Incesto è una di quelle parole che tutti noi facciamo fatica anche solo a pronunciare, c’è un rimando a un impossibile che per quanto estremo rientra in qualche modo nell’orizzonte delle possibilità umane. Alla sua radice non c’è un problema di sessualità patogena, quello è già un sintomo e non la malattia ; non c’è un insano appetito sessuale, che va tenuto fermo all’interno del suo significato, come paradigma di massima espressione dell’inaccettabile. A costituire la sua determinatezza è la mancanza assoluta di limiti. è quel volere tutto, quel voler essere tutto che Sofocle incarna nella tragedia di Edipo e che, a guardare bene, è oggi la cifra assoluta del nostro tempo , sia per la dimensione del tragico sia per quella della rinuncia , che non contempliamo neanche più . Ci siamo spostati così poco dall’uomo arcaico? Nonostante l’umanità abbia fatto esperienza dell’allunaggio, restiamo tutti figli di Laio e Giocasta? E’ da lì che muove l’incesto, è la mancanza di misura che fa essere l’incesto ciò che è ,la più bassa aberrazione a cui l’umano si espone quando rinuncia al metro di misura che lo umanizza. Oggi questo sembra essere il leitmotiv di ogni prassi umana ,si afferma come il trait d’union di tutto ciò che va sotto l’etichetta di modernità. Quale valore esprime la modernità se non quello di essere sé stessa, senza avvedersi che il progressismo di cui si vanta, produce un sistema sociale che come tratto emancipativo usa l’abbandono di tutto ciò che pone dei limiti, costruendo un’ingegneria sociale votata a promuovere una società massimamente edipica, perché massimamente incestuosa .La condanna assoluta dell’incesto, in campo sessuale, incontra facile consenso , nessuno sano di mente difenderebbe la più violenta delle trasgressioni delle leggi naturali. Diventiamo invece più tolleranti , quando ad essere vittima ,sono gli altri enti di natura ( che l’uomo violenta senza neanche sentire più il senso di colpa ), o qualsiasi altra cosa, creduta manipolabile e non solo perché non abbiamo sviluppato un’etica in questo senso, ma perché l’uomo e il suo antropocentrismo la fanno da padrone da quando la voce del serpente li ha persuasi che l’impossibile è qualcosa di cui abbiamo contezza e quindi di raggiungibile. Si perde il senso di divieto assoluto dell’abuso verso tutto ciò che l’uomo crede di poter dominare per diritto acquisito. E’ così che siamo arrivati ad essere complici di un mondo al contrario, che confonde il bene con il male ,la giustizia con l’ingiustizia, la politica con il potere . Frasi come “ abbiamo vinto le elezioni, adesso comandiamo noi “ dovrebbero farci sobbalzare dalla sedia, invece non ci indigniamo neanche più, i limiti dell’accettabile sono spostati talmente in avanti che noi stessi giustifichiamo una politica fatta per acquisire potere personale e non per servire una Nazione : termine peraltro ampiamente abusato da questa nuova classe dirigente ( che poi così nuova non è ), che si dice vincente, promuovendo una narrazione che in quanto tale già manca di verità . I sedicenti sovranisti , senza vergognarsi di apparire incestuosi, passano dal dirsi nazionalisti a volere la secessione, che ne è la contraddizione in termini. A salire sul banco degli imputati per aver promosso nel mondo il superamento incestuoso di ogni limite, è subito il sistema del capitale, perché il suo vero scopo è il profitto privato che non tollera certo il senso della misura . Sembra governare sull’uomo stesso : sentiamo tutti che nel nostro tempo l’economico vince sul politico, l’oggetto vince sul soggetto che lo ha posto in essere .E’ la tecnica l’essenza vera della scacchiera su cui l’occidente gioca la partita che prevede la vittoria del capitalismo assoluto, senza contezza alcuna che la tecnica ha un suo scopo che è l’autopotenziamento. Tutte le altre forze dell’occidente-la politica, la democrazia e il cristianesimo-non toccheranno palla, sono destinate a restare in panchina. La Tecnica è un macrotema che fa apparire le lotte di retroguardia, tra quelle citate forze che non riescono più ad imporsi , come i veri marcatori della crisi culturale ed anche esistenziale che viviamo ormai in forma endemica. La tecnica produce eterogenesi dei fini, una sorta di corto circuito per cui saremo noi ad essere usati dai mezzi tecnici che crediamo di usare. Basta guardare all’uso del telefonino che governa le nostre vite più di quanto noi siamo in grado di poterne fare a meno. La tecnica come vero soggetto della storia moderna è un concetto controintuitivo, diventa di più facile comprensione se pensiamo a come il denaro , diventando l’unico mezzo per poter raggiungere qualsiasi scopo, si sia trasformato esso stesso nel primo fine. Il mondo è precipitato in una anomala economia pseudo finanziaria, che esula ormai dai meccanismi umani . La stessa passione per il denaro , così vergognosamente umana, si è dovuta arrendere ad algoritmi e sistemi stocastici, che riescono a far fronte a un globalismo finanziario, a cui sarebbe ormai impossibile rispondere con un ordine di cose frammentato, locale. Il moderno turbocapitalismo , in quanto tecnico, è pura autoreferenzialità, risponde a se stesso , molto più di quanto faccia nei confronti dell’uomo che ancora pensa di poterlo gestire. Sembra essere contro la stessa vita , tanto che a Davos, più di 250 ultracapitalisti, hanno chiesto di essere tassati di più, di voler contribuire in modo concreto a una redistribuzione della ricchezza, che ammortizzi le diseguaglianze che hanno fatto sparire l’intera classe sociale chiamata ceto medio, la cui salute economica decideva la crescita del PIL . C’è una sperequazione che surclassa quel limite massimo di decenza , che la fa dire disumana, al punto da preoccupare anche chi vive assolutamente scollato da questi problemi , perché più fortunato. La super produzione prevede che ci sia un super consumo a sostenerla. Depauperare il 99% dell’umanità non sembra essere stata una grande mossa a fronte di uno sparuto gruppo di super ricchi che necessitano del nostro potere d’acquisto per continuare nella loro produzione esasperata . Il capitalismo sta mangiando sé stesso ,perché se continua così distruggerà il pianeta terra e dunque la sua casa, se cambia scopo, smettendo di essere profitto privato , morirà comunque come capitalismo. Quello di Davos , non è tanto un fatto di altruismo, di quelli che strapperebbero l’applauso, quanto una presa di coscienza di quanto stia male il mondo e di come perseguendo questa strada andremmo a sbattere tutti. La vera essenza della tecnica non è tecnica, è metafisica . La tecnica non può dire che cos’è la tecnica , è la filosofia a poterlo fare. L’uomo non correrebbe se non sapesse di avere le gambe, e a dirglielo è la sua capacità di ragionamento , il suo essere in grado di pensare. C’è sempre il pensiero umano a fondamento di qualsiasi prassi .E’ l’unico strumento veramente necessario all’uomo per poter eseguire quel cambio di rotta auspicabile a una nave che ha perso le coordinate della navigazione. Se tutti corrono sulla faglia che si apre, perché sembra essere il vero pericolo , nessuno si accorgerà della deriva alla quale ci stiamo destinando. La filosofia serve a defatalizzare il mondo, a mostrare che il pensiero umano può cambiarlo. Con Max Weber il capitalismo è apparso come l’unico possibile destino della vita umana. Weber sarà una vera e propria macchina da guerra per creare disincanto , convincerà il mondo di come il capitalismo sia insuperabile , nonostante il suo mancato sostegno a tutto ciò che qualifica la dignità della vita umana. Il mondo della vita mai potrà essere soddisfatto da un apparato pilotato esclusivamente da un metodo tecnico scientifico . Per quanto sia vero che quando stiamo male corriamo tutti dal medico e non dallo sciamano, andrebbe ricordato alla scienza che non è l’uomo a dover stare al suo servizio ma è la scienza che dovrebbe essere al servizio dell’uomo. Ma anche qui il germe dell’economia spariglia le carte, fino ad anteporre l’interesse di Big Pharma a quello della salute delle persone. Ancora una volta il mezzo si fa scopo, e noi piano piano cominciamo a leggerne il capovolgimento. Un sistema che si pone come assoluto non potrà mai essere tollerante verso le altre forme di sapere. Per questo la filosofia è ostracizzata e il positivismo è invece a casa sua nel nostro mondo al contrario. Marx presenta il capitalismo come l’assurdo del mondo in mano alle merci; Weber al contrario ne farà vedere il massimo della razionalità, non a caso le università sono tutte Weberiane- Kantiane . E’ così che il mondo è scivolato verso l’inautenticità , la dialettica avere o essere ha smesso da un po’ di essere tale e si è assolutizzata decisamente sull’avere : dell’essere, dirà Heidegger, non vi è più nulla. Essere autentici costa fatica, bisogna puntare sulla verità e non su quello che sembra esserlo. E’ una strategia di riuscita molto complicata , prevede di non rinunciare a sè stessi, nè a conoscere il mondo, spingendo la nostra umana intelligenza fino ad essere in grado di vedere che il dito che indica la luna non è la luna e a poterne sentirne tutta la ricchezza , quella vera , al punto di desiderare poco altro; chi si sente ricco per la persona che è e non per quello che ha, non desidererà altre forme di ricchezza : il desiderio è una figura della mancanza, per desiderare bisogna essere sprovvisti dell’oggetto del desiderio , non si può desiderare ciò che crediamo di avere già. Per essere si rinuncia ad avere, anche perché essere è il più autentico avere. Fromm ci ha insegnato che essere per avere non è come avere per essere, ma fare nostri concetti così alti richiede una presa di coscienza che di falso non può avere nulla . Torniamo di nuovo lì , a quel gioco mezzo- fine che va massimamente attenzionato , perché non è così innocente da parte nostra preferire l’avere all’essere , in fondo alla nostra falsa coscienza troviamo mille modi per giustificare la devozione al dio denaro e non quella a noi stessi. Chi è necessariamente ha, mentre chi ha non necessariamente è.
Il denaro può darci il cibo ma non l’appetito, la medicina ma non la salute, i conoscenti ma non gli amici, i servitori ma non la fedeltà, giorni di gioia ma non la pace o la felicità.( Henrik Ibsen ).
Ci siamo accontentati delle certezze , rinunciando alla verità, pur sapendo che il possibile esodo dalla caverna platonica era l’unica strada per essere liberi .Per Platone solo la verità può veramente liberarci dalle catene. Buon pensiero a tutti, a quelli che leggeranno per criticare e a quelli che avranno il piacere di cercare in questo assunto spunti di riflessione : entrambi, per poterlo fare, filosoferanno.
ANNA FERRARO