10 novembre 1936, ore 12,45. Un aeromobile S.M.81, gregario di una pattuglia del 9° Stormo Francesco Baracca, decollata da Ciampino ed in rotta verso Palermo, a pochi minuti dalla partenza si imbatte in una violenta perturbazione.
Avendo virato verso est, per evitare impatti con gli altri aerei della pattuglia, si vede costretto a raggiungere la quota di 1600 metri per evitare impatti con i rilievi preappenninici del luogo. L’elevata altitudine, per la formazione di ghiaccio sui propulsori, provoca l’improvvisa perdita di controllo del velivolo, all’epoca ancora in fase sperimentale. Dopo disperate manovre volte alla ripresa del controllo di quota, l’aereo cala in picchiata sfarfallando e, a quel punto, il capo equipaggio Capitano Alberto Bernini, dà l’ordine di gettarsi ed apre il tettuccio. All’istante, il Sottotenente Pilota Andrea Luigi Fumo viene scaraventato all’esterno dal forte risucchio senza avere il tempo di agganciare il moschettone del paracadute, mentre il Capitano Bernini riesce al lanciarsi col paracadute. I restanti quattro membri dell’equipaggio restano invece intrappolati nelle rispettive postazioni e quindi destinati all’imminente e rovinoso impatto.
Durante la più lenta discesa del Comandante Bernini, assicurato alle cinghie del paracadute, il Sottotenente Fumo si vede perire per il violentissimo impatto al suolo e l’areoplano termina la corsa precipitando disastrosamente sull’abitato della cittadina di Roccagorga.
Immediata è la reazione di alcuni abitanti del luogo che, precipitatisi per prestare soccorso, estraggono dalle macerie Aviere Scelto Cabri Modesto e audacemente ritornati frettolosamente in prossimità del relitto in fiamme per il prosieguo dei soccorsi, vengono sorpresi e travolti dall’apocalittico scoppio del serbatoio del carburante.
Questi i fatti di quello che fu il più drammatico incidente aereo del ventennio fascista, in cui persero la vita 4 membri dell’equipaggio dell’aereo e12 abitanti di Roccagorga. Tra i civili, 6 furono i soccorritori uccisi dal sopraggiunto scoppio.
Il sacrificio dei militari caduti nell’adempimento del dovere, così come le gesta eroiche dei civili caduti o feriti, furono solennemente celebrati dall’allora Regno d’Italia che elargì attestati di merito a tutti i soccorritorie impegnò fondi per la ricostruzione delle abitazioni distrutte.
Ciò che non è noto, è che al seguito di questa drammatica vicenda, si intreccia la silenziosa opera a cui una donna dedicò, da quel momento in poi, la propria esistenza: la madre del pilota Sottotenente Andrea Luigi Erasmo Fumo di Teano.
Si chiamava Lucia Rossi, piemontese d’origine, e già vedova dell’Avvocato Andrea Fumo all’epoca della morte del proprio unico figlio. Donna benestante, molto riservata,vissuta tra Teano e Roma e da sempre contraria alla scelta della carriera militare intrapresa dal figlio.
Di lei si narra che, appresa la notizia del grave incidente, perse dalle mani la tazzina del caffè che stava bevendo e cadde nel mutismo più assoluto per svariati giorni.
A seguito della tragedia, visitati i luoghi, fece erigere un cippo funerario nel punto in cui fu rinvenuto il giovane pilota esanime. In seguito, avendo contezza dei drammi familiari derivati dal disastro, scelse di dedicare il resto dei suoi anni all’assistenza morale e materiale di alcuni congiunti delle vittime e per questo sacrificò, oltretutto, gran parte del suo consistente patrimonio.
La nobiltà della sua opera induce a riflettere sugli intenti di questa straordinaria madre, che non si limitò ad onorare la memoria del figlio. Il senso dei suoi sforzi fu quello di dare continuità, nel segno del bene e della giustizia, a quella esistenza spezzata. Il giovane e incolpevole pilota, vittima a sua volta della sciagura, era stato tra i protagonisti attivi di quel dramma e quindi sua madre scelse di sostituirsi a lui nella volontà di lenire comunque quelle gravi ferite.
Lucia è deceduta nella metà degli anni ’70 ed è qui ricordata per il profondo significato che è riuscita a dare alla propria vita, pur essendo stata colpita dal dolore più grande del mondo.
Gerardo Zarone