Potevamo anche noi non parlare degli effetti negativi che sta producendo questa nuova epidemia? Nuova si, perché ne abbiamo avute tante altre, almeno per quelli nati dagli anni ’50 in poi. Epidemia di colera del 1973, Aviaria 1997, AIDS 1983, Encefalopatia Spongiforme Bovina (mucca pazza) 1986, Sars del 2002, e per coloro che hanno fatto il servizio di leva obbligatorio, non ci siamo fatti mancare nemmeno le quarantene (quelle sì!) a causa di episodi massivi di meningite. Detto questo, cosa è cambiato da allora? Nulla nelle manifestazioni collettive delle epidemie: vaccinazioni di massa (colera 1973) e routinarie precauzioni e prevenzione sanitarie dei casi. Diversamente da oggi, però, a parte le tre reti televisive nazionali, la radio ed i quotidiani cartacei, non esistevano gli show televisivi (comparsate di politici, virologi, pneumologi, infettivologi, etc.), né tantomeno le comparsate sui social media. Un bombardamento mediatico che non ha eguali! Un bombardamento a fini economici/speculativi (dai 2 mila ai 5 mila Euro a comparsata); a fini di propaganda politica (vedi ultime elezioni regionali) ed a fini di ladrocini. Naturalmente il tutto ben condito anche dalle ormai famose fake news. Il danno ai cittadini più preoccupante, però, non è quello clinico (più o meno sotto controllo), bensì è quello più permanente dell’equilibrio psichico di adolescenti e di numerosi adulte/i in genere. Un equilibrio messo a dura prova da quella che è definita “percezione” della situazione. Ovvero come viene “accolta” dai soggetti la situazione reale, amplificandola o meno. E come la “percezione” viene manipolata ad arte da quei showman di cui sopra.
Come giustificare i tanti danni psicologici (ansia, depressione, stati di paura, etc.) causati dalla amplificazione della “percezione”? Basti sapere che, alla fine dell’indagine (IPSOS), siamo arrivati primi nell‘«indice di ignoranza»: cioè siamo – tra i quattordici Paesi esaminati – quelli che soffrono il maggior distacco fra la percezione della realtà e la realtà. Al secondo posto gli Stati Uniti, mentre al quattordicesimo (cioè i meno ignoranti) la Svezia. Morale: stiamo attenti alla realtà percepita, perché porta a sbagliare (sempre) e a essere troppo pessimisti (nel caso dell’Italia). E poi perché, come diceva un certo Albert Einstein, «è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio». È naturale che vi sia allarme ed apprensione nonché una continua ricerca di informazioni sulle sua pericolosità e sui possibili rimedi. Ma c’è qualcosa d’altro che è relativo al carattere improvviso della conoscenza e alla potenziale esposizione alla sindrome. E proprio in virtù di questa “percezione amplificata” si continua, autorevolmente, a fare appelli a non farsi prendere dal panico, a non prestare fede alle possibili fantasiose notizie catastrofiche (una vera forma di terrorismo psicologico che trova terreno fertile in qualche animo “distruttivo”), al richiamo ai mass media per un’azione non allarmistica. I media, bombardandoci di notizie allarmanti, amplificano i nostri stati di paura e angoscia anziché placarli: l’aumento del numero delle vittime, i supermercati presi d’assalto, le costanti raccomandazioni a comportarsi in maniera “socialmente responsabile”. Tutte informazioni che, diciamocelo, mettono ansia, e che con le migliori intenzioni rischiano di produrre gli effetti peggiori (ad esempio, la “pseudo-indifferenza” nei confronti di un pericolo reale). Spesso, inoltre, non siamo in grado di discernere tra le notizie attendibile e quelle fuorvianti (fake news). Ovvero, premessa ogni ragionevole precauzione, però, attenti agli “imbonitori”, attenti alle comparsate di politici, virologi, pneumologi, infettivologi, etc.), attenti alle comparsate sui social media. Attenti al bombardamento mediatico. Quel bombardamento a fini economici/speculativi (dai 2 mila ai 5 mila Euro a comparsata), o a fini di propaganda politica (vedi ultime elezioni regionali) ed a fini di ladrocini. Proviamo, oltre alla salute del corpo, a curare e difendere anche la nostra salute psicologica. Specialmente dei più giovani.
Pasquale Di Benedetto