Con il “Trattato di Campoformio”, firmato il 17 ottobre del 1797, il Generale Napoleone Bonaparte, al termine della sua prima “campagna d’Italia” che si concluse con la sconfitta della Austria-Ungheria, in cambio del riconoscimento della Reduplica Cisalpina da parte di questa, cedeva ad essa la Repubblica di Venezia.
La cosa provocò il risentimento di tanti patrioti che avevano visto in Napoleone il difensore delle idee di libertà nate dalla Rivoluzione Francese ed il possibile unificatore dell’Italia frammentata e dominata dallo straniero. Molti gridarono al tradimento, tra cui Ugo Foscolo, il poeta al quale è intestata una scuola superiore del nostro paese, il quale farà dire al suo Iacopo Ortis: “Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia.”
Con il trattato di Campoformio cessava di esistere la gloriosa “Repubblica di Venezia” che passava sotto il dominio dell’Austria.
Ma nel 1848 iniziava per l’Italia la “stagion più bella” (Carducci), quella delle guerre per la sua indipendenza dallo straniero; e dopo le cinque giornate di Milano, anche Venezia insorse ed il 22 marzo iniziò la splendida esperienza della seconda Repubblica Veneta sull’onda della campagna antiaustriaca guidata dal Re del Piemonte, il Sabaudo Carlo Alberto. Ma gli esiti non sono brillanti; la neonata Repubblica, piagata dalla peste, capitola il 24 agosto dello stesso anno.
Un giovane patriota e poeta, Arnaldo Fusinate, ne descrive con commozione le ultime giornate nell’ “Ode a Venezia”:
- E’ fosco l’aere, il cielo è muto
- Ed io sul tacito veron seduto,
- Ti guardo e lagrimo, Venezia mia….
E poi, quasi a tormentone per le successive strofe:
- Ma il morbo infuria, il pan ci manca,
- Sul ponte sventola bandiera bianca….
Restando nel campo letterario e paragonando, pur con la dovuta modestia, Teano a Venezia, non potremmo non citare un versetto del Passero Solitario di Giacomo Leopardi “…ahimè, quanto assomiglia al tuo costume il mio!”.
Basterebbe parafrasare così l’Ode di Fusinato:
- Il morbo infuria, l’acqua ci manca
- Sul ponte… sventoli… bandiera bianca!
Il morbo ce l’abbiamo, l’acqua ci manca, non dobbiamo far altro che sventolare bandiera bianca in segno di resa totale (ed onorevole?) a tutti i paesi viciniori, Sessa Aurunca, Piedimonte Matese, Vairano Patenora, ed ora anche Pignataro Maggiore, che hanno saputo, nel tempo, depredarci di tutto il depredabile. E continuano a farlo. Sarà per combinazione che il nome di tutti questi paesi è accompagnato da un “aggettivo”?
Ed alziamola, allora, questa bandiera bianca, visto che non siamo capaci di difendere le nostre cose; rassegniamoci al nuovo oscurantismo.
Almeno vivremo tranquilli.
Claudio Gliottone