Anche questa volta, i soliti “millantatori di professione”, come la Sibilla Cumana, ci avevano visto bene. In effetti nel ns. ultimo del 04.12.2024, dove affermavamo che la “Politica a Teano, naviga a vista”, e dove sarebbe il momento che la politica riprenda la sua funzione originaria, ovvero quella di rispondere ai bisogni reali dei cittadini, senza cercare riflettori, ma piuttosto mettendo il benessere collettivo al centro del dibattito, sembrava essere il preludio a quanto sta accadendo nel maggior Partito Politico del momento. Infatti, puntualmente apprendiamo che “In un momento in cui Fratelli d’Italia (FDI) sta vivendo un’importante crescita a livello nazionale, il partito deve però fare i conti con le difficoltà e le divisioni che emergono a livello locale, come nel caso della sezione di Teano. Quello che stiamo assistendo non è solo un segnale di malcontento, ma una vera e propria protesta contro un direttivo che sembra essersi calato dall’alto senza tener conto della storia, della fatica e dei sacrifici che tanti militanti locali hanno compiuto per portare avanti la causa del partito nel territorio. La sezione di Teano ha visto per anni un impegno costante e appassionato da parte di storici militanti che hanno contribuito alla costruzione di un tessuto sociale e politico fondamentale per il radicamento del partito. Ma adesso, dopo l’imposizione di un direttivo calato dall’alto, tenendo conto solo del potenziale elettorale, il malcontento è palpabile. Decine di persone che hanno costruito questa realtà politica sul territorio si vedono oggi ignorate, messe da parte, e addirittura abbandonate a causa di un nuovo “comando” che sembra non tenere minimamente conto del loro impegno e della loro esperienza. La decisione di imporre un direttivo senza ascoltare le voci locali ha avuto ripercussioni evidenti: molti degli storici membri della sezione hanno deciso di non rinnovare la tessera annuale, segno tangibile della loro frustrazione e del loro rifiuto di una politica che non li riconosce. Come si può pretendere di costruire un partito solido e unito, se si taglia fuori chi ha dedicato anni di lavoro e di passione alla sua crescita sul territorio?
Non è una questione di personalismi, ma di rispetto. Il direttivo dovrebbe avere l’umiltà di comprendere che il radicamento di un partito non si costruisce solo con la visibilità nazionale, ma anche con il rispetto delle dinamiche locali e delle persone che hanno dato vita alla sezione. Forzare l’adozione di un gruppo dirigente imposto dall’alto senza consultare chi conosce davvero il territorio è un errore strategico che rischia di compromettere il futuro di FDI a Teano. La forza di un partito sta nel saper integrare le diverse esperienze e nel valorizzare chi ha contribuito alla sua crescita, non nel rinnegare il lavoro di chi ha reso possibile la sua affermazione. FDI deve fermarsi a riflettere: non è possibile proseguire con una politica di imposizione che rischia di alienare proprio quelle persone che hanno contribuito a radicare il partito tra la gente, nelle piazze, nei confronti di chi crede nel progetto di FDI. La sezione di Teano ha bisogno di un cambio di rotta: ascoltare le voci storiche, valorizzare l’esperienza, e ricostruire un rapporto di fiducia tra il direttivo e la base. Solo così si potrà evitare che questa protesta diventi un boomerang che danneggia irreparabilmente il partito a livello locale”.
Tanto abbiamo raccolto nel nostro “struscio” periodico per il Corso di Teano e tanto pubblichiamo affinchè, “parlando a suocera, nuora intenda”. È la storia politica d’Italia che si ripete. Il salto della quaglia, il salto sul carro dei vincitori, i mercenari della politica, il gattopardismo, i tradimenti della parola data, l’inaffidabilità delle bandiere al vento, i volta faccia, l’incoerenza, l’inconsistenza, i caporali di giornata, gli uomini, mezz’uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà, i saltimbanchi. Senza nemmeno scomodare O esplorare nozioni altre di “fallimento” e di “equivoco”, partendo da alcuni casi della letteratura antropologica. In modo particolare, soffermarmandosi sul concetto di “equivocità controllata” (“controlled equivocation”) formulato da Eduardo Viveiros de Castro, antropologo brasiliano. Dovremmo, però, prima di analizzare con maggiore dettaglio certi comportamenti, riflettere brevemente su cosa possa significare “fallimento” nella disciplina politico-antropologica. In senso lato, l’idea di fallimento, di vanificazione delle proprie aspettative o, meglio ancora, la capacità stessa di riconoscere un problema è l’ossatura di ogni impresa che voglia dirsi pienamente scientifica. Essa è la direttrice euristica non solo delle cosiddette hard sciences ma anche delle scienze dell’uomo. Sarebbe, questo, un esercizio troppo arduo per spiegare certe dinamiche contorsionistiche della Politica in genere. Forse, un giorno, ci proveremo. Tant’è.
Pasquale Di Benedetto