Entrando a Teano, leggermente spostata sulla destra rispetto all’asse stradale, si trova la Chiesa di S. Antonio Abate, comunemente conosciuta come la chiesa di S. Antuono. L’edificio, se la memoria non ci fa difetto, risalente al XIV secolo d.C., si presenta ancora ad oggi nella sua forma strutturale originaria, fatta eccezione per la facciata che fu “rielaborata”, intorno al ‘700, secondo i canoni stilistici neoclassici a seguito degli incendi del 1648 ad opera del noto brigante Papone. La chiesa, tuttavia,conserva ancora, offrendone spettacolo ai nostri occhi, affreschi murari collocati nella zona dell’abside risalenti al periodo tardo gotico di indubbio pregio. Poco più avanti, invece, su un piano rialzato alla strada, percorrendo un’agevole rampa di scale, nell’immediatezza delle prime case destinate alla civile abitazione, si trovano i resti di una antichissima domus romana risalente al 1 secolo a.C.. Teano è insomma una città ad altissima rilevanza artistica. Ogni pietra presente sul nostro territorio trasuda storia e tradizione. Teano è la culla dell’unità d’Italia, la città dello storico incontro, una delle poche che può fare vanto di avere un Teatro di età romana ed un Anfiteatro, chiese importantissime dal punto di vista storico – architettonico, templi e altri importanti siti archeologici. Una città che nonostante tutto rappresenta ancora una perla per tutto l’alto casertano. Ebbene passano gli anni, ed ogni amministrazione ripropone il solito leitmotiv, il solito disco graffiato: la nostra Città può vivere di cultura e turismo. Quante volte abbiamo sentito nel corso degli ultimi anni annunci di tal risma? L’amministrazione D’Andrea, dal canto suo, più degli altri probabilmente, ha sempre sostenuto di volersi fare promotrice dell’ambiziosissimo progetto della rinascita e del rilancio culturale sidicino. D’altra parte ne sono testimonianza l’istituzione, di cui si è persa traccia, della famosa “Summer School” o del gemellaggio, intriso di significati profondamente culturali, con l’isola di Caprera. Probabilmente, infatti, si deve proprio a tale logica, una regola che, chiaramente, sfugge a noi comuni mortali, quella di autorizzare il posizionamento di un cartellone pubblicitario dalle dimensioni mastodontiche ad immediato ridosso della domus romana ed in prossimità del Santuario di S. Antuono. Forse tale inventiva, di cui non osiamo giudicare la genialità, ma che lasciamo al civile apprezzamento dei nostri lettori, è stata perpetrata nell’intento di unire sacro e profano, modernità ed antichità. Ed allora, mentre scriviamo, contiguamente ai tempi, ecco campeggiare imperioso, per non dire impietoso, un annuncio pubblicitario di un qualunque “Black Friday”. E sotto l’annuncio, la vera chicca. Un’intuizione di marketing da parte della nostra amministrazione: la pubblicità del nostro museo cittadino. Ed è proprio in questo audace ed improbabile connubio che risiede il vero colpo di lombrosiana memoria che, al contempo, rivela la consapevolezza dei nostri amministratori: istallare un cartellone pubblicitario che poco ci azzecca, non sappiamo se autorizzato dalla Sovraintendenza (la buttiamo là), nel pieno di un contesto archeologico da promuovere. Ed allora come possiamo pensare di sostenere le nostre bellezze se non si ha rispetto di esse? Chi ha consentito ciò si è reso conto della storpiatura realizzata e del calcio indirizzato là dove non batte il sole alla cultura che si intende divulgare? Tutto diventa vuoto ed effimero. Eppure, nel nostro piccolo, non sappiamo se faccia più male la strafottenza di chi realizza questo o l’apatia di chi assiste supinamente. E allora se davvero la forma non è sostanza e viceversa, ben vengano le chimere delle Summer School e ben venga che qualcuno continui a depredare il nostro territorio da tutti i servizi procacciati con fatica dai nostri padri. Se questa è la logica, purtroppo, non si sarà barricata adatta a tenere lontano quella subdola avversaria, che nel frattempo sarà diventata nostra fedele ed abitudinaria alleata: l’ignoranza delle radici e delle fonti. Un po’ di indignazione, di tanto in tanto, non guasterebbe.
Carlo Cosma Barra