Se ci si debba affidare alla scienza, o alla religione, o ad altra forma di sapienza o di esperienza, non lo può dire né la scienza, né la religione, né altro. Rispondere a questo tipo di domanda è sempre stato compito della filosofia. A chi vorrebbe metterla da parte, sarebbe da ricordare che sbarazzarsene è ed è sempre stato una forma di filosofia. A dirlo è la voce autorevole di Emanuele Severino- in un’intervista al Fatto Quotidiano di qualche anno fa – in cui tentava di divulgare la sua filosofia “ del destino “, che divulgativa non è. E’ una vera e propria gigantomachia; il suo sistema filosofico è comparabile con quelli dei giganti del pensiero da Parmenide di Elea, padre dell’ontologia ,a Hegel con cui si confronta sul nodo magico del principio primo della filosofia tout court : il P.d.n.c. ( il principio di non contraddizione): l’incontro tra il logico e l’ontologico, perché qualsiasi cosa prima di essere logica deve esistere, quindi non può che essere anche ontologica, visto che l’ontologia è la scienza dell’essere. E’ il principio su cui si fonda ogni dire umano, il punto in cui il pensiero tocca la dimensione ultima-la verità-quel concetto per cui ogni concetto che lo neghi, si autonega da sé. Il contenuto del p.d.n.c. è la determinatezza di tutto ciò che esiste, che esiste come quella cosa e non altro , quindi contiene anche un’opposizione valoriale, assiologica, come solo la verità può essere; contiene il positivo e il negativo, tocca tutte le questioni fondamentali dell’esperienza umana in quanto tale. E’ già da Hegel che non gode più del prestigio assegnatogli dalla teoretica aristotelica ma oggi se ne mette in discussione la sua stessa essenza , perché la contraddizione è proprio lo spirito del nostro tempo più di ogni cosa . Oggi i sofisti impallidirebbero davanti all’ortodossia del politicamente corretto, che vanta un bel nome che però non basta a sostituire la bellezza della verità. La filosofia nasce proprio come tentativo di esporre in maniera rigorosa, esaustiva e argomentata ciò che non possiamo sapere. Oggi il nostro pensiero è strutturato in una forma dualistica, si o no , bianco o nero, giusto o sbagliato, azzerando le sfumature che invece sono importanti per capire il senso vero delle cose. Nell’800 i filosofi si sono chiusi nelle università, ma prima non era così. Socrate, faceva filosofia per le strade della Polis dialogando con i passati, ci sono scritti chiamati “ SCRITTI DI CUOIO “ perché sembra siano stati annotati da un ciabattino con cui Socrate si intratteneva filosofando su qualsiasi argomento. Del resto Socrate di suo pugno non ha mai scritto nulla, credeva nel metodo dialogico, l’unico possibile per una verità condivisa. La maieutica socratica era proprio il modo con cui il filosofo portava il suo interlocutore a giungere a una verità, semplicemente aiutandolo a tirarla fuori da se stesso. Pensare era il fondamento, era la cifra più alta dell’ente uomo, è questo il trait d’union della storia della filosofia tout court. La teoretica severiniana apre ad un compito d’oltre filosofia, per Severino noi non pensiamo ma siamo un pensato, noi non agiamo ,ma siamo un agito. Siamo il pensare di pensare, ma del resto cos’è pensare se non consapevolezza di essere ? Sembra un meccanismo impenetrabile il suo perché controintuitivo, è un rovesciamento del senso comune, ma tutto ciò che include la nostra presenza attiva diventa mistico in qualche modo, perché cattura la nostra simbolica, quella irriducibilità del nostro io. Hegel ha sollevato la filosofia moderna alla consapevolezza che la realtà è pensiero. Anche se non percepiamo di questa formula la sua potenza, né la sua inevitabilità. Pensare una realtà esterna al pensiero, è come voler saltare fuori dalla propria ombra. Se però il pensiero non vede anche sè stesso oltre al mondo, non vede la luce che consente al mondo di mostrarsi, non vede la verità. L’uomo è il suo pensiero. Il pensiero umano è una sorta di circolo che esce da sé, per ritornare a sé, portandosi il mondo dietro. Sembra avere la stessa struttura dell’incarnazione di Cristo. Per Emanuele Severino la Trinità cristiana è l’essenza più profonda della vera ragione. Questo è il compito che il filosofo bresciano assegna alla filosofia, quello di rintracciare il circolo divino del pensiero umano. La sua è una sorta di religione senza Dio in cui è l’uomo ad essere molto di più di ciò che crede di essere, riuscendo a stare in una potenza argomentativa rigorosissima, in cui il logico rispetta la necessità e quindi l’ontologico , educando il pensiero alla radicalità. Altro che astratto , quando si parla di filosofia si parla in realtà di concretissimo, perché l’intero trascende la somma delle parti. Se l’immanente spiegasse tutto con la potenza della logica , vorrebbe dire che noi potremmo avere la certezza sull’esistenza o l’inesistenza di Dio; ma non c’è nessun teorema matematico, nessun sistema stocastico che sia in grado di dirci questo, eppure abbiamo liquidato la metafisica come motore dell’inautenticità. Certo che i problemi che elabora la filosofia sono sempre più grandi delle possibili soluzioni, ma pensare è proprio spingerci al di là del pensiero pensato ma anche al di là del trovato. Il pragmatismo può servire, ci velocizza , ci fa essere smart, ma quando è troppo spinto diventa cattivo buon senso fino a farci uscire dai significati veri delle cose. Il concretismo rischia di diventare antifilosofia, perché accorcia, semplifica, banalizza ,fino a cambiare le nostre mappe cognitive che ci vengono proprio dalla filosofia platonica che ha stabilito le regole della ragione. La filosofia prima di ogni cosa è proprio il rigore della non contraddizione. Se fossimo rimasti fedeli a quell’irrinunciabilità ci saremmo accorti per tempo dell’irrazionalità della società moderna. Avremmo guardato e non solo visto che la distribuzione della ricchezza è soltanto tecnica e non reale. Avremmo guardato e non solo visto che la Grecia veniva affamata nonostante il popolo avesse votato un referendum contro l’austerity imposta, non avendo alcuna colpa delle politiche truffaldine del suo governo. Avremmo guardato, oltre che visto, che una democrazia matura come la nostra non poteva finire nelle mani di un partito che si chiamava “Silvio Berlusconi”, con un consenso popolare da plebiscito, con gli stessi meccanismi della raccolta punti, con cui al supermercato si fidelizzano i clienti. L’etica applicata è proprio mettere insieme i nostri principi,quelli che ci fanno essere dignitosi ,con la realtà, per poter incarnare gli eventi e sentirli nostri fino in fondo. E’ passato un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, una guerra che andava evitata, ma i proprietari del mondo hanno gioco facile a legittimarsi come detentori della verità. Ci dovrebbe essere un contatore di morti come è successo con la pandemia, per avere maggiore coscienza di questa tragedia, invece lo nascondiamo, altrimenti si farebbe troppa fatica a parlare di guerre etiche. Le guerre non hanno mai restaurato diritti, ma solo ridefinito poteri. Essere contrario all’invio di armi non vuol dire essere dalla parte di Putin . C’è una categoria umana che lucra sulla vita di innocenti, costruendo armi, commerciando morte. Questa è una guerra che come tutte le guerre pagano i poveri, gli ultimi, ma anche tutti noi, in termini meramente economici ( la nostra spesa militare aumenta ogni anno di 15 miliardi, il 2 % del PIL ) ma anche di diseguaglianze che vengono moltiplicate da fattori così traumatici, ma soprattutto usciamo dall’antropologia che ci fa essere uomini, materia pensante e capace di empatia, di pietas umana, che non è la lacrimuccia, ma è ciò che ha segnato la nascita della civiltà. L’antropologia fa coincidere il cominciamento della civiltà umana col ritrovamento di un neandertaliano sopravvissuto per lungo tempo a una malattia ossea invalidante grazie alle cure e al sostegno della sua comunità. Non siamo neanche più questo; guardare i relitti dell’ennesima tragedia annunciata-sulla spiaggia di Crotone-non è solo aberrante, esecrabile, disumano, o immorale, ma è proprio qualcosa che ci fa uscire dallo statuto concettuale di comunità umana. Sul banco degli imputati solo il mare grosso e l’imprudenza di questi padri di famiglia disperati, che i nostri ministri additano come ominidi non educati alla responsabilità. A guardare quei rottami, simbolo di giovani vite spezzate, stiamo male perché a Crotone è l’umanità che ha fatto naufragio , c’è tutto il nostro fallimento lì, non si dovrebbe più poter usare la parola civiltà, dovrebbe essere bandita dal vocabolario dell’onestà intellettuale .C’è una parte del mondo che è stata solo abusata, aiutarli non è un atto umanitario, perlomeno non solo quello, è restituire qualcosa di tutto quello che gli è stato tolto . La giustizia per poter ESSERE, ontologicamente, ha bisogno della grazia, ma anche il nostro ministero ha cancellato questa verità dal suo nome, a paradigma di una giustizia a metà. Tutto questo dolore ci toglierà il diritto di guardare negli occhi i nostri figli e rassicurarli per un futuro anche solo decente. Eppure a loro il futuro spetta di diritto e non può essere solo biologico. Nel mondo dell’inautenticità si fa finta di parlare di tutto, ma per non parlare di niente in realtà. Siamo una società che ha abusato del mondo; Kant mette al centro dell’esistenza il rispetto per l’altro, per poter far buon uso del mondo. Mai nella storia dell’umanità era accaduto che il progresso ci portasse così indietro. Nessuno è abbastanza straniero da non essere una nostra preoccupazione, da non essere un nostro problema. C’è un riduzionismo alienante che prova a ridurre la nostra coscienza al cervello, ma il cervello è un luogo finito che appare alla nostra coscienza e quindi contenuto da essa. La scienza legge il singolo neurone, ma non riesce a tematizzare la nostra noetica, quell’io irriducibile che ci fa sentire di essere noi e nessun altro. E’ un salto assoluto, non è spiegabile con la semplice biologia, è ciò che ci rende straordinari, pur restando enti di natura. Il pensiero ci trascende, spostandoci dal fisico al metafisico , spostando la nostra immanenza verso un trascendente traducibile nella insondabilità della coscienza umani, che non può essere cosa tra le cose. Non possiamo abdicare a pensare, non ci si può arrendere alla storia penosa del pensiero unico, il gentilismo ci ha insegnato che quando tutti pensano lo “stesso” è perché nessuno sta pensando. Non possiamo accontentarci dei registri semantici dei nostri rappresentanti in ParlamentI , nè di quelli di sinistra che si sono suicidati nel finto progresso capitalistico, né tanto meno in quelli di destra, dove lo straniero è per statuto concettuale un problema che viene dopo la seconda auto per noi italiani. Come fai a cambiare lo status quo se contesti con armi coniate dal potere stesso, le stesse che sono servite ad emancipare la società del capitale non quella umana ; come lo cambi un sistema sociale figlio di una filosofia neoedonistica, che combatte il nemico solo nelle sue vecchie posture. La società dei consumi per imporsi abbatte tutte le autorità, compresa la Chiesa, coniando una forma coatta di libertà che ha creato una vera e propria mutazione antropologica. A supporto del sistema, una scuola delle competenze, per la nuova acculturazione, che guarda all’omologazione delle coscienze . Dicono che non serve più una scuola che educhi alla vita, che formi uomini consapevoli, in effetti ad aspettare i giovani è il mercato che ne vuole fare una merce come tutte le altre, avranno valore per quella che sarà la loro spendibilità in termini di forza lavoro, dietro la quale non c’è più una categoria umana ma una tabella di costi e profitti. Gli stessi intellettuali servono al meglio le pietanze dei capitalisti , come chef stellati , è così che il loro capitale culturale non resta invenduto. L’uomo è il suo pensiero consaputo, è quindi coscienza di se stesso. Dove non c’è pensiero non c’è uomo, perché tutto è interpretazione tranne il pensare che si pensi . Si può essere umani, quindi vivi e felici, solo se lo sono anche tutti gli altri. Perché nessun uomo-dice Simone Veil- può essere tanto lontano da me da non sentirne lo stesso battito. Pare che si dica che il paradiso dei ricchi sia fatto dell’inferno dei poveri, come si fa a trovarlo un bel posto. Se non lottiamo per la vita che vogliamo forse ci meritiamo quella che abbiamo, quella che tenta di rimaneggiare i classici, riscrivendoli per adattarli a una realtà talmente irrazionale da non poter più sopportare la verità. E’ notizia di questi giorni che alcuni editori abbiano attentato alla bellezza dei classici riscrivendo alcune parole che offenderebbero la moderna sensibilità. Già tutto previsto -nel romanzo distopico quanto profetico di Orwell “1984 “- dove scrive che ortodossia significa non pensare, perché non ce n’è più bisogno : ogni registrazione è stata distrutta e falsificata, ogni libro riscritto, ogni quadro ridipinto, l’intera letteratura rimaneggiata . L’ortodossia è incoscienza ,quindi è ciò che serve più di tutto all’uomo moderno, che ha rinunciato a essere se stesso. Marx ,nel Capitale, scrive: quanto meno tu sei, quanto meno realizzi la tua vita, tanto più hai, quanto più grande è la tua vita alienata, tanto più accumuli ricchezze. Questo è il dogma dell’economia : tutto ciò che l’economia ti porta via di vita e di umanità te lo restituisce in denaro e ricchezze, e tutto ciò che tu non puoi, può il tuo denaro, esso può impadronirsi per te di tutto quanto. E’ enorme il potere del denaro ma non è in grado di produrre null’altro che sé stesso, né di comprare nulla fuori che sè stesso. Quando il denaro diventa un fine si presenta come la forma astratta di tutti i piaceri, che tuttavia non vengono goduti. Per credere in un’idea bisogna vederla incarnata in una storia, e nessuno può dire che non ci sia abbastanza materiale nel nostro reale per dar ragione a Marx, su quanto l’economia sia il fondamento della moderna prassi umana. In “ Così parlò Zarathustra “ Nietzsche scrive: “ D’ora innanzi il vostro onore non dipenderà da dove provenite, ma da dove andate “. Il mantra dell’ intrasformabilità del mondo ci vieta un pensiero alternativo ,che del resto se non si incarna in una prassi resta sogno, quel sogno che tutti noi sembra abbiamo dimenticato di fare, perché anche nei sogni ci è proibito esagerare.
“La Notte Stellata” Van Gogh la dipinse dalla finestra di un manicomio, perché l’aveva guardata oltre che vista.
ANNA FERRARO
Non cercare chi la pensa come te, cerca chi come te, pensa. Cit. Gio Evan