La storia, la memoria e i ricordi sono l’identità e il patrimonio di un popolo. Per comprendere la vera identità di una comunità è necessario ripercorrere le strade lungo le quali, nei secoli, la vita quotidiana dei suoi cittadini si è fatta storia.
Settanta anni sono trascorsi da quei tristi giorni che videro la nostra città bombardata da fuoco, per così dire amico. Erano i giorni 6, 17 e 22 ottobre 1943, l’armistizio con gli anglo-americani era già stato firmato il 3 settembre dello stesso anno e a Teano non c’era una presenza cospicua di truppe tedesche. Teano non era un caposaldo strategico delle forze dell’asse, ne un passaggio obbligatorio per l’avanzata americana vista la sua posizione geografica sul territorio. Teano era una semplice cittadina che viveva nella tranquillità più assoluta, gente semplice, senza grilli per la testa, priva di ideologie sovversive, non si evidenziavano soprusi da parte fascista, di contro c’era un’adeguata gradevole convivenza tra fascisti e non. In realtà in un piccolo paese tutti si conoscono, ci si tratta da fratelli.
Oggi, a distanza di tempo corre l’obbligo morale di ricordare quei tristi eventi della millenaria storia sidicina. Il tempo passa e le ferite si risanano, almeno quelle materiali anche se non tutte sono completamente guarite. I più oggi ignorano cosa accadde, ma quelli datati, coloro che hanno vissuto quei momenti, ancora oggi non possono cancellare.
Il primo bombardamento avvenne alle 10,45 di quel maledetto 6 ottobre del ‘43, Teano venne investita da un uragano di fuoco, un inferno che durò sei lunghissimi minuti. Alla fine la città ne fu tragicamente sconvolta ed in parte mutò fisionomia. Il bombardamento era inaspettato e giunse nel periodo in cui gran parte d’Italia cullava una illusione destinata a durare ben poco.
Quel mattino una formazione di 24 aerei: B 26 e B
Quel bombardamento fu inutile dal punto di vista militare, dato che l’Italia era in ginocchio ed i rifornimenti tedeschi non furono messi in pericolo. Inutile anche dal punto di vista psicologico, dato che il morale dei sidicini e degli italiani era da tempo sotto i tacchi.
Fu un tipo di bombardamento già sperimentato in molti scenari e messo in pratica in Italia su volere di Arthur Harris, comandante dei bombardieri della Royal Air Force. Furono tragici minuti, durante i quali scomparvero molti storici aspetti sidicini. Andarono persi patrimoni artistici come il Duomo, ricostruito nel dopoguerra ma in modo diverso, le chiese di S. Maria de Foris, tante infrastrutture e tante realtà storiche che oggi solo attraverso cartoline illustrate possono custodirne il ricordo. Pensate alla vecchia fontana di piazza Marconi, “la fontana di sette cannelle”. Bene quella fontana fu distrutta in data 31 ottobre dagli uomini della 56ª Divisione di Fanteria anglo americana.
Il 22 ottobre una formazione di 18 apparecchi anglo americani diedero inizio alle danze, un nuovo spettacolo pirotecnico: sganciarono tonnellate di bombe. Tra gli aerei impegnati c’erano nr. 10 B 17 “la fortezza volante”, i bombardieri pesanti tristemente famosi e alcuni P-38 “lightning”. Giunti in prossimità della città, il primo nucleo detto flight leader iniziò a sganciare le bombe, gli altri apparecchi che seguivano dovettero bombardare alla cieca tanto era il fumo prodotto dalle prime bombe. Il centro storico non esisteva quasi più, caddero 135 bombe che provocarono 56 morti tra i civili. La contraerea tedesca poté fare ben poco. Le batterie tedesche da 88 non abbatterono neanche un velivolo, impotenti di fronte alle fortezze volanti. I sidicini pagarono un duro tributo perchè poche bombe restarono inesplose.
Le bombe, oltre a causare vittime civili ed almeno 85 feriti, distrussero il 58% dell’abitato urbano, cancellando secoli di storia locale.
Molte furono le case distrutte o comunque inagibili, il centro storico quasi polverizzato. Danneggiate gravemente la chiesa di San Francesco, di San Benedetto, distrutta quella di San Nicola Papabove in Piazza Umberto I. La chiesa di S. Salvatore o Monte dei Morti (semidistrutta), fu interamente demolita dal Genio Civile e l’area utilizzata in parte per l’ampliamento di Piazza Municipio ed in parte, (inizialmente), per la costruzione di un edificio per le opere parrocchiali: La chiesa della SS Annunziata o Ave Maria Gratia Plena privata di tutta la navata centrale, restò intatto solo il campanile e la facciata della chiesa col gruppo marmoreo dell’Annunziata.
Oggi, a distanza di settant’anni, la città intera ha il dovere di ricordare e di non dimenticare mai quei concittadini che pagarono con la vita il durissimo prezzo di una guerra che in realtà all’alba del 6 ottobre del’ 43 era ancora ben lontana da potersi dire conclusa.
La storia è saggezza, memoria e dunque forza.
La storia non è solo passato. La storia si impadronisce del passato, spinge il passato sul presente e li spinge entrambi nell’avvenire. Il passato spiega l’avvenire e solo lui può farlo. «Il passato è il nostro presente», scrive Alexandre Vinet. Il passato è la nostra forza. La nostra debolezza è costituita dal presente.
Mario Biscotti