Caro Sandro,
perdonami ma devo necessariamente replicare. Leggendo capirai. Sarà la mia ultima. Lo prometto, se non altro per non annoiare i lettori, e terminare questa corrispondenza epistolare che immagino interessi a pochi.
La tua risposta, ha riacceso quel piacere che avevo di scrivere. Dopo l’articolo, qualcuno mi ha scritto in privato esortandomi a riprendere quell’abitudine. Li ringrazio con un’enorme abbraccio, approfittando ancora una volta della Vs ospitalità. Ma difficilmente torno indietro sulle mie decisioni, anche se ora sono combattuto tra il desistere e l’iniziare nuovamente a farlo.
Altro non fosse, perché sento di doverlo ad una persona con cui in passato, ho condiviso momenti indimenticabili ed indescrivibili di parte della storia de Il Messaggio. Di quando chi ne faceva parte, era considerato un eretico, magari da lapidare. E ti posso garantire che in tanti lo hanno fatto, talvolta tirando la pietra e nascondendo la mano. Per deontologia professionale non ti farò mai i nomi, ma è stato veramente strano assistere al “cambio di bandiera in funzione del vento” di taluni personaggi.
La realizzazione/stampa/distribuzione dell’edizione cartacea de Il Messaggio, aimè oggi andata persa, il lancio della nuova piattaforma web dell’attuale edizione on-line, il TG settimanale sono solo un piacevole ricordo. A tal proposito, in particolare per il TG, con alcuni “compagni di merende di quel tempo”, seppur lavorando a distanza, con l’aiuto delle tecnologie oggi disponibili, stiamo pensando di realizzare qualcosa di simile. Se son rose fioriranno. Se son spine, pungeranno.
Aimè, talvolta, le strade si separano. E non è mai solo colpa di uno o dell’altro, se di colpa di può parlare. Dal mio punto di vista, certe volte è più saggio fare un passo indietro, fugare ogni dubbio e lasciare campo libero. Questo non vuol dire assolutamente “scappare” come dici tu. Nessuno è indispensabile. E’ un poco come scendere da un treno, affollato, in corsa prenotando la prima fermata utile. Sai, prima di ogni cosa, viene il bene proprio ed un attimo immediatamente dopo, quello di quanti ti sono vicini e/o dipendono da te.
Una persona a me molto cara, un giorno mi ha sussurrato: “non è forte chi non cade, ma chi cadendo ha la forza di rialzarsi.
Credimi, ero un treno ad alta velocità lanciato in corsa quando un giorno, un maledetto giorno, c’è stato prima il “crash frontale”, poi il buio più totale. Il tunnel da attraversare è stato lungo, triste e faticoso, ma lentamente quella lucina che si vedeva in fondo è diventata con il passare del tempo sempre più grande. Oggi, ancora mi volto a guardare quell’uscita che, giorno dopo giorno, si allontana sempre più pur restando allo stesso tempo ben visibile.
A quanti stanno vivendo o che vivono un momento buio, posso solo dire di guardare avanti. Mi hanno insegnato che dopo la tempesta, torna sempre il sereno. E torna, accompagnato da un arcobaleno di mille colori. Così sarà sia per i belli che per i brutti. Tanto per i buoni quanto per i cattivi.
Come saprai, in quei momenti, ti ritrovi di fianco solo e soltanto chi ti vuole veramente bene. Gli altri spariscono. Oggi devo la mia terza vita, che il caso ha voluto coincidesse con i 50 anni, alla mia famiglia. A mia moglie: donna, compagna, amica e mamma di altri tempi; al sorriso, ai baci ed agli abbracci delle mie due principesse; agli impagabili nonni. A mio padre, “don Felice”, cui devo tutto.
Devo dire un grazie anche a chi, nonostante tutto, ha avuto il coraggio e la forza di tendermi la mano e stringerla, aiutandomi così a rialzarmi. Un sentito grazie, senza rancore, anche a chi quella mano l’ha lasciata o non l’ha mai tesa, voltandosi dall’altra parte.
Credimi, pur sforzandomi, non riesco a comprendere i problemi del Pubblico che mi citi. Sarà sicuramente per un mio limite.
Sai, ho sempre lavorato nel privato, come dipendente e/o come free land. Due mondi dove non esistono, mi perdonerai il francescismo, “tutte quelle pippe burocratico-mentali” che ci sono e si fanno da voi nel Pubblico. I problemi si risolvono al momento “SENZA SE”, “SENZA MA” e “SENZA BLA BLA BLA”. Dove le frasi “NON E’ DI COMPETENZA DI QUESTO UFFICIO” e/o “….. LE FAREMO SAPERE…..” sono bandite. Vietate. Si rischia la defenestrazione.
Un mondo, dove le favole si raccontano solo ai bambini, ai quali non dovrai mai dire una bugia, o peggio promettere qualcosa che sai benissimo che non potrai dare. Mai illuderli. Da grandi, non te lo perdoneranno mai.
Fatico a comprendere. Ad avere la pazienza di attendere. Nel privato la “concorrenza” è spietata, ed anche un giorno di attesa può essere fatale. I problemi sono tantissimi ovunque. Grazie a Dio non esiste il mondo perfetto, altrimenti NOI tecnici non avremmo senso di esistere.
Per fortuna vivo in un mondo (lavorativo) dove le difficoltà si analizzano e si risolvono nel migliore dei modi possibili. Limitando i danni e facendo tesoro degli e(o)rrori del passato. Un mondo, dove si pianifica il futuro per il bene primario dell’azienda: dalla proprietà fino all’ultimo dei dipendenti. Nessuno escluso. Perché la barca su cui si naviga è la stessa per tutti.
Devo dare atto che sei cambiato. E’ evidente che l’esperienza cumulata negli anni in uno con l’età, fanno di te una persona ancora più saggia di prima. In ogni modo, non ho faticato minimamente a “decriptare” la tua risposta, ed al confronto il miglior Andreotti di un tempo, oggi ti avrebbe fatto un baffo.
Non mi resta che invitarti nel Feudo, dove avrai modo di assaporare i ns prodotti rigorosamente a Km0, fumare una delle tue amatissime sigarette. Sarà una buona occasione per fare quattro-mila chiacchiere, lontano da occhi ed orecchi indiscreti. Magari davanti ad una pizza rigorosamente pomodoro, aglio, olio basilico, accompagnata da un bicchiere di Coca-Cola. Tutto a pochi passi dal Teatro Romano, tanto amato e decantato. Il tutto, nel più totale rispetto delle normative vigenti, in materia anti COVID????.
Ringrazio te, la Redazione e l’Editore per lo spazio dedicatomi. Vi saluto con una storiella che raccontavo sempre ai miei colleghi di un tempo. Sono certo che si sbellicheranno ancora una volta dalle risate. Loro sapranno il perché.
Un ingegnere fu chiamato a riparare un computer molto grande ed estremamente complesso, un computer del valore di 12 milioni di dollari.
Sedutosi di fronte allo schermo, premuti alcuni tasti, annuì, mormorò qualcosa tra sé e lo spense. Prese un piccolo cacciavite dalla tasca e girò a metà una piccola vite. Poi accese di nuovo il computer e scoprì che funzionava perfettamente. Il proprietario della società fu felice e si offrì di pagare il conto sul posto.
– “Quanto le devo?” – chiese
– “In totale mille euro”
– “Mille euro?! Mille euro per un paio di minuti di lavoro?! Mille euro, semplicemente per aver girato una piccola vite?! Io so che questo super computer costa molto ed è importante per il nostro lavoro, ma… mille euro è un importo pazzesco! Pagherò solo se mi invia una fattura dettagliata che giustifichi perfettamente questa cifra!”
Il tecnico informatico annuì e se ne andò.
La mattina seguente, il Presidente ricevette la fattura, lesse attentamente, scosse la testa e procedette a pagare, senza indugio.
La fattura riportava:
Servizi offerti:
– Serrare una vite: Euro 1,00
– Sapere quale vite serrare: Euro 999,00
Questa storia è dedicata ai professionisti che ogni giorno affrontano il disprezzo di coloro che per la loro stessa ignoranza non riescono a capire il valore della conoscenza professionale.
Morale: Si vince per quel che si sa, non per quel che si fa.
Grazie di resistere ed attendere. Perdonami, ma io non ci sono riuscito. Sono un informatico.
Teano, 8 luglio 2020 ore 00.34
Luciano