Messe a rischio dalle sentenze della Cassazione e salvate (almeno per adesso) dall’Inps e dal ministro del welfare, Elsa Fornero . Si può riassumere così la vicenda che in questi giorni interessa le pensioni degli invalidi civili, il cui importo rischiava di essere pesantemente tagliato, dopo diversi pronunciamenti della magistratura e dopo una circolare diffusa nel dicembre scorso, dall’istituto nazionale della previdenza.
LE PENSIONI DI INVALIDITA’ E LA CASSAZIONE
Nello specifico, per applicare alla lettera una sentenza della Cassazione, l’Inps ha infatti stabilito che gli assegni pensionistici degli invalidi civili (circa 275 euro al mese, per chi ha una inabilità del 100%), devono subire un giro di vite. I trattamenti dovrebbero infatti essere liquidati soltanto a quei contribuenti il cui reddito familiare non supera i 16.127,30 euro lordi annui. Una volta oltrepassato questo tetto, l’invalido perde il diritto alla prestazione. Nel calcolo della soglia, secondo le disposizioni dell’ente della previdenza, nel 2013 va inclusa anche laretribuzione del coniuge e non più, come avveniva fino allo scorso anno, soltanto i redditi del beneficiario diretto dell’assegno. Il che, rappresenta una pessima notizia per migliaia di invalidi italiani, che rischiano di vedersi tagliata per sempre la pensione, perché hanno un reddito familiare troppo alto.
LA MARCIA INDIETRO DELL’INPS.
Dopo diverse proteste dei sindacati, però, il ministro Fornero ha voluto metterci una pezza e, nelle scorse settimane, ha costretto l’Inps a fare marcia indietro. E così, anche nel 2013, le pensioni di invalidità verranno liquidate con i vecchi criteri (almeno in via provvisoria) cioè senza tenere conto dei redditi del coniuge. Quando la polemica sembrava rientrata, però, a complicare le cose è arrivato un altro pronunciamento della Cassazione. Il 13 febbraio scorso (dopo un’ udienza a porte chiuse molto attesa) la Suprema Corte ha dato infatti di nuovo ragione all’Inps: il reddito del coniuge, secondo la magistratura, va sempre tenuto in considerazione per stabilire chi ha dirtto alla pensione di invalidità e chi, invece, non può riceverla. La Cassazione, va ricordato, è giunta a questa conclusione semplicemente interpretando il reale significato di una legge sui trattamenti d’inabilità che risale agli anni ’70. Dunque, o si cambia la legge, o le pensioni di migliaia di invalidi italiani devono essere tagliate.
LA PALLA AL GOVERNO.
Per adesso, tuttavia, la situazione rimane in stand-by. Dopo il parere della magistratura, infatti, l’Inps ha infatti dichiarato che si atterrà alle disposizioni del ministro Fornero e che continuerà a liquidare le pensioni agli inabili come nel 2012, cioè senza tenere conto del reddito dei coniugi. L’istituto guidato da Antonio Mastrapasqua ha però fatto una precisazione: spetterà al governo (forse dopo le prossime elezioni) il compito di sbrogliare il bandolo della matassa. Il dovere dell’Inps è infatti soltanto quello di applicare alla lettera la legge e le sentenze della Cassazione (che ha un potere di indirizzo sui pronunciamenti di tutti i tribunali italiani).
Va ricordato, comunque, che la diatriba nata negli ultimi mesi riguarda esclusivamente le pensioni di inabilità, che non vanno confuse con un altro trattamento previdenziale esistente in Italia: l’assegno ordinario di invalidità. Quest’ultimo, viene corrisposto a tutti i lavoratori (autonomi e dipendenti) che hanno almeno 260 settimane di carriera alle spalle e che hanno subito un infortunio o una malattia (e una conseguente riduzione della capacità professionale, per almeno un terzo).
La pensione di inabilità, invece, viene corrisposta a tutti i cittadini tra 18 e 65 anni che risultano completamente inabili a svolgere un lavoro, anche se non hanno mai versato un euro di contributi . Nello specifico, si tratta di una piccola indennità in somma fissa che, per gli invalidi totali, ammonta a 275,83 euro al mese.
di Andrea Telara