanto che questa aveva cominciato a desiderare per se qualunque carica dello scibile umano. Fandonia non solo diceva bugie, ma provava uno strano godimento nel farlo. Tuttavia, queste, sempre più grandi per dimensione e peso cominciarono ad esercitare sul tappo del boccaccio magico una pressione straordinaria tanto che la giovinetta, per non capitolare, fu costretta ad assoldare al proprio servizio un piccolo Titano di nome Efesso che con la propria forza (seppur piccino era sempre un pezzo di marcantonio) potesse tenere sigillato il tappo del boccaccio. Efesso era, tra i figli di Urano e Gea, il più piccino della cucciolata, aveva un aspetto non tanto gentile, anzi bruttino, e la passione per la poesia. Fandonia intraprese, al di la del lavoro, una relazione di amorosi sensi con lo stesso ben sicura, così facendo, di tenerlo assicurata a sé. Così, sicura del fatto suo, continuò a dire bugie al suo popolo per tutte le stagioni: ne aveva una per la primavera, una per l’inverno e per l’estate e ben più di una per le carestie che a quei tempi si riproponevano con certezza empirica. Tuttavia, all’improvviso, si realizzò l’imponderabile. A causa della pazzia che ancora serpeggiava nell’aria perché non era ritornata nel vaso di Pandora, Fandonia, specchiandosi in uno stagno rimase abbagliata dalla sua figura e fraintendendo di potere fare tutto da sola, mise in crisi la relazione con il Titano e cominciò ad inveire anche contro Giove. In men che non si dica la donna prese a raccontare bugie anche a Efesso che per uno strano scherzo del destino, pur non condividendole, era costretto a reggere. Ormai la fanciulla era talmente piena di sé da scagliarsi anche contro i corpi celesti convinta di aver raggiunto la piena ragione. Ma si sbagliava. E si sa…tira e tira, prima o poi la corda si spezza. Fu così che il Titano, ormai stufo di fare la figura dello sciocco di corte, decise di rompere la relazione con Fandonia e per dispetto – Titani del tempo erano più capricciosi dei satiri allentò la pressione sul tappo del boccaccio facendo uscire fuori tutte le bugie dette. In un battibaleno, il velo che era calato sulla ragione delle persone fu rotto e tutti si resero conto che erano stati presi in giro. Tutti erano arrabbiati, tanto che chiunque si proponeva nel volerle somministrare ingenti punizioni corporali. Non era stato fatto nulla di quanto promesso: il nosocomio era cadente, l’agorà abbandonata, nessuna opera degna di nota insomma. Giove, furente, capì che Ella non era né bella, buona o brava, anzi era anche un po’ racchia e decise di fulminarla con una saetta. Efesso, che come tutti i Titani non era in buoni rapporti con il Re dell’Olimpo, decise di preparare per questi una folgore e gliela portò. Giove, scagliò l’immane dardo preparato dal Titano contro Fandonia fulminandola all’istante. Dalla folgorazione nacque una pianta di girasole che non faceva fiori. Tutto era tornato come prima… ma il povero Efesso che fine aveva fatto? La storia narra che questi avesse raccolto il boccaccio dell’amata e scuotendolo, guardando sul fondo, aveva notato che su questo vi era ancora adagiato qualcosa di molto prezioso…la speranza che, dopo che Pandora aveva rotto il vaso, non si trovava più. Così il titano per riparare alle azioni malvagie fatte, riconsegnò agli uomini la speranza per un mondo migliore. Ora bisognava ricostruire tutto e meglio, non credendo più né a fasi profeti, né ad idoli.
Carlo Cosma Barra