e quindi a bocce più che ferme, mi piace ritornare sull’argomento per ribadire concetti che vado sostenendo da anni e che finalmente mi pare stiano trovando ascolto, almeno da parte di qualche Amministratore locale.
Ho finito di leggere da poco una interessante pubblicazione del Prof. Luigi Mascilli Migliorini, membro dell’Accademia dei Lincei, membro della Direzione della “Rivista Storica Italiana”, docente di Storia Moderna all’Università Orientale di Napoli, finita di stampare nel settembre appena trascorso.
Ho conosciuto personalmente il Prof. Migliorini, autore di numerosi libri di Storia moderna e di un trattato su Napoleone semplicemente affascinante, proprio in occasione della presentazione ad un Club di amici di quest’ultimo libro, del quale fui onorato relatore.
Orbene il Prof. Migliorini, nella parte finale del libro “Il Maggio 1860” parla della spedizione dei Mille facendo una dettagliata descrizione di tutte le manovre politiche, diplomatiche e tattiche che concorsero a organizzarla, dallo scoglio di Quarto a Teano.
Sì, a Teano, perché citandola più volte, nella parte finale, pur non esplicitandolo chiaramente, non lascia trasparire il minimo dubbio che l’incontro non sia accaduto a Teano o che, per chissà mai quale ragione, debba cambiar nome in base a centimetriche misurazioni di territori e strade. Lo dà come assodato per “riferimento storico”, e questo in un libro edito poco più di un mese fa.
Questo per dire che la Storia la “custodiscono e la trasmettono” gli storici, non i politici; e men che mai i politici “codini”.
Orbene, il suddetto preambolo per ridimensionare la levata di scudi contro l’Amministrazione comunale che, a dire di qualcuno, aderendo ad un protocollo d’intesa per l’accesso a fondi destinati a città campane sede di avvenimenti storici, avrebbe “svenduto” l’Incontro firmando assieme a Vairano detto protocollo.
Una veduta, quest’ultima, abbastanza semplicistica e statica, non proiettata a valorizzare come merita quell’avvenimento se volto solo a tramandarne la memoria in base al riconoscimento del sito preciso di dove darebbe avvenuto.
Quella “stretta di mano” tra il Re e Garibaldi rappresenta un punto di arrivo e un punto di partenza per un popolo fino ad allora esistito solo “geograficamente”, mai come nazione, sottoposto ad invasioni ed oppressioni da parte di tante genti europee e mediterranee, dai greci ai bizantini, dagli arabi ai tedeschi, dai francesi agli austriaci, dai longobardi ai visigoti e via dicendo. Rappresenta la conclusione di un lentissimo processo di acquisizione del concetto di “nazionalità” iniziato con Dante seicento anni prima e passato, nei secoli. attraverso grandi personalità della nostra cultura etnica. Un percorso che diventa sempre più sentito durante la rivoluzione francese, con il bell’esempio della Repubblica Napoletana del 1799, che vide suo primo Presidente il nostro concittadino Carlo Lauberg, ed il Congresso di Vienna che impose la Restaurazione, e ci ricondannò al servaggio straniero. Da allora la nostra gente cominciò a prendere lentamente coscienza di sé ed a partecipare alla storia d’Europa: le lotte per ottenere la costituzione nei vari staterelli, i moti del ’21, del ’48 con le cinque giornate di Milano, e poi la prima e la seconda guerra d’indipendenza, fino all’impresa dei Mille. Il tutto orchestrato da accorti politici e accompagnato da un risveglio culturale semplicemente eccezionale, da Verdi a Manzoni, da Leopardi a Carducci.
La stretta di mano tra il repubblicano Garibaldi ed il Monarca suggellò tutto questo e diede vita alla nazione ed allo stato Italia, monarchia costituzionale. Da qui partì un cammino sempre in ascesa che ci ha visto maturare e diventare, pur tra infinite difficoltà e periodi nefandi, tra le più significative Nazioni del mondo. Nella cultura e nella scienza, tanti premi Nobel, nello sport, con la vittoria di più campionati di calcio europei e mondiali, nel ciclismo, nel nuoto, nella scherma, nello sci, e nell’economia che ci vede da tempo tra gli otto paesi più industrializzati del pianeta.
E vi sembra che di fronte a tutto questo l’importante sia continuare una stupida disputa per stabilire il punto esatto dove scalciarono i cavalli di Vittorio Emanuele e Garibaldi? Direi proprio di no.
Allarghiamo il campo, voliamo alto; l’Incontro di Teano non sia fatto a sé stante, ma parte integrante dell’Italia Unita e lo si celebri studiando ancora e approfondendo tutti gli avvenimenti a lui precedenti e susseguenti che ci hanno portato agli odierni risultati, perché solo così terremo viva l’attenzione della gente e ne ricaveremo interesse.
Solo così potremo sopperire con lucida intelligenza a stupido provincialismo.
Mi va di concludere con un: Viva l’Italia. Consentitemelo.
Claudio Gliottone