Agli inizi del novecento, nelle nostre campagne la maggior parte dei contadini erano mezzadri, in altre parole agricoltori che non avevano né casa, né terreni propri e perciò abitavano nelle case coloniche che appartenevano ai padroni e lavoravano i loro poderi. Non pagavano l’affitto in denaro, ma dovevano dare metà dei prodotti (grano, vino, olio, polli, frutta, ecc… ecc..) al padrone. I calcoli venivano fatti dal fattore. Più la famiglia era numerosa e più aveva diritto ad un podere grande.
La mezzadria nelle nostre campagne è esistita fino agli inizi degli anni sessanta circa. I contadini, man mano comprarono i terreni e le case e diventarono COLTIVATORI DIRETTI. Molti capostipiti hanno riferito di essere stati mezzadri. Questi hanno proferito che in quei tempi, si lavorava molto nei campi, con tanta fatica. Non c’erano le attrezzature di oggi, quindi si adoperavano le braccia e la forza degli animali (mucche, buoi).
Negli anni cinquanta arrivarono i primi trattori che alleggerirono di molto il lavoro. La casa non era lussuosa né ben curata come quella di oggi. La famiglia patriarcale, composta dal capo famiglia, dalla consorte e da tanti figli, a volte anche sposati. Spesso accadeva che i figli maschi prendevano moglie e restavano in famiglia, così i componenti aumentavano: genitori, figli, zii, zie, nipoti, nonno, nonna. Essere in tanti aumentava la forza-lavoro perché per lavorare nei campi servivano molte braccia. La scuola passava in secondo piano: era più importante lavorare per poter mangiare che imparare a leggere e a scrivere. La stanza più grande era la cucina dove c’era un grande focolare intorno al quale si riuniva la famiglia. Il camino serviva per riscaldarsi e per cucinare. Appesa alla catena c’era la pentola per cuocere le vivande. Il pane si faceva in casa, spesso i contadini andavano al mulino a macinare il grano, in via XXVI ottobre dopo il “Ponte degli Svizzeri”, in direzione Caianello, sulla sinistra, c’era un mulino ad acqua di proprietà della famiglia Sasso.
Nella campagna, in un letto dormivano più persone e i materassi erano di crini o di foglie di granoturco. Vicino alla camera c’era il magazzino dove si tenevano le provviste. Sotto casa c’era la cantina, la stalla, l’ovile, il pollaio. In cantina, oltre al vino, all’olio e all’aceto, c’erano i salami, le salsicce, i prosciutti, i formaggi. In casa non c’era n’è luce elettrica n’è acqua corrente. Il gabinetto era fatto di canne ed era situato fuori. Di notte si usava l’orinale per fare i bisogni. L’acqua per fare da mangiare e per lavarsi si prendeva con l’orcio alla fonte. Per fare luce si usavano le candele o il lume a petrolio. Le massaie facevano il bucato una volta al mese usando la cenere e il sapone fatto in casa. Molte donne praticavano il mestiere della lavandaia. I vestiti erano semplici, confezionati in casa: con la lana, la canapa, il cotone. I più fortunati avevano il vestito della festa che si indossava soltanto per andare a Messa o in occasione di feste particolari. Quando si danneggiavano si rammendavano. Le donne tessevano al telaio la canapa coltivata nei campi (fino agli anni cinquanta in Via Garibaldi c’era un laboratorio di tessitura munito di telai con struttura in legno sicuramente risalenti al secolo precedente).
Le ragazze si preparavano la dote: lenzuola, asciugamani, grembiuli. Spesso i bambini andavano in giro scalzi o con gli zoccoli di legno. Se c’era un paio di scarpe si conservava per le feste e si portavano ad aggiustare dal calzolaio. I contadini calzavano scarponi chiodati al fine di preservare la suola. Le donne non vestivano n’é pantaloni, n’é collant. Negli anni trenta sono arrivate le prime automobili (Balilla 1934, Topolino 1936), ma se le potevano permettere in pochi!
Negli anni ’50 si vedevano passare alcune moto e negli anni ’60 uscì la mitica VESPA.
A scuola gli insegnanti erano molto severi e comminavano punizioni a volte dolorose (tirate di orecchie, bacchettate sulle mani, le ginocchia sopra il brecciolino). Erano molti i bocciati e pochi frequentavano oltre la terza elementare. Si scriveva con il pennino e l’inchiostro. Prima di iniziare la lezione si recitava la preghiera, poi si passava all’ispezione dell’igiene personale. Il tempo per giocare era scarso perchè anche i bambini aiutavano i grandi nel lavoro dei campi e nell’accudire le bestie. I giochi più comuni erano: la corda, la trottola, la campana, il sassetto, la buca, le figurine, il nascondino ed i bottoni.
Gli avvenimenti salienti nella vita contadina erano:
· l’aratura;
· la trebbiatura del grano, per quell’evento il fattore e il padrone erano presenti. Ogni sacco di grano veniva contato prima di essere vuotato nel granaio. Si incidevano con un coltello dei segni in un canna e quando si arrivava al quintale si faceva un segno più grande. il padrone era molto attento perché doveva dividere a metà il raccolto con il mezzadro;
· la semina della canapa, durante la crescita si toglievano le erbacce, quando era matura si raccoglieva e si faceva seccare al sole, poi si schiacciava bene con la gramola, si pettinava, si raffinava, si filava e infine si tesseva al telaio. Con le pezze di canapa si cucivano le lenzuola, le tovaglie ecc. ecc…;
· nel periodo dicembre – gennaio si ammazzava il maiale, c’era sempre un uomo specializzato per uccidere il maiale; veniva aiutato da un gruppo di uomini e donne: chi raccoglieva il sangue e lo faceva bollire, chi toglieva le setole, chi puliva le budella per fare poi le salsicce e i salami;
· la tosatura: le pecore venivano legate con una cordicella per le gambe, successivamente con una tosatrice (un grosso rasoio) venivano tosate iniziando da un lato e passando poi all’altro. Era bello vedere tutto il mantello (il vello) che si staccava. Questo lavoro veniva fatto all’inizio dell’estate, quando la pecora è “felice” di essere alleggerita da quel mantello che detiene caldo.
Verso la terra debbono volgersi le speranze e le energie dei popoli, per attingere a questa sorgente prima di prosperità, a questa riserva sempre rinnovellatesi, tutta l’energia rigeneratrice che dovrà ridare al mondo la sua serenità e la sua ricchezza.
In sintesi, l’agricoltura è stata ed è l’elemento base in una società bene organizzata. Essa è fondamento anche dell’industria, non solo perché molte industrie vivono lavorando prodotti che vengono direttamente dai campi, ma anche perché tutti per lavorare hanno bisogno di quella cosa che si chiama pane. Perciò la vera fonte, la vera origine di tutta l’attività umana è la terra.
Questa vecchia terra sidicina può ancora dare il pane ai suoi figli di oggi e di domani, quando gli uomini sappiano armonizzare in essa questi elementi: il solco, l’acqua, il lavoro e la scienza.
Mario Biscotti