Erano passati un po’ di anni dal primo approdo di Gulliver sull’isola di Lilliput e dalla sua partenza le cose erano decisamente peggiorate: le strade da rotte erano diventate più rotte, le fontane perdevano perché non sapevano giocare, le scuole erano scarrupate e persino il cielo non era più blu perché nel frattempo tutti si erano accorti che “blu” si scrive anche “blue” e quindi erano andati in gran confusione. Gulliver per giungere sull’isola si era sobbarcato un viaggio di ben centottantuno chilometri – non quadrati ma lineari – presentandosi al cospetto dei lillipuziani, così come recita una famosa canzone, “bello, bello” … con il suo tascapane comprato un sabato al mercato di Portobello Road, infilato su per la tracolla quasi a divedere il lungo busto dal resto del corpo, la canotta della salute e sfoggiando un nuovo taglio alla Groucho Marx.
Che succede Lillipuziani belli, come va la vita? Mormorò con voce cavernosa e suadente allo stesso tempo, spostandosi il ciuffo di capelli quasi fosse Superman.
I lillipuziani presenti in piazza, almeno il trenta percento, che per l’epoca dell’assenteismo diffuso era pur sempre una bella cifra, nel vederlo furono subito estasiati: «Gulliver, bentornato qui va tutto a rotoli. Un re malvagio e fetente ci ha lasciati senza un becco di un quattrino ed è scappato portandosi anche tutti i finanziamenti. Non ti dico quanti mascalzoni ci stavano prima. Uno su tutti si è rintanato nelle foreste. Vedi quello che devi fare, abbiamo bisogno del tuo aiuto. Gigante, pensaci tu! Diventa il nostro Re!»
Gulliver accettò subito di buon grado, in fondo, fin dai tempi della recita scolastica bramava di fare il re. Fu così che Gulliver si mise a lavorare, a modo suo, per risolvere i problemi dell’isola. I problemi, però, erano davvero tanti e soprattutto l’esclusione della leva obbligatoria aveva privato Lilliput di molti soldati e cortigiani che nel frattanto erano rimasti davvero in pochi.
Tra i lillipuziani ce ne stava uno che si chiamava Mork con la “K” che era molto furbo, ma talmente furbo da sembrare addirittura scaltro. Tutto il popolo stava a sentire Mork sebbene non ne avesse mai combinata una giusta. Mork diventò il primo consigliere del re anche all’insaputa dello stesso.
«Gulliver –disse Mork – abbiamo un grosso problemi con funghi e castagne. I proprietari terrieri vengono minacciati da energumeni che brandiscono funghi velenosi, fanno un casino di pazzi, passano senza salutare e qualcuno si frega pure le castagne! Bisogna escogitare qualcosa».
In quegli anni Lilliput era conosciuta anche come l’isola delle castagne e dei funghi epigei che nel linguaggio comune dell’isola voleva dire “fuori dalla terra”. L’atollo aveva ettari ed ettari di boschi di castagni, tuttavia molte erano ormai secche per un precedente cataclisma e i funghi nascevano come…beh potete immaginarlo!
«Fatemi pensare – mormorò il Gigante grattandosi con la mano dietro le orecchie: ci vorrebbe qualcosa che costituisca un deterrente e che salvi l’economia territoriale della castagna. Mmmmmm, ecco ci sono! E se per impedire la raccolta dei funghi facessimo un editto reale? Un editto che vieta la raccolta dei funghi e che impone pesantissime pene corporali a chi lo trasgredisce. A me sembra una bella idea, soprattutto nuova!»
«Ammazza e che ideona – disse a labbra serrate un collaboratore- mi permetto di osservarle sire, che la cosa sarebbe un pochino tardiva, ora che la stagione dei funghi va a finire. Eppoi ci sono in vigore già le regole del Commonwealth che valgono anche qui che disciplinano la raccolta dei funghi!»
«E qual è il problema? Repetita iuvant!» Soggiunse Gulliver, sfoggiando dal suo ricchissimo vocabolario una famosissima locuzione inglese.
«Otto – che era un altro collaboratore del re famoso per risolvere i problemi in quattro e quattrotto – prendi carta penna e calamaio: scrivi…io, Gulliver, Re indiscusso degli andali, dei sandali ecc, ecc vieto – e mentre dettava sbirciava un foglietto celato dietro le spalle– a chiunque di raccogliere funghi epigei sul territorio dell’isola».
«Gulliver ma così non si può fare! Disse sbigottito Otto. Ti rendi conto cosa stai facendo?»
«Come ti permetti – sbottò Gulliver – non ricordi che a Londra sono conosciuto per essere un esperto di diritto e rovescio? In più ho appreso anche i segreti del drop shot… vuoi mettere?»
«Sire –mormorò ancora Otto – ma ti è chiaro che così come hai “edittato” hai proibito anche ai proprietari di cogliere i funghi epigei nei loro castagneti mentre raccolgono le castagne? E se durante la raccolta ne incontrano uno o due… Li scansano per non essere arrestati? Vai su internet e cerca su google che cosa è il diritto di proprietà!»
Nel frattento che i due chiacchieravano, il gigante era molto distratto al che Otto accorgendosene un poco infastidito soggiunse «Gulliver ma cosa stai guardando? Ma dove stai leggendo? Ah, ma quello è lo stesso testo dell’editto che mi hai dettato. Ma per caso stai copiando? Non avevi detto che erano brutte persone chi copiava?»
Vedi caro Otto – disse il gigante – per copiare bisogna avere stile …noi copiamo tutto, errori compresi ed il gioco è fatto! Chi vuoi che si ne accorga!»
«Va bene Gulliver se lo dici tu!» Esclamò ormai rassegnato Otto.
E fu così che il Re Gulliver, quando la stagione volgeva al desio, emise l’editto contro i funghi epigei spontanei, i cercatori di funghi ed anche i proprietari di funghi e castagne.
To be continued…
Carlo Cosma Barra