Il vento viene generalmente personalizzato come un volto paffuto che soffia. Può essere allegro, carezzevole, impetuoso. Può essere malizioso , sollevando come la vela di una feluca le gonne delle belle donne. Può essere triste quando ulula,felice quando zufola come un pastore arcade, robusto quando spinge greggi di nuvole verso il mare, il grande verde degli antichi Egizi. Il vento elemento essenziale delle peripezie di Ulisse, se spira le cose vanno a gonfie vele e Itaca e la paziente Penelope non sono più delle fate morgane. Ma se le sue guance non si gonfiano il mare diventa una tavola, le navi arrancano lente sospinte dalla forza esigua dei rematori. Il destino di Ulisse dalla mente colorata (polumetys Odisseus) è nel respiro del vento e nei capricci vendicativi del padre Nettuno.
Può essere amorevole quando carezza delicatamente i petali delle rose. E infine un archeologo fatto di sogni e chimere quando attraversa rovine che un tempo erano città, palazzi, terme, teatri di marmo, templi,ninfei. Scopre cose che furono e a volte ce le narra, ma solo se è di buonumore. Il vento passa e non è mai lo stesso. L’antica capitale dei Sidicini forse giunti dai monti si lascia percorrere e a volte dialoga col vento. E le rose continuano a profumare come quando le dame vanesie della Teano preromana e romana facevano distillare essenze per la loro evanescente bellezza da farfalle. Avevano molta cura della loro venustà fino a sottoporsi a trattamenti minuziosi che poi erano delle vere e proprie torture, dei tormentosi tormenti. Ringiovanivano il volto con una miscela di miele, sostanze grasse e un assaggio di biacca , albus pigmentus che dona luminosità al viso. Rubra pigmenta fanno il resto conferendo alla pelle il colore rosa, che la ringiovanisce. Polvere di ematite pasata sulle guance dà alla pelle una magica brillantezza. Volendo si poteva colorar e anche il resto del corpo:le mani e le piante dei piedi di rosso e le punte dei seni con polvere d’oro.
Maschere di bellezza suggerivano Ovidio, Galeno, Plinio il vecchio e ancora altri che non si enumerano per evitare un noioso elenco di nomi bislacchi. Fiele di toro per le ulcerazioni alla faccia, lenticchie per quelle dell’epidermide, burro per l’acne, bulbi di narciso erano usati come emollienti e sbiancanti, il bicarbonato di sodio era un efficace cicatrizzante e così via.. Le pettinature in età preromana e repubblicana erano piuttosto essenziali e sobrie fino ad assumere aspetti monumentali, perfino ridicoli e grotteschi al tempo degli imperatori. Naturalmente tingevano anche i capelli. Miscele elaborate permettevano di avere i capelli rossi, biondi, per il nero corvino era necessario comporre una esplosiva mistura di grasso ovino e antimonio. L’azzurro e l’arancione era usato solo da donne sfacciate o da prostitute. Le abitudini sessuali si liberalizzavano sempre di più per ambo i sessi fino al ritorno di comportamenti più contenuti in epoca tardo imperiale. Rispunta la reciproca fedeltà coniugale, gli omosessuali ritornano alla clandestinità e lo scopo primario del sesso torna a essere quello della procreazione. La morale cristiana appoggiata da Costantino ridà dignità alla donna e un ruolo di primo piano in famiglia determinando così un ritorno al passato, ai tempi dei due inflessibili e rigidi Catoni, alle antiche morigerate, noiose tradizioni.
Questo scritto lo dedico al Prof. Emiddio Scoglio, se possibile, che ha espresso parole di speranza e di luce, nel ringraziare la mia modesta persona, che come moltissimi Teanesi, senza velleità campanilistiche, vorrebbe Teano meno vilipesa.
Da chi lo sappiamo benissimo.
Giulio De Monaco