Oggi è il Giorno del Ricordo, che evoca i fatti drammatici del secondo dopoguerra nell’Italia orientale, quando gli istriani, giuliani e i dalmati dovettero lasciare le terre natie rivendicate dalla Jugoslavia del maresciallo Tito. Il 10 febbraio del 1947 infatti furono firmati i trattati di Pace a Parigi con il quale si assegnavano l’Istria, Quarnaro, Zara e parte del territorio del Friuli Venezia Giulia alla Jugoslavia. I territori in questione erano stati assegnati all’Italia con il Patto di Londra (accordo che segnò l’ingresso italiano nella Prima Guerra Mondiale anni prima) mentre la Dalmazia venne annessa a seguito dell’invasione nazista in Jugoslavia. Con il ritorno di questi territori alla Jugoslavia ci fu un vero e proprio massacro e una rappresaglia feroce che colpì cittadini italiani spesso innocenti (ma colpevoli implicitamente di essere sotto il regime fascista) e lontani da quello che le truppe fasciste avevano fatto durante l’occupazione jugoslava. Si andò a configurare quella che gli storici identificano come pulizia etnica: prigionia, campi di lavoro forzato e morte nelle foibe coinvolsero fra i 4.000 e i 5.000 cittadini, non tutti morirono infoibati, molti scapparono e da qui si ricorda anche il grande esodo che coinvolse tra le 250mla e 350mila persone (nel periodo compreso tra il 1945 e il 1956). Cosa sono le foibe? Le foibe sono delle insenature naturali costituite da grandi caverne verticali presenti nei territori del Friuli Venezia Giulia e dell’Istria. Veri e propri inghiottitoi naturali che nelle zone carsiche sono presenti in grande abbondanza: una vera e propria trappola naturale, si restringe scendendo in profondità per poi chiudersi riallargandosi in un bacino che impedisce l’uscita e rende difficile la risalita e o i soccorsi e il recupero. Una tragedia spesso taciuta, addirittura negata che ancora oggi è oggetto di divisione e comportamenti culturali che, incomprensibilmente, giustificano gli eccidi di migliaia di italiani.
Sara Finocchi