Non v’ha dubbio che il prode Salvini, nei recenti avvenimenti politici, si sia letteralmente “incartato” e che si sia arrivati alla restituzione dei giocattoli, oppure, come dicono a Napoli, che si “sono rotte le giarretelle”. La storia la conosciamo tutti, ma non è di questo, né delle ipotesi sullo sviluppo futuro della crisi che vogliamo parlare; vorremmo invece dare uno sguardo d’insieme al “sistema” politico italiano che, alla fine, produce un ben più grave “incartamento”, quello del paese intero. Un sistema che ha profonde radici nella storia d’Italia, dal “connubio Cavour – Rattazzi” all’aperto trasformismo di Depretis, al primo governo Mussolini, in cui 35 deputati fascisti, ottennero l’appoggio e la fiducia di 120 liberali e quasi 150 socialisti, fino alle formule delle “convergenze parallele”, della “non-sfiducia” e del “compromesso storico”. Un sistema, cioè, che prevede persino l’unione di contrari pur di formare un “governo”. Sono cose ben diverse dalla grande lungimiranza e competenza politica di De Gasperi, il quale, pur non avendone numericamente bisogno, aprì sempre alla collaborazione con altre forze schiettamente democratiche, a volte anche in contrasto con la Chiesa, che pure rappresentava la base del suo partito, la Democrazia Cristiana. In quel caso il fine era altamente significativo; si trattava di apertura a nuove idee da confrontare nell’interesse di tutto il paese, e non di assicurarsi voti di sopravvivenza. Ma quando i voti di un partito non sono sufficienti a formare una maggioranza di governo è pur legittimo ricorrere alla unione di più forze, ma sempre ricercando una comunità programmatica e soprattutto operativa attraverso visioni ed obiettivi il più possibile vicini. Nella Prima Repubblica ci si riusciva abbastanza facilmente, ma oggi il problema è molto più difficile. Ci si riusciva più facilmente perché diverse erano le personalità del tempo: uomini di cultura e di storia politica personale passata attraverso scuole di partito nelle quali si arrivava a parlare solo dopo aver molto ascoltato; ci si riusciva perché erano chiari e comprensibili le gerarchie deputate a contrattare ed i loro legami con la base, anch’essa competente ed identificabile, ben diversa dalla base raccolta su piattaforme telematiche; ci si riusciva perché non c’era confusione di poteri, la magistratura, la stampa, le banche, i grandi potentati economici a voler prevalere uno sull’altro a danno della volontà politica popolare. Oggi che quattro gatti possono bloccare un cantiere di rilevanza internazionale, che persino un TAR può ribaltare la decisione di un ministro, che i giudici sono immischiati in azioni vergognose, come il caso delle case-famiglia di Bibbiano, o del CSM, che stanno per mettersi insieme due partiti dei quali uno è nato ed ha guadagnato proseliti proprio per una politica contro l’altro, quale azione costruttiva per il nostro benessere potremmo mai aspettarci? Ma, soprattutto, che cosa votiamo a fare se due minoranze peraltro antitetiche diventano una maggioranza? Se noi esprimiamo un voto per tizio perché attraverso la sua appartenenza ad un partito sappiamo quale è il suo programma e cosa vuole, e poi lo ritroviamo a patteggiare con un altro partito del programma del quale non abbiamo mai condiviso neppure una virgola, vi pare che sia stato rispettato il nostro volere? Vedremo gli sviluppi della situazione, che resterà, ahimè, comunque drammatica.
Claudio Gliottone