Più e più volte abbiamo ribadito che Il Messaggio Teano, fin dalla Sua fondazione ed impostazione editoriale, di cui ne fui ideatore e fondatore e primo Direttore, insieme a soli tre appassionati amici della Città di Teano, Antonio Guttoriello, Guido Zarone e Antonio Izzolino, è sempre stato considerato come la voce di tutti i Cittadini Teanesi. Di destra, di sinistra, di centro, cattolici, buddisti, musulmani, e compagnia cantando. A riprova di tanto, eccoti un’accorata, puntuale lettera di squisito ed utile “pedagogismo” sul mestiere del Giornalismo. E, noi, che pratichiamo questo mestiere da più di tre lustri fino ai massimi livelli di rappresentatività nazionale (ebbene sì), con umiltà, con spirito di continuo apprendimento ed aggiornamento, pubblichiamo la Lettera di un Cittadino senza per questo affermare, dall’alto della nostra vetustà professionale: “Non accettiamo lezioni da nessuno”. La saccenza, la presunzione, l’arroganza, non fanno parte del nostro bagaglio educativo e formativo. Per origini, per genia, per discendenza, per stirpe. Per questo, ringraziamo il nostro affezionato Lettore per lo spirito di affezione dimostrato nei confronti della Sua Città fino al punto di rammentarci alcuni principi che dovrebbero animare un corretto Giornalista. Sperando che “qualcuno”, anche da ciò, riveda e corregga certi suoi tratti propri di saccenza, di presunzione, di arroganza, facendo un bagno di umiltà e di spirito di servizio. “Imago animi vulnus est” (Cicerone, De Oratione).
Lettera
I giornalisti dovrebbero tendere alla verità e non ai like sui social come succede sin troppo spesso oggi. Una società basata sulla democrazia e sulla trasparenza come quella in cui, in linea astratta e profondamente teorica viviamo, dovrebbe avere dei giornalisti di altissimo livello; un giornalismo fatto di verità che tende a scavare nei meandri della burocrazia, che guarda, con obiettività, alle dinamiche che, sin troppo spesso, accompagnano i processi decisionali dei nostri governanti, che punta il dito contro ogni forma di ingiustizia sociale, di qualsivoglia genere di discriminazione, che svela i meccanismi corruttivi che si nascondono dietro incarichi e affidamenti, che porta alla luce le lobbie che oramai non sono più un’esclusiva prerogativa degli Stati Uniti – dove, peraltro, sono legali – ma che si moltiplicano come funghi, in un coacervo di illegalità. Oramai anche nei più piccoli centri della nostra società esistono delle lobbie di potere a cui debbono sottostare gli aspiranti amministratori delle nostre città: potentati familiari a cui rendere conto, che dietro una maschera di perbenismo, puntano e mirano, ad accrescere non solo il loro potere politico, ma, anche e soprattutto, il loro potere elettorale ed economico. Un giornalismo che mostra, senza troppi orpelli, la verità impedisce molte delle corruzioni alle quali ci siamo abituati, con stanchezza elefantiaca, al punto da considerarle perfettamente legali; frena ogni forma di violenza, ogni forma di criminalità, velocizza e pretende la realizzazione delle opere pubbliche, primarie ed essenziali, per il nostro vivere civile; chiede conto ai nostri governanti del perché e del per come di certe scelte e di certi risultati. Esige il funzionamento dei servizi sociali per le fasce più deboli della nostra società; tiene, costantemente, in allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione sul rispetto delle leggi e sulle regole etiche a cui ognuno, quotidianamente, si dovrebbe conformare. Impone ai politici – e agli amministratori tutti – il buon governo; rivendica il diritto dei cittadini di rivolgersi a coloro i quali sono stati chiamati a rappresentarli; stila un codice di comportamento a cui attenersi nello svolgimento delle pubbliche funzioni di cui sono stati investiti. Rivendica il rispetto del territorio, delle tradizioni e, soprattutto, dell’ambiente e della qualità della vita. Condanna ogni chiusura al dialogo da parte dei governi, siano essi locali, provinciali, regionali, nazionali o europei. Invita alla riflessione gli elettori sul come spendere il loro diritto-dovere al voto. Argomenta e sostanzia ogni tesi, con dovizia di particolari. Impedisce ai politici di dormire sugli allori, sventa ogni tentativo di favorire questo o quell’altro. Perché i governi sia locali che nazionali dovrebbero essere come la moglie di Cesare.
Se un giornale o un giornalista non è capace di questo, o per vigliaccheria o per tornaconto personale, non dovrebbe solo essere cancellato dall’albo professionale ma gli dovrebbe essere impedito, finanche, di scrivere su qualunque giornale e si porterebbe sulla coscienza tutti i dolori che avrebbe potuto evitare e le sofferenze, e i dolori, e le sudditanze, e le ingiustizie, e le corruzioni, e le violenze che avrebbe dovuto combattere.
Soprattutto, si porterebbe dietro il fallimento della società in cui siamo chiamati a vivere.
Se tutti questi principi fossero rispettati si andrebbe a guardare qual è la cooperativa che si occupa dei servizi scolastici e con quale metodologia vengono selezionati gli operatori, si andrebbero a guardare le stesse cose per la ditta che gestisce la mensa scolastica, si andrebbero a valutare, dettagliatamente, atto per atto, documento per documento, ogni affidamento diretto, ogni proroga dei servizi, attivata dopo la scadenza degli appalti precedenti, si andrebbero a sciorinare tutti i servizi che dovrebbero essere resi dalla ditta dei rifiuti incaricata attraverso la terza e, magari, non ultima ordinanza sindacale; si andrebbe a spiegare ai cittadini come ha fatto un ingegnere, dipendente comunale, oramai scomparso da alcuni anni, a firmare il capitolato speciale d’appalto, allegato alla prima ordinanza per la gestione dei rifiuti; si andrebbe ad osservare, con attenzione maniacale, come può un dipendente di una società che presta i propri servizi per il Comune – unico interlocutore dell’ente – essere nel contempo consigliere comunale della città. Si andrebbe a cercare di comprendere e a chiedere, a gran voce, spiegazione, per quanto attiene all’ennesimo schiaffo che si appresta a ricevere il popolo teanese con la realizzazione di un impianto fotovoltaico, da due mega impianti dei rifiuti che si apprestano a prendere vita e da ubicare nel nostro territorio, oramai già martoriato da un’amministrazione fatta da improvvisatori e da attori impegnati a recitare solo due mantra coi quali vogliono e pretendono di spiegare tutto anche se si stanno avviando verso il terzo anno della loro consiliatura: «È colpa delle precedenti amministrazioni» e «Non ne ero a conoscenza». I giornali avrebbero l’obbligo di chiedersi le ragioni per le quali le procedure concorsuali che si sono svolte, alcuni giorni fa, in quel di Napoli, brillino per la massiccia presenza di familiari, parenti, sostenitori e intimi amici dei nostri cari e affezionati amministratori che avendo puntato alla partecipazione debbono, necessariamente, puntare a vincere il concorso. Ogni altro risultato per i conviventi, i familiari, i parenti e i sostenitori degli amministratori non sarebbe, solo, immorale ma soprattutto mortificante, sia per loro che per i loro cari congiunti.
Una procedura concorsuale non deve solo essere corretta: non è sufficiente. Non basta! Deve essere al di sopra di ogni inverosimile sospetto e di ogni ragionevole dubbio. Una procedura concorsuale posta in essere da un qualsivoglia ente pubblico e, pertanto, ente di diritto, dovrebbe realizzare agli occhi di tutti un presidio di legalità assoluta.
I giornalisti non possono e non dovrebbero nascondersi dietro un silenzio di convenienza omettendo di raccontare fatti innegabili come quelli citati. Perché, se è pur vero, che nessuna norma giuridica impedisce ad un consigliere comunale o ad un assessore e finanche ad un sindaco di partecipare ad un concorso indetto dallo stesso ente nel quale svolgono le loro funzioni esiste comunque un’etica, una morale che dovrebbero essere un canovaccio da seguire, pedissequamente ed instancabilmente, da ogni rappresentante della comunità per evitare di demoralizzare e svilire ogni altro partecipante, sin dall’ingresso nei locali del concorso, e non ingenerare negli stessi partecipanti il dubbio di una procedura macchiata sin dall’inizio e che abbia già scritto i nomi dei vincitori. Non è importante che tutto ciò si verifichi. Non è fondamentale che uno vinca per dire che un concorso è viziato. Basta creare quel dubbio, quel timore, quella convinzione che l’esito è scontato per far si che i tanti partecipanti teanesi non siano più motivati all’atto di sostenere la prova concorsuale. Alcuni in ragione di ciò sono andati via, lamentando la situazione appena descritta, senza neppure prendere parte alla prova. Desta ulteriore meraviglia che, almeno per quanto si dice in città, che due teanesi abbiano ottenuto il massimo durante la prova scritta e manco a farlo apposta sono stati strenui sostenitori dell’amministrazione. Qualcuno direbbe sono solo coincidenze ma qualche problema a credere alle coincidenze resta. Non erano concorsi su base locale. Non era scritto nei bandi che potevano partecipare solo i teanesi. Vuoi vedere che il mese prossimo ci risveglieremo, nei nostri comodi letti, come i più preparati tra tutti quelli che hanno partecipato.
Queste sono le lobbie, questa la moralità e l’etica di chi ci governa e questa è la società in cui siamo chiamati a realizzarci come individui e a poco vale l’augurio rilasciato dalla pagina facebook dei nostri amministratori davanti a simili comportamenti.
Vuoi vedere che è stato riscritto il manuale Cencelli e manco ce ne siamo accorti? Vuoi vedere che si è passati dalla spartizione nelle nomine negli enti a ben altro?
A conferma di quanto detto ci viene fornito un assist dai sindaci e dagli amministratori di altri enti che hanno partecipato e hanno fatto partecipare i loro familiari, i loro parenti e i loro sostenitori, alle procedure concorsuali di Teano. Avrebbero potuto indire un concorso pubblico nei loro stessi enti e aggiudicarselo o farlo vincere a familiari, parenti e sostenitori. Augurandoci, nel contempo, che non si sia realizzato uno scambio tanto noto alla politica: «Io ti faccio vincere al concorso indetto nel mio comune e poi tu fai vincere uno dei miei cari a quello che stai per bandire tu» perché altrimenti quello che abbiamo considerato un assist non sarebbe che l’ennesimo scacco matto ai tanti giovani e meno giovani che ci hanno creduto.
Lettera firmata