Recita così uno dei proverbi più famosi di tradizione romana che rimandava al cambiamento, qualcosa di insolito che comporta un cambio delle abitudini, a cui l’uomo nelle sua umanità è legato. Nel 46 a.C. Giulio Cesare, basandosi sui calcoli dall’astronomo Sosigene di Alessandria, introdusse nel suo calendario un giorno in più ogni 4 anni, dopo il 24 febbraio, giorno nel quale terminava il mese. Siccome il 24 febbraio in latino era il ”sexto die ante Calendas Martias”, il giorno in più diventò il ”bis sexto die”, da cui deriva il termine bisestile. Febbraio era il mese dedicato alla celebrazione dei defunti, ricco quindi di riti funebri. In questo mese si celebravano le Terminalia, dedicate al Dio dei Confini, e le Equirie, gare di corsa di cavalli che trainavano carri. L’arena simboleggiava la Terra e i sette giri compiuti dai cavalli rappresentavano le orbite percorse dai sette pianeti antichi, e le dodici porte delle rimesse rappresentavano le costellazioni dello Zodiaco. Quindi, un rito di rappresentazione astronomica simbolo della conclusione di un ciclo cosmico e quindi simbolo di morte e di fine. Con gli anni, le credenze popolari costruite intorno all’anno bisestile aumentarono, in correlazione a memorabili catastrofi o epidemie. Storicamente il 1492, anno bisestile, segna l’inizio dell’età moderna ma fu anche l’anno di numerose epidemie tra cui il colera e la pesta. Era il 1963 quando fu ucciso JF Kennedy. Nel 2004 si scatenò lo tsunami nell’Oceano Indiano. Nel 2012 i Maya, facendo un salto indietro nel tempo, previdero la fine del mondo ma per fortuna siamo ancora qui. In realtà, per quanto la storia dell’umanità registra numerose catastrofi o eventi negativi avvenuti negli anni bisestili vi sono conferme che un anno più corto non determina un anno privo di avvenimenti sfortunati.
Sara Finocchi