Terminano quelle dell’avv. Piccolo e della girandola dei pretendenti alla successione piciernesca e incomincia il tormentone della cosidetta giornata della memoria. Niente contro, anzi.
Gli Ebrei con la loro proverbiale finezza e ‘invadenza’ sono stati capaci di monopolizzare la ferocia nazista a loro vantaggio. Prova palmare è lo stesso termine ebraico "imposto" a una commemorazione doverosa per non scordare a quanto può arrivare un certo tipo di efferata crudeltà. Bene ,in questo giorno funereo e greve la tv trasmette films: alcuni belli, altri rivoltanti e grotteschi. Naturalmente il protagonista assoluto è l’Ebreo perseguitato, macerato, vilipeso etc. Dimenticando che gli Ebrei, costituendo lo stato d’Israele, hanno letteralmente svilito, e non aggiungo altro, il martire popolo palestinese. Ricordo anche che vittime delle atrocità naziste furono anche altre etnie, inclusi caterve di Zingari che ora chiamiamo con termine più elegante e eufemistico Rom. Non parliamo poi di quello che subirono i soldati italiani poco più che ventenni in maggioranza.
Fu due anni fa circa che stomacato da queste appropriazioni enfatizzanti e monopolizzatrici, con grande sforzo per pubblicarlo, mi decisi a rendere palese un "diario" di prigionia di mio zio Nicola scritto minuziosamente e con particolari agghiaccianti su un libro mastro tedesco. Lo ripresi, lo "aggiustai" , gli diedi un titolo "La rosa di Bochum" e lo pubblicai. Ne riporto un brevissimo stralcio:"Tra una notizia e l’altra venne l’alba del 25 dicembre 1943,triste e piovigginosa. Il Trippone aveva fatto sapere il giorno prima che avrebbe distribuito un regalo della ditta mineraria agli uomini del campo. Si presentò vestito solennemente da gerarca nazista e dietro di lui vennne il ‘regalo’ . Panettoni? Dolci? Indumenti? No. Una bottiglia di birra da mezzo litro e 25 grammi di un infame tabacco russo simile assai a segatura. Il ‘regalo’ era più miserabile della sua animaccia nera e ancor più miserabile della miserabile Germania nazista. Dopo la distribuzione, il Trippone ebbe la faccia tosta di pronunciare in tedesco una specie di discorso che tradussi alterandolo.Un risolino generale inseguì la mia ironia, ma il Trippone credette che gli uomini fossero contenti e andò via soddisfatto. I soldati restarono inquadrati in attesa del mio discorso. Circa ottocento LARVE di uomini mi stavano davanti. Il mio occhio clinico scorse da un capo all’altro lo schieramento di quelle debolezze viventi. Un senso di smarrimento e di disperata compassione dette un tono patetico alla mia voce. Quella voce che aveva cominciato a tremare si rifiutò di uscire ancora. Lacrime fluirono dai miei occhi, e come fiumi vertiginosi inondarono le mie guance. Lo spettacolo era troppo tragico per poterlo frenare.Anche quel giorno ottocento soldati mangiarono la solita fetida sbobba di acque e rape. A sera una fisarmonica e un clarinetto riproposero le note di vecchie canzoni d’Italia. Una rosa rossa in un elmo tedesco, che faceva da vaso, brillava come stella cometa su un tavolo , in fondo."
Niente da aggiungere.
Giulio De Monaco