Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti."
C. Pavese
È così ce voglio pensare alla terra che mi ha cresciuta, alla Teano che è stata la culla della mia vita fino ad oggi, alla Teano dimora delle mie delusioni e delle mie gioie.
Molti non ci fanno neanche più caso, ma c’è una vecchia donnina che abita nel nostro paesino da così tanto tempo che forse nessuno sa precisamente quanto: il suo nome è Bellezza. Non si nasconde, è facilmente visibile agli stranieri, ma poco (o per nulla) considerata dai compaesani, che la trascurano, la credono morta e invece è lì: nascosta, ma più viva che mai. Basta fermarsi per un solo minuto e osservare, in silenzio, per percepire la sua presenza. Non si apprezza mai ciò che si ha fino a quando non lo si perde e noi le cose belle non sappiamo riconoscerle. Bellezza mi tiene incatenata qui. Forse tiene incatenati qui tutti quelli che a questa città tengono veramente.
La bellezza vera, quella che fa tremare gli animi, va ricercata anche nelle cose che sembrano in apparenza le più brutte (o le più vecchie, appunto). È solo quando ci rendiamo conto che aldilà di ogni muro, di ogni edificio, di ogni casa ci sono delle storie tutte diverse e prima ancora delle vite che sappiamo che la bellezza non risiede nell’estetica di un paese, ma nella sua gente. Anche nella semplice storia che esso ha da raccontare: dalla donna che lavava i panni nella fontana pubblica, a Giuseppe Garibaldi, l’icona (per fortuna o purtroppo) del nostro paesino.
Molti vanno via: per lavoro, per la famiglia, perché sì, ma alla fine, fosse anche soltanto per un giorno, i loro corpi tornano qui, a riprendere quel pezzo di cuore o di mente che avevano lasciato nella loro terra perché a causa loro la persona fatica a staccarsi dal cordone Teanese che li tiene legati al mondo.
Quanti abitanti desiderano andare via? Certo, tutti abbiamo attraversato un periodo in cui l’unica cosa che avremmo voluto fare sarebbe stata evadere dalla vita. Scappare e non tornare più. Sarei andata ovunque mi avesse portata il destino, ma proprio quando le mie scarpe si sarebbero poggiate sul primo treno in partenza mi sarei accorta che l’unico posto dal quale avrei voluto scappare era semplicemente me stessa. Allora sarei tornata e avrei fatto pace con la città, che accusavo di essere troppo poco per me. Non c’è ritorno più bello se non quello da un viaggio interiore: non arrivi in nessun luogo, ma impari a conoscerti.
Un giorno, busserà alla mia porta l’esigenza di andare via da qui e sarò costretta ad aprirle e, di conseguenza, a dire arrivederci al Campanile, alla Cattedrale, alla bottega di paese, alla strada che percorrevo in bici da piccola, alle tradizioni che non muoiono mai, a quei gradini tristemente vuoti di Piazza Umberto I. Sarà solo un arrivederci, ma ci sarà. Forse non sarò nemmeno scontenta di questo all’inizio perché la malinconia verrà con il tempo. Proprio con il tempo, capirò che il cielo di Teano è l’unico ad essere veramente blu anche con la pioggia, perché è il cielo che ho guardato e che ha guardato me per una vita. Solo allora avrò il coraggio di tornare a prendere i miei pezzi di cuore e forse staccarmi definitivamente dal cordone sarà più difficile che mai.
Preziosa Ventriglia