Caro Direttore,
so per certo che la tua squisita signorilità non prenderà le mie considerazioni come il lamento di un anziano appartenente, ad esempio, a quella schiera di persone che nell’immediato ultimo dopoguerra sostenevano che tutto, anche le stesse guerre, fosse migliore prima della guerra! E rendersene conto è già evidente segno di residua lucidità scevra da sovrastrutture mentali di altra origine. Mi perdonerai la presunzione.
Ma faccio mia una bella frase di Cicerone: “Non sapere che cosa sia accaduto prima della tua nascita sarebbe per te come restare per sempre un bambino”.
Solo questo mi spinge a scrivere le seguenti righe indirizzate alle due, se non tre, generazioni succedutesi alla mia.
Orbene pare che un nuovo sussulto di vitalità non acquiescente abbia pervaso un gruppo, ma per ora, e spero solo per ora, solamente un gruppo di cittadini teanesi: quello volto a ripristinare in città una assistenza sanitaria ospedaliera che vi regnava gloriosa ed efficiente dal 1600 e che fu distrutta agli inizi del nostro millennio da una “ristrutturazione” (?) del servizio da parte dell’allora presidente della Regione, Antonio Bassolino. E perché anch’essi sappiano raccontiamo un po’ di storia,
Prima della istituzione del SSN, del quale nelle intenzioni e nei primi anni di attività nulla v’è da dire se non del bene, gli Ospedali erano degli Enti di Diritto Pubblico, guidati da un Cominato di gestione i cui membri erano designati dal Consiglio Comunale: un distintosi Presidente di questo Comitato fu per anni l’Ispettore Scolastico in pensione Gerardo Contestabile. La loro sussistenza era assicurata dai compensi ricevuti per le prestazioni erogate, dal ricovero al servizio di Pronto Soccorso ed agli interventi chirurgici, dalle varie Casse di Mutua Assistenza. E, essendo stato, il nostro ospedale, fondato come “opera pia” dalla Chiesa, v’era un “cenobio di pie donne”: una congregazione di suore, attivissime in tutti i reparti come responsabili della pulizia, della terapia e della alimentazione dei ricoverati. E nessuno, dico nessuno, di questi operatori citati percepiva una lira di compenso!
Nel nostro Ospedale operavano i chirurghi (Scalese), gli ortopedici (Raffone), gli otorinolaringoiatri (D’Anna), i ginecologi (Papa), ed eseguiva visite persino un oculista (Lombari) e lo staff di Medicina (Fumo, Razzino) e negli ultimi tempi v’era anche un reparto di Terapia intensiva. Ho vissuto a contatto con tutti loro i migliori anni della mia vita professionale!
Arrivò il SSN: furono creati raggruppamenti di città che ruotavano attorno ad un Presidio Ospedaliero (come cominciò a chiamarsi il vecchio ospedale) e le USL, organo di gestione con un Presidente e degli Amministratori anch’essi designati dai vari Consigli comunali delle città che ne facevano parte: tutti, ovviamente, risarciti economicamente. Dopo un decennio le USL (Unità Sanitaria Locale) furono trasformate in ASL (Azienda Sanitaria Locale) affidata alla gestione monocratica di un Presidente di nomina Regionale (e ho detto tutto!) ed a tutta una serie di burocrati (Direttore Sanitario, Vice Direttori, Responsabili e via dicendo) anche loro di nomina regionale e tutti lautamente stipendiati.
La politica aveva fatto il suo ingresso a “gamba tesa” nella gestione della salute pubblica!
Sicuramente v’era sempre stata, ma tra le quinte e con discrezione; fin dall’epoca dei “Baroni” universitari i quali, però, pur sempre supportati dalla politica, avevano professionalmente delle palle grandi quanto la cupola del Pantheon e questo suonava a garanzia del settore sanitario nel quale operavano.
Ora a giudicare la grandezza delle “palle” dei vari gestori della sanità locale era un Presidente della Regione che avrebbe potuto essere anche il più grande politico del mondo, ma che della realtà sanitaria non conosceva un “beato salsiccio”.
Le spese spropositate per i burocrati chiamati a gestire, le ruberie messe in atto (vedi vicenda Ospedale di Roccaromana), la pletora di costosi esami (tac, rmn, pet, ecc…) pretesi dai pazienti e concessi da medici che non esercitavano primariamente la “clinica”, le ristrutturazioni ambientali dei siti (vedi Ospedale di Teano sede di continui cantieri della muratura), la malaccorta gestione dei controlli economici (i quali venivano puntualmente fatti, all’epoca delle casse mutue, da appositi ispettori che addirittura si recavano a casa dei pazienti iscritti a controllare se avevano assunto le medicine prescritte dal loro medico di base) hanno creato un baratro economico del quale si dà facilmente la colpa all’ultimo governo arrivato! E pensare che per il vecchio INAM (anni 1975/76) erano prescrivibili persino l’ovatta e l’acqua ossigenata!
Mi fermo qui, Direttore , con un’altra massima di Cicerone: “Bisogna essere pronti a contraddire gli altri senza ostinazione e a lasciare, senza adirarsi, che anche gli altri ci contraddicano”.
Ma riprenderemo l’argomento!
Claudio Gliottone