“Prima pensa, poi parla, perché parole poco pensate portano pena”. Questo proverbio è detto “la regola delle 10 P” e deriva dall’Antica Grecia quando un ateniese offese un guerriero e per questo fu ucciso. Il significato è chiaro ed intrinseco nella frase stessa: bisogna riflettere prima di parlare per evitare brutte conseguenze. Al di là dell’uso che se ne fa anche in giurisprudenza: reato di diffamazione, per calunnia, o per ingiuria previsti dal Codice penale. E, comunque, reati commessi attraverso una forma di comunicazione, orale e/o scritta. Comunicazione, dicevamo. Non a caso questo proverbio viene spesso utilizzato in corsi di formazione in Tecniche di comunicazione. Cosa c’entra tutto ciò con il Covid 19 e la delicata esperienza che stanno vivendo i cittadini di Teano? Veniamo al dunque. Sappiamo che una non corretta comunicazione, tra le altre, può procurare l’amplificazione dei nostri stati di paura e angoscia. In special modo nei minori. Bambini ed adolescenti! Ma anche negli anziani, già minati da loro fragilità congenite dovute all’età! Sappiamo pure che tali forme di “destabilizzazione” per lo più sono da attribuire ai media, bombardandoci con notizie allarmanti. Per lo più, si perché, il cittadino medio, si affida inoltre a coloro che rappresentano le istituzioni in genere. Tra questi il sacerdote della parrocchia, il proprio medico di famiglia, il proprio sindaco. Il cittadino medio, perciò, preso dall’angoscia è portato persino ad idealizzare queste figure. Quindi, proprio perché cittadino medio e non ferrato in determinate materie, spesso consapevole di questi suoi limiti, si sente “inferiore” e crede di trovarsi di fronte a qualcuno con maggiore competenza e, perciò, è portato ad idealizzarlo, a pendere dalle sue labbra, ad incamerare e somatizzare (a livello psicologico) le enunciazioni comunicazionali di questi autorevoli soggetti. Premesso tutto ciò, premessa la delicata situazione relativa alla curva di crescita delle contaminazioni da Covid 19, nello specifico, il cittadino medio “pende dalle labbra” del proprio Sindaco, peraltro prima Autorità Sanitaria del Territorio, e non perché di professione è medico, bensì per mandato istituzionale. Ora, quando si percepisce empaticamente che il proprio Sindaco è preoccupato, quando quest’Ultimo, giustamente, organizza un “drive trough”, quando è restio nell’aprire le scuole, quando, da ultimo, sembra invocare la presenza dell’Esercito per il controllo del rispetto delle regole, la reazione psicotica di quel cittadino medio, di quei bambini e adolescenti, di quegli anziani, rischia di non essere più controllabile. Allora? Allora dovrebbe entrate in gioco quella che è definita “Comunicazione empatica”. Non vogliamo esagerare con la pretesa di una “Comunicazione transazionale”, ma almeno quella Istituzionale dovuta per legge…! Ovvero la capacità di persuasione senza terrorismo psicologico, la capacità di convincere quel cittadino medio che il Sindaco c’è. Come? Si provi, ad esempio a collegarsi al Sito Web Istituzionale del Comune e si provi a cercare qualche notizia, qualche vademecum, qualche informazione utile sul Covid 19. Ad esempio, si provi ad accedere ai documenti sul “Supporto psicologico”: Chiuso, serrato, inaccessibile. Certo che il Sindaco c’è. Attraverso una “comunicazione terroristica” per mezzo di alcuni giornali o i social non accessibili a tutti, sulla richiesta dell’Esercito, ad esempio. È mai possibile che il cittadino deve essere aggiornato sull’andamento dei contagi solo grazie al puntuale aggiornamento del nostro Giornale? Punto. Tant’è. Al diavolo l’amplificazione dei nostri stati di paura e angoscia. In special modo nei minori. Bambini ed adolescenti! Ma anche negli anziani, già minati da loro fragilità congenite dovute all’età!
Pasquale Di Benedetto