La cucina di qualità, l’alta cucina, ha da sempre avuto una grande attenzione nella scelta delle materie prime e all’utilizzo di tecniche di lavorazione avanzate per la manipolazione del cibo , il tutto per non alterare e compromettere la vera natura organolettica dell’ingrediente.
Tutto il discorso entra nel rapporto cibo salute, non sono un dietologo, ne tanto meno un medico, neanche un nutrizionista, niente di tutto questo, sono semplicemente un cuoco che tutti i giorni si impegna nel dare piacere attraverso il cibo e consapevole che il cibo del ristorante non e’ il cibo di tutti i giorni .
Ogni piatto deve avere quel filo di equilibrio tra la presenza, il gusto e la salute, e che non sempre ciò che e’ buono e bello, fa anche bene alla salute.
Ci sono tanti prodotti industriali studiati nei minimi particolari iniziando dalla presenza per finire all’appetibilità perfetta, ma non penso che possano essere salutari , io personalmente preferisco un prodotto artigianale con qualche peccatuccio di appetibilità ad un prodotto perfetto studiato a tavolino . Come ci sono tanti prodotti genuini ( formaggi, carni rosse, interiora etc.etc) che non sono tanto salutari, ecco allora che deve entrare in funzione l’equilibrio del saper amministrare il nostro organismo nelle quantità e la cura e il rispetto nella manipolazione dell’ingrediente , senza eccedere per non correre il rischio di denaturalizzare le proprietà e il sapore.
La medicina dice che, una corretta alimentazione dovrebbe essere costituita da una quantità di sale che va da un minimo di 0,5 grammi , ad un massimo di 5 gr. di sale al giorno. Quindi cucinare con queste grammature nell’arco di tutta la giornata, significa non aggiungerne altro, perché già contenuto negli alimenti in modo naturale, anche se il gusto del sale e’ una percezione soggettiva che varia molto da individuo a individuo.
Mia madre Anna, i miei nonni paterni e materni, sono stati i primi a trasmettermi i valori della cucina del territorio , piena di tradizione, gusto e appetibilità ma molto difficile da digerire ed ecco che viene fuori la tecnica e la conoscenza del mio lavoro: faccio un esempio (non me ne vogliano i più tradizionalisti) un buon ragù ( detto anche rau’ o tiano dal nome della pentola di terracotta) nella tradizione deve cuocere per 4 ore deve pippiare per essere buono , ecco io vi dico che bastano appena 2 ore per avere lo stesso risultato sempre pippiando, questo per avere una ottima digeribilità . Perché l’ingrediente ha raggiunto il suo percorso, se va oltre inizia a rilasciare acidi e colesterolo cattivo , ma al di la di questo , non esiste un gusto perfetto o giusto, esiste il gusto delle persone
Pietro Balletta