Avere l’acqua alla gola, per traslato, significa stare per affogare: ma l’acqua passa per la gola anche quando si cerca di soddisfare una naturale quanto indispensabile necessità del corpo umano: quella di assumere il principale e più grande costituente del nostro organismo (circa l’80%), cioè quella semplicemente di “bere”.
Orbene pare che a questa necessità, oltre a quella non meno indispensabile, di detergersi, in alcune zone di Teano, sia impossibile assolvere con assicurata continuità; è un problema di vecchia data, dovuto a svariate cause, al quale pare oggi sempre più difficile porre rimedio, ammesso che se ne abbiano la dovuta possibilità nonché volontà e capacità. Anzi credo che queste ultime due manchino completamente.
Una carissima amica continua a segnalarmi con disperata costanza tutte le volte che dai suoi rubinetti esce solo uno strano bofonchio al quale non segue la comparsa di “sorella acqua” ; ed io non posso far altro che esprimerle solidale partecipazione quando ciò accade; e vi assicuro che accade più volte al mese, ed inavvertitamente. E la cosa mi fa ricordare quasi con tenerezza che simili “drammi” accadevano anche nelle frazioni, ed in particolare in quella in cui ho residenza io; ma un bel giorno, all’improvviso, squillò il telefono e dall’altro capo una voce nota, quella del Sindaco nella cui amministrazione ero, come sempre, consigliere di opposizione, mi gridò : “Claudiooo, apri i rubinetti..” Lo feci, e l’acqua sgorgò inaspettata e copiosa; e da allora, era il 1980, non è più mancata neppure per un giorno.
Il Sindaco era, onore al merito, Mario Toscano; quello stesso che con tenace caparbia volle e realizzò un’altra importante opera: l’allargamento di via S. Antuono Abate, con lo smembramento di fatiscenti edifici che gravavano su una strada stretta, nel punto più importante dell’ ingresso al Paese venendo dalla Casilina: onore al merito!
Nel 1980 finiva la amministrazione di un altro grande Sindaco, Luigi Maglione, promotore infaticabile della creazione del Museo Sidicino, inaugurato nel 2001, dal compianto Guido Zarone, sotto la cui direzione mi adoperai, da assessore, per il recupero del vecchio Istituto Regina Margherita, importante struttura al centro del paese, vagheggiandone un importante centro sociale, ma lasciato brutalmente decadere dalla amministrazione successiva, dopo che Guido cadde politicamente sotto il “fuoco amico”.
Ho voluto ricordare questi tre personaggi per evidenziare, io, nove volte su dieci “uomo contro” come nel famoso e contestato film di Francesco Rosi, tratto dal romanzo di Emilio Lussu, la profonda differenza della politica del “fare” da quella, oggi stramaledettamente in auge, dell’”apparire”.
E’ sicuramente un aspetto che ritengo pochi abbiano esaminato nel suo reale significato: oggi si “esce” sui giornali ed in televisione per dire cose non comprovate dai fatti, per propagandare stupidate, per parlare di aria fritta, per promettere assurdità galattiche, per gongolare e gingillarsi, ricorrendo a programmi dai paroloni incomprensibili, mezzo in italiano e mezzo in inglese, per dire ancor meno di niente: le classiche “parole e tabacchiere di legname” che, per sua fortuna, il “banco non impegna”! E meno che mai lo hanno compreso quei consiglieri che, impegnati ad inseguire la loro visibilità, non sanno far altro che creare gruppi e sottogruppi, senza nulla proporre, incantati dal suono soave proveniente dal clarinetto del Pifferaio Magico; quei consiglieri che, prima di proporsi come tali, non avrebbero fatto male a conoscere un po’ di storia, soprattutto politica, del loro paese: perché la storia, diceva Bergson, è come un gomitolo di lana, al quale non si potrebbe soprapporre altra lana, se non ne esistesse sotto di già arrotolata.
A volte mi chiedo a cosa possano servire queste nostre continue denunce: cadranno nel vuoto sbattendo contro la endemica indifferenza dei nostri concittadini, o coveranno lentamente sotto la cenere per esplodere prima o poi in un caloroso fuoco rigeneratore?
“Facciamo rinascere una nuova primavera sidicina” è un altro sentito appello pubblicato qualche giorno fa su questo stesso foglio. Sì, facciamolo tutti insieme, senza remore, senza pregiudizi, senza infondate antipatie o presunte appartenenze: facciamolo con sentimento, conoscenza e riconoscenza, con dedizione e razionalità, con umiltà, senza parole altisonanti che il banco non impegnerebbe, ma facciamolo, soprattutto, con la più grande “onestà mentale”!
Claudio Gliottone