Molte sono state nel corso del tempo le interpretazioni del toponimo Teano, da quelle schiettamente fantasiose e mitologiche ad altre più scientifiche. Tutte però si sono fondate sull’assunto – ritenuto finora imprescindibile e indiscutibile – di un’origine indoeuropea delle lingue occidentali.
L’interpretazione del nome della città campana qui di seguito esposta ha invece una caratteristica innovativa che, a ben guardare, va oltre Teano e si prospetta come una chiave nuova e ricca di promesse per la conoscenza profonda dell’eredità linguistica dell’Europa. L’estensore del presente articolo si rifà infatti alla teoria dell’origine semitica delle lingue europee che ha avuto nel filologo Giovanni Semerano (Ostuni 1911- Firenze 2005) l’artefice e il diffusore. Nelle sue opere, frutto di una quarantennale e solitaria ricerca, Semerano respinge le radici cosiddette indoeuropee, accettate finora da tutta l’accademia internazionale, e individua in loro vece una linea di discendenza che dalla lingua accadica, parlata in Mesopotamia (attuale Iraq) nel III millennio a.C., giunge al greco, al latino, alle lingue germaniche e slave antiche fino ai nostri moderni idiomi.
Fu il grande sovrano Sargon di Akkad, regnante dal 2334 al 2279 a.C., che – lavate le sue armi nelle acque dell’Egeo dopo ininterrotte conquiste territoriali – sottopose i popoli gravitanti sulle coste dell’Asia Minore e poi del continente europeo a stretti contatti con una lingua complessa e analitica giacché specializzata nel descrivere tecnologie e concetti religiosi e giuridici evoluti. Le genti mediterranee allora, insieme con le merci, presero ad acquisire anche parole e idee nuove e i primi a beneficiarne furono i greci che devono l’inizio della loro prodigiosa fioritura culturale a questa costante e sistematica fecondazione semitica. Vennero poi gli italici e i romani, ma anche gli etruschi parlarono una lingua di koinè mediterranea che l’accadico spiegherebbe molto meglio di qualunque altro idioma antico fin qui utilizzato come grimaldello interpretativo.
Teano fu una città italica fondata dalla popolazione osca dei Sidicini. Semerano nel secondo tomo di “Le origini della cultura europea” a pagina 519 dà l’etimologia di questo nome che di seguito riporto in sintesi: Sidicini (Sidicinum) deriva dalle voci accadiche siddu: regione, territorio e kinu: residenti, stanziali. Sidicini quindi vale “abitatori della regione”, ovvero di un ben determinato e riconosciuto territorio. Aggiungo personalmente che la crasi delle due voci accadiche si è poi manifestata in lingua osca nella forma, a noi nota da numerose iscrizioni, di sidikinud.
Teano invece non è sciolto nei testi di Semerano, al suo etimo mi sono applicato io in prima persona utilizzando il suo sistema. Questo assolve lui da qualunque errore e coinvolge me in tutti. Era giusto dirlo preventivamente.
Nel toponimo Teano vive ancora quasi immodificato il corpo semita della parola accadica dunnu significante: fortezza, area fortificata. Dunnu passò attraverso l’adattamento in lingua osca tianud che ci è pervenuto nelle stesse iscrizioni già accennate e che probabilmente fu il primo e autentico nome della città, poiché tale lo ritennero i suoi fondatori. Esso si normalizzò più tardi in Teanum nel latino dei conquistatori romani ed è giunto finalmente a noi moderni come Teano. Questa è, secondo chi scrive, la lunga strada percorsa dal nome di un’antica città che ha segnato in molti e importanti modi la storia d’Italia.
Dunnu non ha generato solo Teano però, questo è un lemma che ha avuto enorme fortuna in Europa. Già i romani chiamavano oppida i luoghi fortificati, le roccheforti (oppidum, al singolare: dalle voci accadiche appu: altura e da dunnu: fortezza). Anche in area celtica attraverso la forma adeguata dunum questa parola originaria servì a comporre i nomi di insediamenti muniti. Gli esempi sono numerosi, partiamo dall’Italia: Belluno è fondata dai celti col nome di Belodunum; a Arezzo la via Montetini, collocata nei pressi dell’acropoli, conserva nella seconda parte del suo nome in volgare, «-tini», memoria trasformata del suo vero e primitivo senso: fortezza, proprio quella che gli abitatori della città costruirono a difesa delle loro vite. E ancora, in Francia si contano, fra tante altre località: Lugdunum Lyon, Noviodunum Nevers, Verodunum Verdun, Augustodunum Autun; in Svizzera: EburodunumYverdon-les-Bains e Dunum (tout court) che oggi si chiama Thun e si trova in Canton Berna. Infine, e più dirimente: la stessa parola inglese town che vuol dire “città” nasce dall’accadico dunnu, poiché le città antiche in nient’altro consistevano che in cerchi di mura erette per proteggere le abitazioni poste al loro interno. Ora torniamo di nuovo all’antichità classica: Thynia, un promontorio cintato sulla costa del Ponto Eusino (Mar Nero) è etimologicamente questo: un’area fortificata, ovvero la voce dunnu primigenia e, se volessimo divertirci coi paradossi, una Teano della Tracia.
Teano vale dunque fortezza, alla fine, città. La Città, si deve intendere, per i Sidicini che l’ebbero per patria e capitale. La Città fu per loro nome proprio e non comune, nome d’affezione e di elezione, come è per il figlio che chiama la madre non con un qualsiasi nome ma con la parola che le riconosce l’unica e specialissima condizione di aver suscitato la sua vita.
Alvaro Ceccarelli