Guardatelo, è il primo della schiera partendo da sinistra. Sembra il più minuto di tutti e anzi lo è. Anche perché è suo malgrado offuscato dalla ragguardevole stazza dei suoi amici di fotografia; leggiadra signora escludendo. Lo ha voluto quel Dio di cui è ossequioso. Ma è solo un inganno degli occhi. Un fatto fisico. Già, perché, dovete sapere (e forse già sapete) che in quella scatola cranica c’è un concentrato di sapere che fa il pari solo con la sua educazione, la sua eleganza, il suo garbo. La mente di Giulio, che trapela a stento – badate bene, lo dico agli ignoranti, ossia a chi ignora e non ha avuto per sventura modo di conoscere l’Essere di cui parlo – dai suoi libri e opuscoli su Teano. Libri e opuscoli che appaiono ai miei occhi essere più di una mera ricapitolazione riveduta, integrata e corretta, delle bellezze del baricentro territoriale che fu dei Sidicini che invece testi di storia, scienza o archeologia. Le fotografie e poi i commenti. Un mix che sta, a mio parere, in bilico tra de Andrade e De André di uno scrittore che percorre a piedi e spesso in solitaria, tra il misticismo, la spiritualità e la forza delle radici, la lunga strada del narratore di storia antica e moderna della sua stessa città. E se un giornalista ha il dovere di essere a tratti anche un giornalaio perché il quotidiano o il periodico non diventino «resa» dell’edicolante o carta buona per il fondo delle gabbie per canarini, Lui, da scrittore consapevole e concreto si fa spesso anche promoter, blogger e venditore ambulante della sua immagine? Apri i libri e lo scopri, cosa? È promoter, blogger, editore e venditore dei segni e dei simboli della nostra Teano, di oggi e di ieri.
Per opportunismo Giulio potrebbe benissimo tacere, fingere, infingardo, di stare a destra, poi a sinistra e poi al centro seguendo le sorti dei maggiorenti, dei vincitori e giammai dei vinti. Ma il suo spirito guerriero, il suo dannato e indissolubile senso di libertà lo obbligano a parlare, a mostrasi, a tradire le sue simpatie e di contraltare i suoi disamori. Disamori che sempre più spesso hanno nomi e cognomi e coincidono sempre, rigorosamente, con persone e personaggi che pur avendo promesso di difendere la sua e nostra terra, i nostri palazzi, il nostro borgo antico, le nostre pietre, le nostre colonne, i nostri portali, i templi e persino le nostre necropoli: poi non l’hanno fatto. Ed ecco i suoi antagonisti di oggi, i suoi detrattori.
Ma Giulio non si ferma, lo sento, lo vedo, lo leggo. Scrive e riscrive, percorre e ripercorre quella strada lungo la quale adesso sente la piacevole sensazione di aver accresciuto a dismisura il seguito di persone leali tra i suoi compagni di viaggio. E così è.