Si dice controllo del territorio, ma a Teano si legge abbandono, degrado e soprattutto menefreghismo. Il controllo sulle opere, sui servizi e sugli appalti da parte degli amministratori è inesistente, anzi si esaurisce con la stessa rapidità di un selfie da sfoggiare in tutta la sua vacuità sui social nel chiaro intento di far passare il messaggio: sono bravo, bello e se si è fatta questa cosa è tutto merito mio. Sapevatelo! L’Amministrazione dal primo giorno dall’insediamento ha ripetuto come un mantra l’assenza di liquidità; ci ha edotto dei debiti dell’ente e ci ha chiesto pazienza. Bene, ma se non ci sono soldi come si dice, allora perché le risorse che abbiamo vengono spese male? Perché si fa due o tre volte ciò che si potrebbe fare, programmandolo con criterio, una volta sola? L’ amministrazione è chiamata a gestione la cosa pubblica proprio come un “buon padre di famiglia”. Un detto dice “ chi fraveca e sfraveca nun perd tiemp”. A cosa ci stiamo riferendo? Ci riferiamo allo stato in cui versa il manto stradale del tratto finale di V.le Europa e quello di V.le Italia che conduce a Borgo S. Antonio Abate. Lavori eseguiti meno di due anni fa (determine n. 403 del 9/05/2019 e n. 724 del 23.08.2019) al costo complessivo di 83.053,66 euro. Opere battezzate pure dalla presenza di un amministratore locale che con chiari intenti promozionali (l’amministrazione c’è, io ci sono…tranquilli!) si faceva trovare intento, sebbene non ne avesse funzioni e competenze, a regolare il flusso del traffico durante le operazioni di fresatura. Si, dunque, il Comune ha speso quasi novantamila euro di soldi pubblici, quindi di noi cittadini, per realizzare un’opera che oggi di fatto non esiste più.
Un’opera pubblica dispendiosa, passata per necessaria e preferita ad altre (vedasi le scuole), vanificata dall’intervento di una nota azienda di servizi e forniture per la realizzazione di allacciamenti di utenze a pagamento per i cittadini. Insomma una operazione che comporta per i teanesi un danno (l’ammaloramento del manto stradale nuovo) ed una beffa (il pagamento da parte dei cittadini di quel servizio che ha provocato l’intervento). Eppure, per quanto sappiamo, se questo mondo non ha preso a girare al contrario, le ditte che seguono lavori sul territorio comunale hanno l’OBBLIGO di ripristinare lo status quo ante dei luoghi rimettendo tutto a posto. Ed invece? Ed invece ci troviamo ad avere pagato un percorso di guerra da fare invidia ad una strada cambogiana ben 83 mila euro. Ironia a parte, qualcuno, sotto altro aspetto, proprio perché alla faccia tosta non c’è limite, ci chiederà nuovamente di avere pazienza deducendo che prima o poi le cose saranno sistemate al meglio. Magari in un prossimo futuro, quando i ricordi dei cittadini saranno sbiaditi, qualche prode amministratore, solo perché opportunamente sollecitato, avrà l’ardire di proporci come una propria felice intuizione quella di avere brigato presso l’azienda per farci restituire ciò che ci spettava di diritto. A proposito, dalla casa comunale ci venga detto cosa vuol dire economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa e soprattutto, visto lo stato di perdurante inerzia, se l’assessore ai lavori pubblici di tutto ciò è a conoscenza, cosa ne pensa e chi è.
Dal fronte politico amministrativo intanto tutti i nostri politici, non uno sì e l’altro no, tacciono in un ottundente silenzio; a nessuno sembra essere balenata l’idea, compreso colui che si è improvvisato direttore dei lavori, di adire gli uffici competenti per intraprendere idonea azione a tutela dei diritti lesi della nostra città? A scanso di equivoci è opportuno precisare che un amministratore locale non esercita funzioni di gestione, ma sicuramente ha il potere di controllo…e questo, è evidente, non viene esercitato. Superficialità e disattenzione o inettitudine? Chi è chiamato a tutelare gli interessi di questa comunità non lo ha fatto. Il tempo passa e “chi fraveca e sfraveca, sembra un paradosso, ma nun perd tiemp”.
<< la libertà non consiste nel fare ciò che ci piace, ma nell’avere il diritto di fare ciò che dobbiamo>>.
Carlo Cosma Barra