Giovedì 9 novembre con qualche giorno di ritardo, causa maltempo, si è tenuta nella sala delle conferenze del Seminario Diocesano, l’atteso evento culturale organizzato dall’Istituto comprensivo Statale “ Vincenzo Laurenza “. Il tema trattato ha riguardato il valore insostituibile dell’arte e la sua non casuale relazione con la fede, che per quanto possa apparire astratto e poco cogente con i problemi dei giorni nostri, è stato un necessario tentativo di lasciare un contributo prezioso a un uditorio fatto da ragazzi di terza media , la cui bellezza è sembrata un rito apotropaico già sufficiente di suo perché tutti ci si possa salvare dal dolore del mondo. Sono ,i giovani,la generazione investita dall’incubo di una pandemia in piena fanciullezza, il cui leitmotiv ricordava loro che la morte è un destino , ancora prima di un inconveniente. Per poi vivere un presente il cui vero contenuto sembra essere la guerra , senza timore di essere smentiti. E’ stato sicuramente un tentativo ambizioso, che metteva in conto che ragazzi così giovani non avessero un orecchio educato a temi così complessi. Ma questo non può essere un deterrente, anzi è proprio ciò che ha reso la sfida necessaria , per quanto audace. I giovani più di tutti meritano di percepire la bellezza di cui nonostante tutto il mondo è pieno. Einstein scopre la relatività a soli 24 anni , Leopardi scrive l’Infinito a 21 anni, Newton scopre le 3 leggi della dinamica a soli 23 anni, Mozart fa i suoi primi tentativi all’età di 6 anni. . Se si smette di cercare la verità , perché la velocizzazione del nostro tempo ce lo chiede ,smetteremo di essere creativi, diventeremo cose tra le cose, non ci trascendiamo più. Noi siamo possibilità sempre aperta, non ci determineremo mai del tutto, siamo proprio questo continuo domandarci, quel cercare il senso della vita come istanza primaria. E’ questa la postura che può rendere noi stessi un’opera d’arte , la nostra stessa vita. Non possiamo rimanere indifferenti a questo richiamo , dopo Gramsci sappiamo che l’indifferenza è già violenza e che la vera condizione umana ancora prima della dignità è la vulnerabilità . Come può la vera bellezza non sostare nell’amore per l’altro, come può non stare nell’impossibilità di non sentire come nostro il dolore di chi soffre . Nessun uomo ci può essere indifferente se siamo in armonia con la cultura dell’inclusione. I giovani sono costretti a scendere a patti con l’esistenza, restituendo loro le categorie del bello, del buono, del 1giusto, potranno accedere alla vera sapienza che consiste nel saper distinguere il bene dal male : non c’è bellezza più grande della giustizia. A volte è necessario alzare l’asticella, scegliere obiettivi oltre la nostra portata. E’ questo che ci aiuterà ad edificare il nostro castello interiore, ad essere massimamente vicini all’intraducibilità del nostro IO. Ai giovani si deve chiedere di tentare l’impossibile, in modo che un giorno possano esigerlo da loro stessi. Anche quando è difficile, quando lamentano di non essere riusciti a seguire tutto, di non aver compreso tutte le parole ascoltate : resta lo sforzo, lo spazio guadagnato da un intelletto che non molla facilmente a quella età. Per crescere c’è bisogno anche di fughe in avanti che ci facciano ritornare dove eravamo con maggiore consapevolezza, con orizzonti di senso allargati da parole difficili che tentano con un linguaggio finito di nominare cose che finite non sono. L’arte è proprio questo gioco del sensibile con l’ineffabile . La bellezza non è mai qualcosa solo di immanente , c’è sempre un rimando a qualcosa che sfugge, a un oltre come luogo di autenticità. Il bello è nell’inesauribile del nostro sguardo , è necessario dislocarci da noi stessi per poterlo cogliere. La vera fonte della creatività è la nostra follia, è lo stesso inventore della ragione a dirlo : è Platone stesso a ricordare come la follia sia assai più bella dell’umana ragione . Jaspers, uno dei geni del 900 , dirà che la perla è la malattia della conchiglia, a voler dire che l’opera d’arte non può che nascere dalla trasgressione della ragione. E’ sempre il frutto di una difficoltà psichica ,di un disagio esistenziale . E’ il folle che può vedere la verità , la razionalità ci serve per vivere ma non è ciò che ci rende speciali. Adorno dice che c’è arte quando qualcosa resiste ad ogni tentativo di colonizzazione ermeneutica. E’ proprio ciò che crea il dualismo con la fede , per quanto figlie di due diverse strutture concettuali, trovano un trait d’union nel loro oggetto di ricerca : l’assoluto , che la fede trova in Dio come ordinamento stabile che salva l’uomo, e l’arte trova nella bellezza che resta comunque un rimando al divino. E’ troppo audace per ragazzi di terza media? Forse, ma sono proprio i giovani il massimo della potenza biologica, culturale, intellettuale, sessuale anche, su cui un paese civile dovrebbe puntare. Va fermamente perseguito il tentativo di educare proprio i più giovani a desiderare la vera bellezza , il mondo li nomina “bamboccioni “per renderli responsabili di un disagio sociale, imputabile al mancato riconoscimento da parte di una società che rinunciando ai suoi figli, rinuncia ad essere sana . Gli chiediamo competenze e tecnicismi, per renderli fruibili a un mondo del lavoro che vive di scommesse sul futuro: quello spazio che spetta loro di diritto oltre che di fatto. La loro felicità non è prevista, chi è felice non consuma, e il nostro sistema a capitalismo spinto non se lo può permettere. Ci hanno trasformato in macchine desideranti , i nostri figli sono conosciuti dal mercato più di quanto potremmo mai conoscerli noi. Questo serve a farne algoritmi di cui si servono poi i social per manipolare il pensiero di miliardi di persone . Eppure la nostra vita è qualcosa che ci eccede, è qualcosa di più della somma delle nostre parti, il nostro essere ci oltrepassa , come è stato possibile ridurci a pensiero unico? Ai giovani va data la possibilità di trovare nella bellezza una via d’uscita. L’habitat della vita umana è l’incertezza, sfuggire ad essa è proprio il presupposto per essere felici, per quanto sia possibile afferrare qualcosa che ci si sottrae ad ogni tentativo di presa, proprio come l’effetto ottico di un tramonto. La filosofia, la religione, l’arte sono i luoghi dove lo spirito assoluto coglie se stesso, non possiamo non frequentarli se vogliamo essere uomini e donne contemporanei del nostro tempo ma anche legati a una memoria che ci ricordi da dove veniamo senza la quale non ci può essere alcuna vera emancipazione . I sentimenti non ci vengono dati in dote , dobbiamo acquisirli dalla letteratura, dalla poesia da tutto ciò che riesce a promuovere le nostre pulsioni naturali in qualcosa di più alto. Le parole stesse sono fonte indispensabile alla nostra crescita estetica, sono l’efficacia e la bellezza dei nostri ragionamenti. Più parole conosciamo più pensieri possiamo articolare, offrire ai giovani un nuovo vocabolario serve loro a fornire la giusta nomenclature perché possano esprimere le gioie ma anche il dolore di cui spesso non sanno parlare. I disagi vanno nominati per poterci spostare da lì. Il bullismo è proprio il luogo del fallimento della parola, tanto che il bullo si esprime a gesti non conoscendo null’altro per poterlo fare. Il transumanesimo è una deriva tecno-nichilista che ci sta spostando verso una deregulation che non è più soltanto economica, ma anche culturale, morale, addirittura antropologica. I giovani devono essere una nostra priorità , è l’intelligenza a chiedercelo, oltre che la nostra coscienza: già questa è una postura che parla di bellezza, chi si preoccupa di catturare la simbolica degli adolescenti, per avere la chiave d’accesso al loro mondo, sta dando una pennellata di colore su una tela tutta ancora da dipingere, ma che prometterà certamente bene. I ragazzi da questo incontro non erano tenuti a memorizzare alcunche’ , certamente non le cose difficili, e neanche riuscire a percepire fino in fondo l’importanza del tema trattato. Il risultato è pienamente raggiunto già se si è riusciti a farli sentire protagonisti di un progetto cucito volutamente per loro, visto che il mondo fuori fatica a riconoscerli ,mentre riesce bene a far sentire loro tutta l’insignificanza sociale possibile. Anche il solo rapporto extrascolastico con i docenti , che hanno regalato loro tempo a titolo gratuito è esso stesso una forma di cura, di attenzione, che li colloca in un’ottica di inclusione, volta ad accrescere i loro orizzonti di senso. I numeri dicono che sono 400 gli alunni che ogni anno si suicidano in età scolare in Italia. Sarebbe il caso di preoccuparcene? I giovani possono stare bene solo se riconosciuti, diceva Rousseau “ Per insegnare il latino a Giovannino, bisogna conoscere il latino, ma anche Giovannino “. Questi incontri vogliono essere strategie di riuscita perché le nuove generazioni abbiano a disposizione strumenti congrui per inseguire i più disparati desideri che ognuno di loro focalizzerà a seconda della propria vocazione. Realizzare sé stessi, in direzione della propria verità,è l’unica possibile felicità, da 2500 anni è l’oracolo di Delfi a dirlo. Cercare il senso della propria vita è la vera esigenza dell’uomo di ogni tempo, lo stesso Dante loda Dio per cantare, non canta per lodare Dio. Dio resta un’iperbole, un eccesso che la realtà non riesce a contenere. La vera bellezza non può che passare dalla solidarietà umana, i giovani devono avere sete di giustizia, c’è Antigone a ricordarcelo , per questo la modernità tenta di affossare i classici, sono un richiamo di una verità ostracizzata da un mondo codificato esclusivamente dalla categoria dell’utile. Ulisse è il paradigma del coraggio, tenterà di oltrepassare le Colonne D’Ercole insegnando cosìda 2000 anni ai giovani che tentare l’impossibile è ciò che più ci gratifica ai nostri stessi occhi. La vera conoscenza è saper distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è, avere fame di verità, solo così possiamo essere quello che sappiamo , solo così il conoscere acquista valore. Aprire i ragazzi a quanti più linguaggi possibili è il compito costituzionale della scuola ma anche ciò che accende il desiderio ,mai riusciremo ad aprire la loro mente senza passare dal loro cuore . Noi per poter vivere dobbiamo avere fede che non è necessariamente quella religiosa, basterebbe credere nel valore dell’altro , che mi è necessario per poter dire IO. La cultura dello scarto è contro la bellezza, per questo l’arte riesce a catturare il fondamento , riesce ad unire ciò che la partigianeria del cervello divide, ci fa vedere che le cose del mondo sono connesse , che noi stessi siamo una parte del tutto, ma anche il tutto della parte. L’uomo resta un mistero, ma chi vuole essere un uomo è tenuto ad indagarlo.
LA VITA E’ UN VIAGGIO, UN ESPERIMENTO, PUO’ FALLIRE O PUO’ RIUSCIRE. DA COSA CAPIAMO SE RIESCE O NO ? NON TANTO DALLA META , MA DALLA GIOIA INTERIORE CON CUI NAVIGHIAMO . Cit. Vito Mancuso.
ANNA FERRARO