Tempo di processi, a sinistra e a destra. Quando si perde si sa, parte la caccia al traditore, al venduto a quelli che avrebbero dovuto ma non hanno voluto o potuto, ma, anche a quelli che si sapeva che non avrebbero voluto.
A livello locale, se era ipotizzabile un’attenta analisi del voto in casa del PD, per capire alcune incongruenze tra voto provinciale e regionale, per metabolizzare la sconfitta del candidato locale ma anche per l’intero schieramento provinciale e regionale, in casa PDL avrebbe dovuto respirarsi aria diversa. Senza proclami vittoriosi, perché il voto non ha fornito grandi indicazioni in tal senso, ma sarebbe stata salutare una serena analisi del voto per capire soprattutto il successo delle facce nuove (Maurizio Simone e Mario Migliozzi) e magari studiare una nuova strategia politica sui grandi problemi locali ed utilizzare al meglio il vento favorevole di due maggioranze amiche, in provincia e alla regione. Sembra invece che il problema dei problemi in casa PDL sia l’avvio di un processo sommario a carico dei cinque giovanotti che, alla vigilia delle elezioni, con coraggio e onestà politica e mentale, dichiararono di appoggiare la candidatura regionale di Massimo Grimaldi candidato nella lista Caldoro per il Nuovo PSI.
Ma cosa esattamente si addebita a questi ragazzi? Aver fatto votare Caldoro? No! Aver fatto votare Grimaldi? No! La colpa di questi ragazzi sarebbe quella di non aver fatto votare Roberto Conca, il coordinatore locale del PDL. Ultimamente in una cocente riunione post elettorale del PDL, gli uomini di Roberto Conca, cioè i Cirelli, i Napolano e fratelli Barra, tanto per citarne alcuni, hanno invocato a gran voce la fuoriuscita dei cinque baldi giovani che alla vigilia delle elezioni osarono comunicare con motivazione, che avrebbero sponsorizzato la candidatura della lista del Nuovo PSI che faceva capo al candidato Massimo Grimaldi, del Nuovo PSI, cofondatore del PDL.
La motivazione addotta da Napolano Antonio, fratello di Luigi, quello che si è candidato nello stesso collegio di Conca nella lista della Democrazia Cristiana, sarebbe una mancanza di fiducia nella funzione del tesoriere Antonio D’Angelo, uno dei cinque fuggiaschi. “Non metto una lira nelle casse del partito finchè ci sarà come tesoriere questa persona che non ha fatto campagna elettorale per il nostro coordinatore” più o meno questa dovrebbe essere stata la sua motivazione, da altri invece è stata prospettata una soluzione più benevola “Se sono disposti a fare un passo indietro va bene, si rimettano in riga ed accettino le regole del partito e la leadership di Conca, altrimenti è bene che cambino aria”.
Il coordinatore Conca si è riservato di prendere una decisione entro una o due settimane e sarà una decisione che non ammetterà obiezioni, lui è il coordinatore ed è lui che decide. Ora poi che il partito gli ha spiegato che non è stato eletto perché i cinque non lo hanno fatto votare, avrà una motivazione in più per affermare la sua leadership.
I cinque ragazzi sotto processo non hanno voluto rilasciare dichiarazioni, pensavano di fare politica ed invece si trovano invischiati in sterili, pretestuose ed assurde vendette di tipo personale che con la politica hanno poco a che fare. Forse si dovrebbe cominciare ad analizzare la politica locale partendo da questi atteggiamenti per capire del perché, nonostante le enunciazioni del tipo “largo ai giovani” poi chi dovrebbe fare largo si mette di traverso e invece di capire o spiegare, si limita a minacciare sanzioni.
Brutti segnali che non consentono di guardare il futuro con ottimismo.
Menenio