Un grigio mattino d’inverno operai infreddoliti lavoravano veloci alla ricostruzione del Duomo, frantumato dagli anglo-americani .Un grande falò alimentato da scarti lignei forava la fitta nebbia. Si recava in cattedrale Il canonico de Monaco per la messa prima. Intravide un pezzo di legno dalla forma strana. Lo prese e se lo porto’ in c
Duomo. Ruminando diverse ipotesi concluse che l’opera doveva essere stata riposta in sagrestia, mutati i gusti dei tempi. Il crocifisso fu restaurato dalla soprintendenza ed esposto a Napoli nel 1960 alla quarta mostra dei restauri. Causa attribuì la paternità del dipinto a Roberto Oderisi che si espresse artisticamente in quell’ambito culturale legato alle grandi personalità artistiche dell’epoca Pietro Cavallini Simone Martini Giotto. L’autorevole storico dell’arte Roberto Longhi fu dello stesso parere del Causa, Fittipaldi lo definì di un GIOTTISMO integrale. Bologna in un primo momento del parere degli insigni studiosi inspiegabilmente fece il passo del gambero e credette di stabilire nel cosiddetto maestro di Giovanni di Barrile(Ambrogio Cavarretto?) Il pittore della tavola sagomata. La tavola dipinta si pavoneggiava ormai maestosa e solenne al secondo Arco del presbiterio. Ma una notte il filo cedette e il crocifisso piombo’ di botto sull’armonium di don Gerardo Marcello che fortunatamente funse da ammortizzatore. Si fa strada ora un nostalgico affetto per quell’ anonimo pezzo di legno che risulto’ essere poi quello che è. E col Campanile ora è diventato il totem di Teano.
Giulio De Monaco