In tutto il mondo vi sono 166 vaccini a cui i ricercatori stanno lavorando per far fronte all’attuale pandemia di Coronavirus, di cui 25 in fase di sperimentazione sugli esseri umani. Tra questi, il vaccino sviluppato dall’Università di Oxford in collaborazione con la società farmaceutica Astrazeneca è l’ultimo in ordine di tempo ad aver fatto registrare dei risultati incoraggianti. I dati della prima fase di sperimentazione sugli esseri umani pubblicati sulla rivista Lancet mostrano che il 90% delle 1.077 persone testate ha prodotto anticorpi dopo aver ricevuto una sola dose, mentre ad altri dieci volontari ne è stata somministrata una seconda e in questo caso tutti e dieci hanno sviluppato una risposta immunitaria. Dai test poi non è stato evidenziato alcun effetto collaterale grave sulle persone. Oltre al vaccino in fase di sviluppo a Oxford vi è quello dell’azienda biotecnologica “Moderna” è stato il primo in assoluto ad essere sperimentato sugli esseri umani. Si basa sull’iniezione dell’Rna del Coronavirus (il suo codice genetico) per indurre il sistema immunitario a rispondere ed essere così in grado di combattere l’infezione in futuro. Anche il vaccino messo a punto dalla tedesca Biontech insieme alla statunitense Pfizer si basa sull’ iniezione dell’Rna del Coronavirus e sta avendo buone risposte dai test. La società cinese Sinovac sta invece sviluppando un vaccino basato sull’iniezione del Coronavirus (il Sars-Cov-2) inattivato, il metodo più “classico” conosciuto. I primi test hanno mostrato buoni risultati sotto il profilo della sicurezza e ora continueranno in Brasile. Sono arrivati alle ultime fasi di sperimentazione sugli esseri umani anche i vaccini prodotti dall’azienda farmaceutica Sinopharm a Pechino e Wuhan. Il vaccino, a cui sta collaborando anche l’Irbm di Pomezia, ha come nome “ChAdOx1 nCoV-19” ed è basato sulla tecnica del “vettore virale”. In sintesi, i ricercatori hanno modificato un virus che causa il raffreddore negli scimpanzè rendendolo innocuo e aggiungendo la proteina “spike”, quella che il coronavirus utilizza per attaccare le cellule umane e replicarsi. Così, dopo che questo virus viene iniettato senza rischi per l’organismo, il sistema immunitario attacca la proteina spike, conservando “in memoria” questa capacità per farsi trovare pronto in caso di infezione futura da Coronavirus.
Sara Finocchi