Grazie a Dio le elezioni sono passate.
Mentre il popolo degli analisti, tenta di dare una spiegazione all’esito del voto, argomentando l’impossibile, anche io voglio dare il mio umile contributo. Ma lo farò con gli occhi di chi lo ha vissuto da un altro punto di vista. Miez ‘a via, l’Università della strada, dove seppur tutti hanno libero accesso, solo in pochi riescono a concludere brillantemente gli studi.
Farò un breve ma utile preambolo. Capirete il perché.
A Napoli, tradizione vuole che chiunque entri in un bar, possa offrirne e/o chiederne uno. Me lo raccontava sempre mio padre.
Il caffè sospeso, è “un’abitudine filantropica e solidale, un tempo viva nella tradizione sociale di Napoli. Viene posto in essere dagli avventori dei bar del capoluogo campano, mediante il dono della consumazione di una tazzina di caffè espresso, a beneficio di uno sconosciuto.
Quando un cliente ordina un caffè sospeso, si trova a pagare due caffè pur ricevendone uno solo. In questo modo, quando una persona bisognosa entra nel bar può chiedere se c’è un caffè sospeso: in caso affermativo, riceve la consumazione di una tazzina di caffè come se gli fosse stata offerta dal primo cliente. Questa tradizione è stata un’usanza viva nella società napoletana per diversi anni, ma poi ha conosciuto un declino” (fonte Wikipedia).
Nella nostra ridente cittadina, non ho traccia se tale abitudine sia mai stata posta in essere. Non ne ho evidenza. Di certo, in “era pre-elettorale”, il caffè l’ha fatta da padrone. E gli acchiappavoti, come amo definirli, ne hanno distribuiti a zeffun a migliara a beverun.
Appostati nei pressi dei bar, oltre al sorriso smagliante, erano pronti ad offrire un caffè a chiunque fosse capitato nel loro raggio di azione
“Pasqua’ il signore è un amico, non farlo pagare. Offro io”.
Oppure,
“Pasqua’, vedi che si prende l’amico.”
E la storia si ripeteva ogni giorno. Ogni ora. Ogni momento, al punto che mi si è insinuato un dubbio. Ma vuoi vedere che per risparmiare 90 centesimi a parlamentare, questi Salvatori della Patria ne dovranno spendere mille? E chi li rimborserà? Sicuramente, mi son detto, avranno fatto qualche accordo quadro con i gestori, per avere un prezzo di favore. Ma comunque, in ogni caso, sarà stata una spesa non indifferente.
Da una rapida ed approssimativa stima, non meno di 50 tazzine al giorno. Quando è andata bene!!! Perché se poi “l’amico”, malauguratamente, apparteneva alla tribù degli “inchiummatore”, approfittando “sa pigliat pure nu bellu cornett”, il budget pro-capite previsto, sarà stato bello che superato. Ma il voto è voto. E per lui, non si badano le spese.
Loro, i burattini, incuranti di tutto e tutti, hanno continuato a distribuire quelle tazzine di felicità. Perché come dice un noto barman, poco fuori le mura del Feudo, nel suo bar, si dovrebbero pagare la tazzina di caffè e la relativa felicità che ne deriva. Ora, non ho ancora capito se la felicità è una conseguenza del caffè o è un servizio – ad oggi gratuito – che l’amico offre ai sui avventori. Come avrebbe detto qualcuno, la seconda!!
I nostri amici, hanno continuato la loro opera ininterrottamente, consapevoli che più ne avrebbero offerte di quelle tazzine, e più avrebbero fatto bella figura al cospetto del loro Mangiafuoco.
Ed allora nella prossima riforma elettorale, visto che siamo nell’era digitale, la proposta che noi del FeudoDiViaAnfiteatro avanzeremo agli enti preposti, sarà di dotare questi prodi cavalieri, di carta ricaricabile. Una RCC: RechargeableCoffeeCard. Da finanziarsi magari, con i proventi dell’8×1000. Oppure con qualche forma di cost-reduction da implementarsi.
Come recitava una pubblicità del tempo, Il caffè è un piacere, io aggiungerei, se non me lo offrono che piacere è?
In ultimo, ma non da meno, questo articolo è nato da una chiacchierata con una cara amica. Perché ricordatelo, gli Amici – quelli con la A maiuscola, sono quelli che vi stanno vicini sempre e comunque. Con il sole e con il temporale. Con loro il caffè lo andare a prendere sempre e comunque. Vi conoscono 365 giorni l’anno. Non solo quando ci sono le elezioni.
Sono quelli che vi telefonano quando non vi vedono per qualche giorno. Sono quelli che vi messaggiano a tutte le ore per sapere come state. Sono quelli che vi tendono la mano nel momento del bisogno o fanno tre passi indietro per non disturbare, quando capiscono che non è il momento. Sono loro, quelli con cui avete trascorso i migliori anni della giovinezza. Sono loro, quelli con cui avete pianto, quando i vostri/loro genitori sono saliti in cielo. Sempre con loro avete gioito quando vi siete/si sono sposati. Quando sono arrivati i vostri/loro figli, che chissà per quale strana alchimia, diventano automaticamente anche i loro/vostri. Con loro, basta uno sguardo. Un sorriso. Sono più di un fratello o di una sorella.
Ed allora, mi perdonerete se questo articolo è per la “my smaller sister”. Non importa saper chi sia o dire il suo nome. Lei capirà.
FeudoDiViaAnfiteatro, Settembre MMXX
Luciano Passariello