“Il paziente sarà più al sicuro con un medico che sia naturalmente saggio che con uno che sia artificialmente dotto”.
La frase, del poeta e scrittore contemporaneo Theodore Fox, di Edmont, in Canada, mi capita casualmente sotto gli occhi. Poi, alle tredici, il TG dà la notizia della morte di un bimbo di sette anni di Cagli, in provincia di Pesaro, dovuta ad una otite, azzarderei volutamente o stupidamente, non curata. Non curata dalla medicina tradizionale, quella nata con Ippocrate e proseguita nei secoli fino a Pasteur, a Sabin, a Barnard, a Veronesi, ma affidata dai genitori alle attenzioni “filosofico-meditative” di un omeopata!
Una brutta storia, accaduta non in un presunto paese retrogrado ed analfabeta del sud, ma nelle civilissime Marche e generata da persone agiate e colte.
Il paradossale razionale di questa brutta avventura fa pariglia con quanti, medici e non, sconsigliano e boicottano ogni tipo di vaccinazione; comportamento incivile per un genitore, ma insano per un medico!
Viviamo e siamo succubi delle “mode”, della volontà di apparire, di distinguerci, fosse anche dicendo o facendo corbellerie, specie se contro il collaudato buon senso o, peggio, contro certezze scientifiche.
Massimo Gamellini, sul Corriere di oggi, è ancora più profondo: “…ci sono persone così deboli ed insicure che non riescono a vivere senza appoggiarsi ad un dogma. Non importa se religioso, materialista, scientifico, antiscientifico, carnivoro, vegano. Purché si tratti di un precetto che, in nome di una presunta verità assoluta, li dispensi dalla fatica di adeguare i comportamenti alle situazioni.”.
E’ così: deleghiamo troppo facilmente il pensare al credere, il ragionare alla infatuazione, il mantenersi individui pensanti al confondersi comodamente nella massa, qualunque cosa essa faccia!
Anche il terrorismo religioso nasce dagli stessi comportamenti “delegati”: quale mente logica e razionale può mai consentire il proprio suicidio e contemporaneamente la morte di decine di innocenti, ora sempre più spesso bambini, credendo che subito dopo l’atto delittuoso avrà a disposizione, nell’al di là, sette, dodici o cento “vergini”?
Il profondo malessere della società odierna è proprio nella rinuncia al proprio individualismo pensante ed agente, creata da una mentalità massificante sempre più diffusasi nel corso degli ultimi decenni: la “società” mi deve garantire tutto, dalla salute al “reddito di cittadinanza”, dal lavoro facilmente accessibile alla riparazione dell’auto se, ubriaco o drogato, sono causa di un incidente. E lo deve fare senza che io me ne debba preoccupare. E così posso continuare ad esimermi dal pensare che io sono una persona, e che tutto quello che mi è necessario per continuare ad esistere deve emanare soprattutto da me, geneticamente unico nella storia di tutta l’umanità.
E sprecare questa opportunità è un peccato mortale!