A tre mesi dalla presentazione del libro “Il Bianco e il nero”, continua la collaborazione tra Teano e Il Kenya, o meglio tra l’Associazione “Il Campanile” e “Avis Casalnuovo for Kenyan Children” in un rapporto che si va via via rafforzando, grazie alle nuove tecnologie quali Facebook e Whatsapp che permettono di mantenere quotidianamente i rapporti a Km e Km di distanza.
Leonardo l’africano è tornato. Per africano, intendo il nostro compaesano, Leonardo Maria D’Alonza che nel 2011, insieme ad altri “tre pazzi” (come li chiama lui), Leonardo De Rosa, Lina Striano e Angelo Perrotta, ha dato vita a questa associazione per aiutare attivamente chi di aiuto ne ha tanto bisogno.
Lui che ha girato il mondo come reporter dell’ANSA, ha lasciato uno studio supertecnologico e una vita agiata, per dedicarsi agli altri, a quelli che noi di spregiativamente definiamo “terzo mondo” ma dai quali abbiamo solo da imparare per i valori e la semplicità che hanno.
In “appena” due anni hanno realizzato la scuola Casuarina Baptist Church, la Almona Academy (nata con 18 bambini che ora ne ospita 837, tutti censiti- cosa poco usata da quelle parti) dotata di 26 classi, un dining room (la nostra cucina) ed alcuni dormitori. Hanno avuto in concessione la Municipal Clinic con un contratto di 10 anni, rinnovabile per altri 10.
E Leonardo, da geometra è diventato “tuttofare”: squadra, impasta il cemento, dirige i lavori, crea file di mattoni senza mai togliere la maglietta rossa dell’Avis, che ormai è diventato sinonimo di aiuto e speranza per i Kenyani.
Il suo carattere è un po’ schivo, di solito non rilascia interviste (questa è la prima), non ama parlare di sé, è più abituato a fare che a chiacchierare. Parla con amore della “sua” Africa, diversa da quella sfruttata dei Resort italiani dagli spregianti bianchi alla guida di macchinoni disposti a calpestare chiunque, pur di fare soldi. La sua Africa, il suo Kenya, è fatto di bambini meravigliosi, dagli occhietti vispi, che imparano, ascoltano, hanno la speranza di costruirsi un futuro, di persone che diventano felici con un niente (quello stesso niente che noi buttiamo, che per noi è scontato, superfluo).Bevono con cupidigia un semplice bicchiere d’acqua (potabile) , che sembra ai loro occhi la bevanda più buona del mondo. Quello che a noi esce dai rubinetti- che spesso ci dimentichiamo di chiudere, loro lo vanno a prendere a Km di distanza dai villaggi. Giocano con palle fatte con buste di carta, macchinine costruite con bastoncini, mentre noi facciamo le file notturne in attesa del nuovo I phone 5, o piangiamo perché non abbiamo la nuova psp.
Mentre loro dedicano i più bei sorrisi al sole che sorge e dà vita ad un nuovo giorno (di stenti, fatiche e lavoro), noi ci svegliamo col broncio, maledicendo tutto e tutti, ci alziamo da un letto comodo e facciamo colazione, al bar, più fashon che mai.
Ma lo chiamano Terzo Mondo, perché è in via di sviluppo. È comodo farlo essere il “Terzo Mondo”, altrimenti dove altro si potrebbe sfruttare un territorio così ricco e così bello?
Ma per fortuna ci sono quelli come Leo, quelli che lasciano tutto e vanno lì, si rimboccano le maniche e fanno. Cercando di inventarsi mille modi possibili pur di racimolare qualcosa per raccogliere fondi (vendita del libro, vendita di prodotti tipici artigianali). Ma almeno Leo non è solo, c’è l’Avis Regionale Basilicata che lo aiuta con la raccolta fondi. Ed ora ci sono i suoi paesani che lo sostengono, che lo hanno accolto a braccia aperte, lodando il suo coraggio ed il suo modo di fare.
Lì, oltre l’orizzonte, c’è una terra da scoprire, ricca di sentimenti, un mondo nuovo. Perché il mondo è solo uno. Non è né Primo, né Terzo. È uno. Non è una corsa verso un podio, è una passeggiata di gruppo. Ci sono gli “atleti”, quelli più preparati a livello agonistico, e gli “amatoriali”, che incontrano più difficoltà. Sta agli atleti aiutare i dilettanti.
Maria Flora Grossi