Un giorno, sul telefono arriva un messaggio: ciao voglio darti uno spunto per un ‘articolo che potresti fare ….. QUANTO E’ DIFFICILE PARLARE CON I TEANESI …… PERCHE’??? pensaci è davvero così !!
Quando abbiamo iniziato a smanettare con i primi PC, la tecnologia non era così avanzata com’è oggi. Non esisteva un interfaccia grafica. Il sistema operativo era il mitico MS-DOS. Uno schermo nero, con un segno di maggiore ">" che lampeggiava, pronto per accettare un comando. L’utilizzatore doveva conoscere tutti i comandi a memoria. La loro sintassi. I lori effetti. Si doveva essere in grado di parlare con quelle enormi scatole con il video. In gergo tecnico, "dialogare", " interfacciarsi".
All’epoca bisognava configurare il computer per farlo funzionare. Ogni parte, detta periferica, doveva avere un proprio ed unico identificativo: un interrupt. Un segnale che indica il "bisogno di attenzione" da parte di una periferica. Quando il PC si avviava, iniziava un vero e proprio dialogo con tutte le sue periferiche, per verificare che le stesse fossero collegate, accese e funzionassero correttamente. Un conflitto tra due periferiche, poteva causare il blocco del computer.
La tecnologia si è evoluta. Oggi, non c’è più bisogno, o quasi, di procedere con la configurazione. Le periferiche sono del tipo plug and play (collega e usa). Il computer s’interfaccia direttamente con qualsiasi dispositivo ad esso collegato, interrogandolo. Questi, da parte sua, risponde con lo stesso linguaggio. Quando i due non s’intendono, in autonomia il sistema va alla ricerca dei driver aggiornati per consentire il corretto dialogo. In informatica, un driver è quell’insieme di procedure che permettono ad un sistema operativo di pilotare un dispositivo collegato al pc. Ma il computer è uno stupido ammasso di ferraglia. Per funzionare, occorre posizionare il suo interruttore su ON.
Ecco, abbiamo scoperto perché è così difficile parlare con i teanesi, o con una parte di loro. E’ tutto un problema di interruttori. Molti, al mattino, quando si alzano non si accertano di aver messo l’interruttore del proprio cervello su ON. Così, convinti che tutto funzioni, escono e provano ad interfacciarsi con gli altri. Peccato che il loro encefalo sia spento, e dunque non in grado di controllare quello che dicono o quello che ascoltano. In queste condizioni, il non intendersi è il minimo che possa succedere. Sarà impossibile il dialogo. Quando qualcuno manifesterà un bisogno di attenzione, subito si verificheranno inevitabilmente dei conflitti, che avranno come effetto i blocco delle comunicazioni. L’incomprensione regnerà indisturbata
Qualcuno su FB ha postato un pensiero di Cathleen Schine, scrittrice e giornalista americana.
"Una lettera, nel momento in cui la infili nella busta, cambia completamente. Finisce di essere mia, diventa tua. Quello che volevo dire io è sparito. Resta solo quello che capisci tu."
Qualche altro ha replicato : "perché è così difficile farsi comprendere?"
La risposta al commento:
"Perché ognuno vede ciò che vuole vedere e percepisce ciò che vuole percepire. Non si è alla ricerca del pensiero altrui o dell’altrui logica ma solo della propria. E’ la solita storia del sazio che non crede al digiuno. Sembra una banalità, ma solo in teoria riusciamo a immedesimarci negli altri".
Accendiamo e confermiamo, senza l’aiuto del pubblico, del 50% e 50% dell’aiuto da casa.
Luciano Passariello