Teano, giugno
Siamo nel
La scena del racconto si svolge alla fiera di Sant’Antonio, evento di grande importanza all’epoca, quella dedicata agli animali, che durava tutta la settimana antecedente la festa del Santo e che vedeva il concentrarsi di numerosi commercianti, provenienti anche da fuori regione, ed una folla di acquirenti soprattutto forestieri.
Forestiero, probabilmente delle campagne napoletane, era anche lo sconosciuto uomo in lacrime. Ma cosa poteva mai essergli accaduto ad una fiera?
Il contadino, per giungere a Teano, era partito a piedi almeno un giorno prima, dopo uno o più anni di inimmaginabili sacrifici per racimolare una certa cifra e con lo scopo di acquistare un cavallo. Il prezioso animale, per il trasporto e l’ausilio al duro lavoro dei campi, gli avrebbe cambiato la vita e magari consentito di guadagnare qualche soldo in più.
Allora, giunto in fiera, osservava, si informava, chiedeva prezzi ed alla fine acquistava un bel puledro da uno dei tanti commercianti.
Gli animali di quel venditore, come in ogni caso in quella fiera, erano tutti liberi in un recinto. Una volta conclusa la trattativa, era cura dell’acquirente recuperare il cavallo e portarlo via in qualche maniera. Poiché i cavalli maggiormente venduti erano giovani, forti e non domati, e non era affatto semplice l’operazione di infilargli la cavezza, in giro vi erano dei gruppi di persone che, a pagamento, offrivano questo servizio: circondavano l’animale e, se necessario, lo mettevano giù con forza per infilargli la testiera della cavezza.
Fu proprio questo il caso del nostro contadino che, reclutati gli accalappiatori, aspettava con ansia che questi gli consegnassero finalmente il tanto atteso cavallo.
Il gruppo quindi partì deciso, circondarono il puledro ed il più anziano, dopo aver agganciato il lazzo al collo, iniziò subito con i primi tentativi: niente da fare, il cavallo era una furia quando vedeva mani avvicinarsi alla propria testa. Si passò quindi alle maniere forti: i muscolosi uomini, una volta tesa la fune, si addossarono all’animale afferrandolo in più punti e, dopo qualche minuto di durissimo corpo a corpo pur senza colpo alcuno, riuscirono a tirarlo a terra su un fianco e quindi ad infilargli rapidamente la testiera appena giunto al suolo.
Purtroppo però, il puledro al suolo e con la testiera ben piazzata, non era affatto pronto per essere consegnato al legittimo proprietario: si capì subito dopo che, durante la furiosa lotta, aveva subito la frattura dell’osso del collo, danno al quale non esisteva rimedio diverso dalla macellazione.
Così l’uomo piangeva, in piedi tra la folla, consumava fermo la sua disperazione mentre aspettava un marginale rimborso promessogli dallo stesso commerciante che gli aveva venduto il cavallo, il quale si era impegnato a vendere prima possibile la bestia coricata e silenziosa.
Il narratore, racconta poi di una ragazza che aveva assistito alla scena e che avvicinò l’uomo per confortarlo in qualche modo.
La giovane e sensibile donna, anch’essa sconosciuta, dopo aver raccolto lo sfogo dello sfortunato contadino, ne fu talmente colpita che decise di improvvisare una colletta: gridando più volte tra la folla ed in ogni angolo dell’immenso mercato, riuscì a coinvolgere praticamente tutti.
La determinazione e l’intraprendenza della ragazza, la bontà del commerciante ed un diffuso e grande spirito di solidarietà dei presenti, fecero sì che allo sconosciuto contadino fosse consegnato, dopo poche ore, un altro puledro bello e forte come quello che aveva così sfortunatamente perduto.
Così l’uomo, prima incredulo e poi sorpreso, mutò il pianto in commozione, ringraziò in ginocchio e si avviò rincuorato verso la propria casa.
A sessanta anni di distanza, il signor Balduino racconta e descrive i dettagli di questa bellissima storia e noi lo ringraziamo vivamente per averci regalato questa che, in un certo senso, è anche una lezione giunta dal passato, su che cosa sono la solidarietà e la povertà ma soprattutto su quanto vale l’una in presenza dell’altra.
Gerardo Zarone