E ora non ho più dubbi. Non ho rimorsi, non ho più ombre, non ho peccato, non ho più passato. Caro Guido, ti scrivo dall’aldiqua tra gli splendori nell’erba di una estate infinitamente colorata. Tu stai nell’aldilà tra cirri di nuvole d’oro e canti ambrati, una goduria per te che eri notoriamente dodecafonico (un modo gentile per dire stonato).
Ricorderai le belle stagioni smaglianti con gli altri Amici, tanti,il giovane De Simone sempre in trincea, Walteruccio chitarrista di frontiera e pittore poliedrico, il Patino Carminuccio sempre allegro e giulivo, il Direttore Maglione Sindaco dalle mille iniziative sempre tra la gente con la gente per la gente, senza populismo, senza demagogia, Rino Feroce Artista globale dal sorriso perenne e la gaia inventiva , all’ombra della zimarra di Mons. Sperandeo, al sole del suo sorriso .
Stagioni limpide e divertenti, brillanti di realizzazioni in un cielo senza nubi, disteso, sereno, accogliente. Terso. Anche quando il grande Vescovo dei nostri begli anni trasvolò nel suo paradiso, la leggenda continuò. Arzigogolammo insieme in un universo teanese, levitammo in epoche appassionanti, scoprimmo con buona pace del tempo edace le bellezze di una primavera senza inverni. Senza neve. Col senso dell’umorismo in tasca e l’allegria nel cuore. Scrivemmo discreti la nostra storia che si confondeva con quella del nostro Paese, due dimensioni parallele, universi contigui, seducenti, a volte terribili e dispotici che non ti danno il tempo di riflettere o piangere. Pluviali intemperanze. Savane sterminate. Ti incalzano e non c’è niente da fare, non puoi resistere. E’ finito il tempo delle mostarde e dei panini, dei canonici De Monaco con diplomatici britannici dagli occhi chiari e i capelli di biancospino, col teatro romano che ti invitava a recitare la vita.
L’Angelo pietoso ti ha condotto quattro anni fa in una Teano celeste iridata da prismatici bagliori , dove S. Paride ti ha accolto con le sembianze del Professor Raiola e gli Angeli con la celestiale faccia di don Filomeno Cipolla, canonico cantore, indimenticato autore dello Schizzo monografico sulla cattedrale, ti avranno mostrato in argentei specchi di luna e stelle il volto incantato e puro di Antonio La Motta, sagrestano senza macchia e con molta paura che gioioso ti ha cantilenato, questa volta in un latino impeccabile: "Introibo ad altare Dei, ad Deum qui laetificat juventutem meam…" *Mi accosterò all’altare di Dio, a quel Dio che allieta la mia giovinezza……….
Giulio De Monaco