Certo è che Protagora e Gorgia oggi sarebbero in ottima compagnia . La retorica, nella sua peggiore accezione è ormai il linguaggio unico, spogliata del suo registro aulico per poter essere al servizio della demagogia . Le parole usate dai demagoghi ,seppur entrano di diritto in un registro semantico alto, sono poi scollate dalla loro vera identità, andando in aiuto di chi col suo bel dire le svuota dal di dentro annullandone il significato apodittico . Lo scopo è quello di persuadere non certo quello di dire il vero. Potrebbe sembrare un peccato di poco conto ma è la stessa democrazia ad uscirne a pezzi. In una società civile che si dice democratica, il conflitto è fondamentale , perché senza dissenso non c’è democrazia. Il termine conflitto invece evoca un armamentario bellico, usato da tempo solo nella sua accezione negativa ed ha fatto si che l’unico rimando possibile fosse la violenza , negando la possibilità di un antagonista che se affrontato con giuste regole e giusti spazi, resta fondamentale per andare sul tappeto ,il che non significa non menarsi ma farlo secondo giuste regole, dando la stessa possibilità a entrambi i contendenti. L’avversario resta fondamentale in democrazia ,il conflitto va regolato non abolito. Il rispetto dell’antagonista è la regola base per il vivere civile. Oggi l’avversario deve essere eliminato non vinto: Salvini parlava di ruspe, Renzi di rottamare, l’altro è un ingombro di cui bisogna liberarsi . Sono declinazioni che funzionano bene, perché rivolte a categorie. Se parli di immigrati o della vecchia classe dirigente fai riferimento a categorie generiche , dove i volti non sono riconoscibili e si prestano bene alla concezione di nemici .Se mi fai vedere l’extracomunitario come qualcuno che mette in pericolo la mia vita sarà facile vederlo come un nemico e non come qualcuno con cui poter condividere. Nemico è un termine distruttivo, avversario è una parola costruttiva. Banalizzare non è semplificare; semplificare è difficile, banalizzare è facile, è togliere l’essenziale e lasciare il superfluo , quanto basta a far leva sulle nostre paure . La banalizzazione è pericolosa perché cambia nome al soggetto della proposizione , diventa non verità . Basta guardare i titoli dei quotidiani, devono essere accattivanti , devono far clamore, il titolo piatto non fa leggere l’articolo, ormai siamo tutti educati in questo senso . Ci vuole un grado di curiosità elevato per attrarre il lettore, poco importa se si evita di dire la verità . La qualità sembra non pagare più , se non su piccola scala, in settori di nicchia che non spostano certo i giochi politici. C’è uno svuotamento di senso generale di ciò che viene detto, è la stessa democrazia a essere banalizzata, tant’è che la demagogia è lo strumento principale della moderna comunicazione. Tutti dicono le cose che accontentano il proprio uditorio, parlare oltre la nicchia di riferimento è difficile ma se non tendiamo a questo rischiamo di parlare tra sordi. Il termine popolare è infatti una delle principali vittime della demagogia . Per me popolare significa fondamentalmente semplificare per tutti i ceti sociali, perché tutti possano partecipare ,ognuno con le proprie possibilità. Se io leggo 10 quotidiani e tu nessuno ,mi viene da pensare di avere più diritto di te di votare ; questo però è un pensiero fascista, anche se il dato di fatto resta rilevante, allora come uscirne? Se provo a ragionare, invece che pensare di pancia, la risposta è che un sistema democratico deve lavorare perché più persone possibili abbiano gli strumenti necessari per poter partecipare alla vita democratica a pieno titolo. Spesso l’errore è nella stessa formulazione della domanda : Barabba o Gesù porta l’osceno nella domanda stessa. Per chi ha derive autoritarie basta impostare la domanda in un certo modo per avere i risultati sperati, non c’è bisogno di evitare i referendum . Già chi dice di governare col consenso popolare usa un’espressione poco democratica , perché la democrazia di un paese si misura molto più con la qualità di vita di chi dissente e non di chi acconsente . Il populista si arroga l’idea di conoscere i bisogni del popolo; Gramsci era del parere che il politico sa ma non sente mentre il popolo sente ma non sa; lo abbiamo visto con Berlusconi, che non aveva neanche bisogno di parlare di progetti per chiedere consenso . La fiducia chiesta era sulla sua persona, quella che metteva il cappello del minatore mostrandosi di fatto uno di loro: perché banalizzare non è semplificare ma mistificare. In politica chi si assume vere responsabilità poi deve cercare vere soluzioni , non basta il politically correct , che se da un lato aiuta a definire le persone -non per quello che manca loro- dall’altro viene abusato abuso per eludere la verità. I diritti calpestati non puoi risolverli col politicamente corretto, la storia anche quella politica, passa attraverso il corpo delle persone ,non possiamo tirarci fuori . La costituzione è la nostra assicurazione sulla vita politica ,la volontà contraria è vista come disordine non come dissenso , bisogna tenere un faro acceso su questo , il filo di separazione è sottile ma la posta in gioco è altissima, è la nostra libertà . Le democrazie funzionano solo se siamo tutti ben informati, la Brexit nel Regno Unito c’è stata perché gli Inglesi non erano bene informati sul boomerang che si sarebbe generato dall’impattante cambio di paradigma socio economico . L’informazione dovrebbe svolgere un compito di capitale importanza ,perché una democrazia possa essere tale , invece si eclissa dietro problemi economici delle case editoriali , senza contare i danni fatti dalle posture filogovernative dei quotidiani più letti, per non parlare dell’informazione televisiva ad uso e consumo dei diretti proprietari. Certo che anche noi siamo tenuti a fare la nostra parte, un popolo è forte quando la sua cultura è forte , perché questo sia possibile bisogna essere aperti al mondo non autarchici, non puoi tagliare i fondi alla scuola, all’università se vuoi una cultura forte. Sembra che il termine nazione sia particolarmente caro alla nostra premier ma andrebbe ricordato che è un termine impegnativo, inclusivo , non lascia fuori nessuno, la fedeltà non può essere rivolta solo a chi ti ha votato , come sembrerebbe dire questa manovra . Martin Luther King dice che se anche non siamo responsabili della situazione che viviamo, lo diventiamo nel momento in cui la assumiamo senza fare nulla per cambiarla. Fare filosofia deve servire a questo ,altrimenti si che resta astrattezza pura. La filosofia va incarnata tramite l’evento , bisogna sforzarsi a capire il proprio tempo, cercando un senso a ciò che non sembra averne. L’evento ci rimette in discussione , rimette l’urgenza al centro della tua vita. Bisogna cercare le parole che possano dire tutto questo a quante più persone possibile, non si può non intercettare il male che soffoca il generativo della vita , altrimenti tutto va a rotoli. Lo spirito critico si spegne nella massa , ci adeguiamo, seguiamo il mondo così come va , non vedendone più i pericoli. Non sapendo neanche più distinguere una fake news dalla verità. Se tutto si equivale, tutto diventa possibile , il pericolo è lì. Gramsci scriveva “ nei momenti di passaggio, non c’è più un prima e non c’è ancora un poi , va costruito. Siamo nel vuoto dei significati, lì la paura la fa da padrone . La diversità che ci spaventa dell’altro rimanda alla mia stessa alterità, alla parte di noi stessi che non ci piace e con cui dovremmo far pace , per uscire da quel corto circuito. Noi stessi allo specchio siamo sempre meno di quello che pensiamo di essere, meno belli, meno intelligenti, meno tutto. La storia del meno è importante , non solo per capire l’altro , ma anche per trovare noi stessi , che non siamo mai dove crediamo di essere . Il moralista non piace a nessuno perché difende la sua posizione escludendo tutte le altre possibilità , proprio perché certo di essere là dov’è il suo pensiero, la caduta lo spaventa anche se Paolo di Tarso la rende nota come l ‘unico evento possibile per trovare se stessi. Sarà proprio la sua caduta da cavallo a fargli incontrare Dio ,senza inciampo non c’è l’uomo ,c’è solo immanenza che ci fa essere cosa tra le cose, è la trascendenza ad umanizzarci , se non c’è caduta non c’è possibilità di incontrare la nostra verità . Il panico ,l’insonnia sono il luogo dove qualcosa fallisce .La verità inconscia si manifesta col sintomo . Non ci è permesso di fallire proprio perché non ci è permesso di essere noi stessi. La stessa filosofia mi piace farla nel segno del meno, perché credo sia quello il luogo dell’essenziale. Gramsci mi ha insegnato il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà e seppur in questa officina comincio a sentirmi sola, ho l’audacia di credere che se anche una sola coscienza sarà in qualche modo scossa dalle mie parole , vorrà dire che il tempo delle vuote piazze e delle oscurate officine, incontrerà perlomeno una resistenza che con orgoglio donchisciottesco gli si oppone. Le parole sono importanti, vanno abitate così come insegna la filologia ,nel loro vero significato semantico , ne va fatta la giusta esegesi, per poter arrivare ad un’ ermeneutica il cui valore universale possa includere di diritto il nostro singolo modo di appropriarcene , perché così saremmo in grado di fare nostre parole che ci precedevano e che ci faranno seguito ,proprio come quando indossiamo un abito che ci viene prestato e con qualche accorgimento facciamo in modo che ci stia a pennello. Potrebbe essere la vera emancipazione per ognuno di noi , più parole abbiamo a disposizione più pensieri riusciamo a formulare . Uscire dal linguaggio unico ci aiuta a liberarci dal pensiero unico e magari a cercare una felicità avulsa dalle categorie utilitaristiche, che ci faccia ritornare a gioire di un tramonto molto di più di quanto possa fare una bella vetrina per quanto preziosa possa essere. C’è un esercizio intellettuale che ci fa dire : cosa direbbe Pasolini oggi, lui che credeva nella vera emancipazione e non nello sviluppo capitalistico, lui che fece un vero processo alla DC ,” io so “ diceva, “non ho le prove ma so” ,consigliò lui stesso il titolo dell’articolo di Furio Colombo, qualche giorno prima della sua morte ,dove si dichiarava vittima di una campagna di odio : “ siamo tutti in pericolo “.Il senso di superiorità morale è il peggiore dei vizi, è figlio di una cultura piccolo borghese, che toglie grazia e bellezza alla semplicità come valore assoluto. La sua eredità ci inquieta ancora oggi ,perché più di tutti aveva capito che i contestatori lottavano con armi coniate dal potere stesso, per cui l’emancipazione era del capitale e non dal capitale. Aveva già visto che il marxsismo si stava suicidando nel consumismo, inneggiando a un falso universalismo. Pensava che avremmo dovuto ripartire dal passato, da ciò che resisteva a tutto questo, dalla poetica della vita contadina : “ io vengo dai ruderi dei borghi abbandonati, le classi operaie sono già vendute al capitale non meno di quelle borghesi. DO UT DES il leit motiv del mondo capitalistico. Dobbiamo avere le coscienze accese, il nuovo Hitler non ha più bisogno di mostrarsi violento, anzi è scambiato per massima libertà . La realtà è ciò che è ma anche ciò che potrebbe essere a partire da ciò che c’è. La realtà è processo per Hegel, non ha nulla di ultimo, di definitivo. Questo è pensare dialetticamente , pensare al negativo ma per poterlo superare . Miseria dell’esistenza può essere anche grandezza del possibile che nel suo statuto aristotelico è potenza non è atto , ma può sempre diventarlo. Se facciamo nostre ,lotte delle classi dominanti, dovremmo porci qualche dubbio. Il fascismo del male radicale, non aveva toccato il fondo dell’anima così come il consumismo riesce a fare con i nostri giovani, dando loro precisi modelli culturali, nuovi sentimenti che hanno reso possibile una vera e propria regimentazione. I nostri giovani avrebbero bisogno di modelli autorevoli che siano degni di un’autorità che stesso loro sarebbero disposti a riconoscere a figure meritevoli di rispetto ,il patto tacito sarebbe sulla dignità della giustizia sociale, del vivere civile che permetta a tutti di arrivare, ognuno con le proprie possibilità . L’umanità è stata omologata alla forma merci ,il pluralismo è finto, i plurali ripetono il medesimo contenuto in maniera tautologica. Quella che chiamiamo uguaglianza è solo omologazione .La chiesa stessa pagherà questo errore storico col suo declino: Il vero ateismo era il consumismo non il comunismo che aveva la sacralità del lavoro come focus. Non abbandoniamo la possibilità di essere rivoluzionari ,lo status quo può andar bene solo ai conservatori, a chi crede nel passato più che nel futuro . Lo so è come chiedervi di partecipare a una festa in maschera con la vostra vera faccia, ma chi non ci mette la faccia in quello che fa è solo perché sente che non sta facendo la cosa giusta.
ANNA FERRARO
Pensare da se è la postura più alta che l’essere umano possa assumere . Chi lo vieta , pensa di chiuderci fuori, invece è lui a chiudersi dentro. Cit. FRANZ KAFKA “ LA Metamorfosi “.