Lodevoli iniziative, non v’ha dubbio, quelle di Renato Montaquila e di Cosimo Tridente i quali, come ci riferisce la collega Maria Flora Grossi con una nota pubblicata su questo medesimo foglio, anziché “nascondersi dietro le tastiere” si son rimboccate le maniche ed hanno ripulito il primo Piazza Umberto ed il secondo Piazza Sperandeo, di loro “spontanea volontà e gratuitamente”.
Ne apprezziamo l’ardore direi “patriottico”, sia di loro che della cronista che ne riporta le gesta, e non sto celiando. Ma alcune considerazioni vanno fatte affinché si ritorni, o si pervenga per la prima volta, ad una concezione cosciente del moderno, ma non per noi, concetto di “stato sociale”.
Per stato sociale moderno non devesi intendere quello in cui ognuno si rende socialmente utile facendo qualcosa e mettendo la propria esperienza e capacità al servizio di tutti, né tan meno quello in cui i cittadini possono abbandonarsi ai più squallidi comportamenti di inciviltà, sperando nell’intervento dei primi; ed ancor meno quello che elargisce, completamente a perdere, redditi di cittadinanza, “bonus” per monopattini e biciclette o per vacanze al mare, o prebende ed elargizioni varie.
Non troverete mai siffatti comportamenti in paesi moderni ed avanzati come la Svezia o la Germania o la Danimarca, dove il vivere sociale è regolato da ben altri modi di agire sia dello Stato che dei suoi cittadini.
In queste nazioni certamente i cittadini non imbrattano le piazze con i residui dei loro assembramenti festaioli, ma altrettanto certamente la loro organizzazione sociale mette a disposizione di questi ogni possibile mezzo (cestini dei rifiuti capienti e differenziati, puliture continue della strade e via dicendo) per evitare, se non l’imbrattamento, almeno i suoi effetti nel tempo.
La inefficienza dei nostri, invece, è semplicemente vergognosa, pure se pagati da ogni cittadino a prezzi più alti che non in Svezia o Svizzera.
E vi renderete conto che, con uno stato e suoi cittadini entrambi civili, non sono necessari i valorosi interventi di amici come quelli citati sopra, i quali, credo, avranno anche desiderato una apprezzabile riservatezza.
Altrettanto poco utile, se non a spocchiose dimostrazioni pubblicitarie, mi sembra, da parte di amministratori locali, il rifiuto della spettanze previste dalla legge, per il loro impegno politico che sovente, se fatto bene e con passione, comporta notevole impegno di tempo e di capacità.
Da esecrare sicuramente il comportamento degli onorevoli che hanno aggiunto, al loro favoloso stipendio da parlamentari, anche le prebende dei bonus creati per i danneggiati dal ristagno economico conseguente alla pandemia.
Comportamenti “immorali”, ma non “illegali”, perché largamente rientranti nelle previsioni di legge. E allora ci sovviene il popolare adagio “è più furba la volpe, o chi l’acchiappa?”. La colpa ricade su chi ha immoralmente approfittato di una legge, o di chi ha formulato questa legge senza prevedere, ahimè naturali e ricorrenti, condotte dei nostri italici concittadini, ed in maniera vergognosa di quelli che dovrebbero essere, proprio con e per la loro condotta, essere considerati “onorevoli”, cioè “degni di onore”? “In questo mondo di ladri…”cantava Antonello Venditti, sono, a mio avviso, parimenti rei chi raggira le leggi e chi le crea in modo da poter essere raggirate. E vi risparmio l’altro adagio “fatta la legge, trovato l’inganno”.
Allora, per concludere, il gesto dei nostri amici resta sempre apprezzabile, ma lo resta sicuramente, cara Anna Flora, anche il lavoro di chi “si nasconde dietro le tastiere”, come tu dici, non per raccontare favolette senza costrutto, ma per denunciare costantemente disattenzioni, inciviltà, strafottenza e indifferenza di noi cittadini e di quelli che abbiamo scelto per organizzare il nostro “stato sociale”, da non confondersi, bada bene, con il “welfare” stato, nel quale siamo invece maestri nell’esagerare. Se ragionassimo tutti in maniera più civile i nostri amici avrebbero potuto godersi il ferragosto senza scopa e paletta tra le mani ed avremmo risolto il problema alla radice
Dimmi tu se sbaglio.
Claudio Gliottone