Mi pare sia cominciata proprio bene la “Officina di Filosofia” proposta per questo foglio da Anna Ferraro e proseguita da Giuliana Vozza ed Alessandra Petronzi.
Solo qualche considerazione per evidenziare il “leit motiv” che ne lega i contributi sinora espressi e ricercare nel passato le cause “filosofiche” che ne sono alla base, se è questo ciò a cui vogliamo attenerci.
I tre interventi denunciano, in sostanza, l’eterno disagio generazionale tra passato e presente, tra mentalità e comportamenti emergenti non dico in lotta tra loro, ma comunque profondamente diversi nei modi e nelle prospettive.
Non può che venirci in mente lo svizzero Jean Jacques Rousseau, grande filosofo illuminista e pedagogo della metà del 1700 e tra gli ispiratori della Rivoluzione Francese, scoppiata appena undici anni dopo la sua morte avvenuta nel 1778.
E’ nelle sue considerazione che va ricercato il disagio generazionale finora evidenziato; l’uomo nasce libero e costituzionalmente “buono”, dice Rousseau, ma il suo carattere degenererà a contatto con la società: “Tout est bein sarmant des mains de l’Auter des chose, tout dégénèr entre les mains de l’homme” (Tutto è buono nelle mani di Dio, tutto degenera nella mani dell’uomo) è infatti la frase con cui inizia il suo trattato pedagogico l’Emilio.
Nella sua evoluzione l’uomo ha costituito la “società” attraverso un “contratto sociale” col quale ha delegato all’insieme dei suoi simili, continuandone a far parte, la propria sovranità personale divenendo così sovrano di se stesso: un patto di associazione e non di sottomissione.
Da qui nascono però due importanti dicotomie.
La prima è che l’uomo si ritrova ad essere ad un tempo individuo, con personali prerogative, e componente sociale, con prerogative di interesse comune che spesso collidono con le proprie personali.
La seconda è che, venendo al mondo, ogni uomo firma automaticamente un “contratto sociale” alla stesura del quale non ha mai partecipato e che trova bello e pronto, irrefutabile ed eterno, preparato, escludendolo totalmente, da altri uomini mai conosciuti.
Bisogna specificare ora che le finalità di Rousseau nella scrittura del suo trattato “Il Contratto Sociale” erano preminentemente, se non esclusivamente, di carattere politico-organizzativo della società, ma delineano implicitamente una visione etico-comportamentale dalla quale non si può prescindere. Proprio perché quest’ultima trova fondamento, per una giusta costituzione sociale, nel principio che “la mia libertà deve terminare là dove comincia la tua” ed entrambe devono poter convivere con reciproco interesse.
Il problema è che questo silente contratto ha bisogno di essere spiegato nel tempo al nuovo elemento che ne viene in rapporto: la gran parte di apprendimento la farà da autodidatta giorno per giorno nel corso della sua vita, ma le basi, i primi elementi, le cose fondamentali, basilari vanno insegnate ai neofiti (nel nostro caso i giovani) da coloro che ne sono già a conoscenza, genitori ed insegnanti. E forse il problema che ingenera i disagi evidenziati dalle nostre collaboratrici sta proprio in questo: non nell’avanzare della tecnica, nella perdita di valori morali, nella caoticità della vita attuale, ma nella delega alle “istituzioni” anche dei compiti di quella che una volta era la “famiglia”!
In fondo la follia recente delle stragi naziste o comuniste, o del colonialismo che ha pervaso la seconda metà del XIX secolo e la prima del XX, sta proprio nell’obnubilamento delle menti praticato sistematicamente dalle “istituzioni”, sociali, politiche, militari o religiose, perché non ci siamo fatti mancare neanche tantissime stragi di religione, cara Anna.
Se è vera la ottimistica teoria del Nostro che “l’Uomo nasce buono e degenera nelle mani degli altri uomini” bisognerebbe interrompere, o quanto meno attenuare la catena degenerativa proprio all’inizio, all’apertura degli occhi al mondo.
Riprendendo le tesi iniziali oggi non esiste “un individuo ad un tempo sovrano e suddito di se stesso” che comprenda i propri limiti e le proprie responsabilità, ma un “soggetto massa” che essa segue ciecamente ed in essa si perde, favorito certamente, Giuliana, dalla molteplicità e dallo scorretto uso della pletora mediatica oggi esistente.
Ci sono ancora, cara Alessandra, giovani capaci, integerrimi, puliti, lungimiranti, onesti, e sono senza dubbio la stragrande maggioranza; ma vanno sempre più aumentando i disonesti, gli arroganti, gli insipienti, quelli che inseguono paradisi chimici, quelli che stuprano, che accoltellano, che ingrossano le fila della malavita e via discorrendo.
Se solo tornassimo a fare di ogni essere umano un “individuo”, di quelli con la “legge morale dentro di sé”, responsabile innanzitutto verso se stesso, e non un indefinito componente di una amorfa “massa”, daremmo sicuramente un piccolo contributo alla nostra società.
Non è un mistero ch’io sia un “individualista” ed un “relativista”: sembrano parole peccaminose in tempi storici di globalizzazione, ma specie sul “relativismo” c’è stata non di recente una positiva attenuazione di giudizio anche da parte della Chiesa. Ma di questo parleremo in seguito.
Claudio Gliottone