Gli ultimi episodi accaduti nel Consiglio Comunale cittadino rappresentano una situazione ai limiti del paradosso. Le parti, che si confrontano nell’assise di Palazzo S. Francesco, a quanto potrebbe sembrare, non godono delle stesse facoltà e poteri. L’impressione è, insomma, che non si giochi ad armi pari. Chi come noi ha assistito alla riunione di venerdì scorso può facilmente comprendere che non si stia estremizzando faziosamente un episodio, quanto evidenziando un problema. Così come avviene puntualmente nei governi dell’America del sud, se da un lato esiste una Maggioranza propriamente chiusa, arroccata sulle proprie posizioni che argomenta le proprie decisioni con la forza dei numeri (il rapporto di 12 consiglieri di maggioranza contro i 5 di minoranza è significativo), dall’altra esiste una Minoranza, a volte fin troppo ossequiosa, il cui ruolo vuole essere a tutti i costi degradato a quello di figuranti. La situazione economica del Comune di Teano, pressoché identica da circa un decennio (a tempo debito, fatte le dovute premesse, ci avventureremo nel perché), certo non può giustificare questa l’atmosfera ai limiti dell’incredibile che pretenderebbe la genuflessione alla volontà della maggioranza. Eppure a cicli periodici, con l’appropinquarsi delle scadenze importanti, puntualmente viene trasmesso dal Governo cittadino lo spot con il quale si manifesta l’intenzione di aprire all’Opposizione, “condividere” mezzi, tempi e decisioni. I fatti, tuttavia, dicono altro. Succedono cose strane. Succede, ad esempio – a nostra memoria la prima volta – che il Presidente del Consiglio Comunale, quello che dovrebbe garantire la legalità dei lavori consiliari, sostituendosi agli organi amministrativi preposti (i messi comunali) notifichi da solo, con la propria casella pec ( a nulla rileva dire che sia quella istituzionale), non solo l’avviso del celebrando Consiglio Comunale, ma anche atti e documenti integrativi dello stesso. Nello specifico chi si cimenta nella vita politica amministrativa di una città, sa che esistono regole ben precise da rispettare. A quanto sappiamo, ogni organo della Pubblica Amministrazione svolge ed ha una funzione propria, “tipica”: l’Ufficio Tributi redige ad esempio i ruoli per le bollette, l’Ufficio Tecnico si occupa dei servizi quali la manutenzione o il rilascio di una licenza edilizia, l’Ufficio Legale… Beh, ci siamo spiegati! La funzione della notificazione degli atti comunali, invece, spetta, da che mondo è mondo, ai messi comunali. Agli organi politici, ci sembra che il Presedente a buon diritto rientri tra questi, vengono riservate, così come strenuamente sostenuto anche dal Nostro Sindaco in altre circostanze, le funzioni di indirizzo politico nelle quali, sicuramente, non rientra quella notificatoria. La legge, infatti, stabilisce espressamente che il procedimento di notifica, astrattamente considerato, sia riservato al messo comunale, all’ufficiale giudiziario e alle poste. Da non confondere le notifiche in proprio riservate per una serie di atti agli avvocati che allo stato poco ci interessa. Tale regola, non chiara evidentemente sulle prime al Presidente del Consiglio Comunale, che nella vita fa l’Ingegnere, è ben chiara al Sindaco e a molti autorevoli rappresentanti che siedono in giunta, non per altro che svolgono da oltre un decennio la professione forense. In un mondo che funziona, chiunque capirebbe che la procedura realizzata dall’Ing. Tammaro (al quale, a differenza di altri, quantomeno, va riconosciuta l’ attenuante dell’ inesperienza) in quanto non regolamentata, tra l’altro, da alcuna delle normative comunali (Regolamenti e Statuto), sia “inesistente”. Ebbene, inesistente significa semplicemente che un atto non è nato, o meglio non ha le caratteristiche per avere effetto in quanto posto in essere da un soggetto sfornito di poteri. Ora se l’avviso di convocazione non è mai nato e non ha le caratteristiche di legge per esprimere i propri effetti (perché eseguito da un soggetto sprovvisto del potere di farlo), chiediamo: come può essere celebrata la seduta se non è stata nei fatti convocata validamente? Stando così le cose è facile e consequenziale capire che la seduta convocata con un atto inesistente non è esistente. Semplice, no? E succede pure che per mascherare tale gaffe (intesa nell’eccezione di “errore”), anziché cospargersi il capo di cenere, ci si addentri nelle argomentazioni giuridiche più disparate arrivando a simulare l’esistenza, forse mutuata dalla nozione civilistica della “nullità dell’atto”, di un principio – illogico – per il quale la presenza del soggetto rivelatore sana la procedura amministrativa “viziata” e che quanto realizzato, quindi, sarebbe, sempre per la teoria supposta, un mero errore di forma. È evidente che qui si confonde, non si comprende bene se con convinzione o coraggio, la differenza che intercorre tra “inesistenza” e “nullità”. Riguardo invece al “mero errore di forma”, memore di una precedente esperienza amministrativa, ricordiamo ancora un principio esposto da un precedente consigliere di minoranza: “Nella P.A. la forma è sostanza”! Principio conosciuto sicuramente anche dal Sindaco per averlo utilizzato egli stesso a più riprese nelle proprie arringhe quanto vestiva i panni del Consigliere di Minoranza. A questo punto nasce spontanea la domanda: se quanto sopra si può fare, il Presidente del Consiglio, un Assessore o magari lo stesso Sindaco, per dare una mano agli uffici comunali, possono notificare validamente anche una bolletta per l’acqua o per l’immondizia? E se la cartella poi viene opposta nelle sedi opportune, la notifica può dirsi sanata? Forse non conviene dilungarci per non ricevere risposte che potrebbero sorprenderci. È chiaro che in tale ipotesi ci troveremmo al cospetto di una interpretazione creativa delle norme. In ordine alla sanatoria della procedura di convocazione, però, ci si consenta di ricordare un principio giurisprudenziale ormai affermato e ribadito anche dal Tar Napoli (con conferma del Consiglio di Stato): la costituzione di una parte, funzionale al rilevamento della nullità della notificazione, non ha effetto sanante della procedura. L’importanza di trattare queste questioni, diciamo, per alcuni, di lana caprina, è quello di far capire la possibile deriva della classe politica. Politica non al servizio del cittadino, ma al servizio di se stessa. Molto spesso si ha l’impressione che le azioni poste in essere dal governo cittadino vogliano ricalcare il famoso adagio napoleonico: la corona è mia, Dio me l’ha data, guai chi la tocca! Succedono cose strane nel Consiglio Comunale di Teano! Succede pure che il Primo cittadino, argomentando sulle solite colpe altrui per la disastrosa situazione economica del Comune, tuonando circa la asserita responsabilità erariale innanzi alle autorità competenti ed ipotizzando possibili segnalazioni, bacchetti un ex amministratore (ma ci siamo ormai abituati!), assente, nella circostanza, alla seduta (olè), non concedendo ad egli il diritto di replica (olè!), per essersi addentrato, con un articolo su questa testata, nella spinosa questione delle bollette pazze del Comune di Teano (applausi!). Le regole della politica, della buona educazione, della democrazia, sicuramente digerite e conosciute, imporrebbero un dibattito ad armi pari. A fronte di un articolo su una testata giornalistica, la buttiamo li, l’etichetta di cui forse troppo spesso ci si ammanta, avrebbe suggerito una replica sulla medesima testata, fermo che quando si esprime un concetto esterno lo si fa sempre nel contegno della buona creanza e mai contro i rappresentanti politici in sé. Ma, anche questa, è una regola la cui applicazione si chiede sempre e solo agli “altri”. Le critiche, per essere più chiari con chi eventualmente non digerirà questi concetti, vengono rivolte all’Amministratore e non alla persona o al professionista del caso. Quella che viene presentata al Consiglio come “gestione “pregressa fonte di responsabilità erariale (ricordiamo, semplificando, che la fase riscossiva dei tributi non rientra tra i poteri propriamente politici degli amministratori), non può esserlo, viceversa, ad esempio, lo sarebbe avere volutamente inserito in bilancio crediti la cui esigibilità è eccessivamente dubbia. Sotto altro aspetto poi, il Primo Cittadino, forse, ha dimenticato che “il giornalista avvocato”, accusato nella circostanza di troppo zelo, ove mai presente, non avrebbe comunque potuto replicare nella sede istituzionale in cui fu proferita “l’accusa” essendo il Consiglio Comunale luogo in cui la parola è riservata unicamente ai rappresentanti dal popolo. Quisquiglie, pinzillacchere…direbbe Totò. Il resto alla prossima puntata. To be continued…
Carlo Cosma Barra