Abitava in una casetta linda e profumata di lavanda e spigo del
quartiere dagli echi iberici denominato LaTorretta – Quando la Sorella
signora Anna, ancora tra i viventi e di amabile diponibilità, si
trasferì in Versilia, continuò a viverci con la dolce stupenda Mamma
esercitando tra il Duomo e la monumentale chiesa di San Francesco
dall’aureo ligneo soffitto la nobile e dignitosa professione di
Sagrestano in seconda. Il sacrista-capo era un tal Luigino di cui ora
al momento mi sfugge il cognome che aveva la fortunata opportunità di
essere il prelibato cognato della titolare dell’accorsata tabaccheria
di Corso Vittorio.
La proprietaria del bel negozio era la famosissima Telina ‘a pazza non
perché fosse matta del tutto ma in quanto eccentrica e stravagante.
Luigino lasciava dappertutto un olezzo di sigari e talvolta mozziconi
dei sigari stessi fornitigli dalla compiacente consorte sorella della
bislacca e simpatica Telina che aveva anche il volto ornato da
lussureggiati barba e baffi spioventi da meritarsi anche il titolo di
” vecchio Cinese”. Antonio esercitava la sua mansione di scaccino con
una classe e uno stile tipico di Bazin l’inappuntabile
staffiere-sagrestano di Aramis – abate Renato d’Hérblay ne’ ” I Tre
Moschettieri” di Alessandro Dumas padre.
Era puntuale, preciso, devoto,zelante, obbediente. Serviva la Messa ai canonici in Cattedrale con una
compassatezza e misura degne del cerimoniere del papa. Gli piacevano
le monete antiche di cui l’allampanato e nasuto Canonico De Monaco
portava qualche esemplare in sala capitolare per studiarselo poi in
santa e pia devozione. Ma finiva poi con l’appisolarsi per poi
destarsi seccato quando il garrulo Armandino gli carezzava la nobile
zucca abitata ancora da qualche tenace capello. Ad Antonio piaceva in
particolare la moneta di Teano col gallo e la stella; vai a capirci
poi perché. Era una moneta della Teano che veniva romanizzata pian
pianino tanto è vero che recava la scritta Tiano ( locativo: ” fatta
in Teano”). Conservava ancora la ì del corrispondente locativo osco
Tianud la quale i si pronunciava con un suono intermedio tra la e e la
i stessa per cui dopo si passò direttamente alla pronuncia latina
Teanum. La moneta con la stella e il gallo avente una netta relazione
con l’alba simboleggia la vittoria della luce sull’oscurità. Tra gli
antichi Greci; Italici e Romani il gallo rappresentava la combattività
la lotta, il valore, l’ardimento. Per i Cristiani invece era l’icona
della resurrezione e del ritorno di Cristo.
Antonio La Motta assisteva anche alle messe degli altri allegri
canonici che le celebravano a turno : Il Decano don Raffaele Caprio
che l’arzillo Armandino chiamava ” Il canonico Totò” per una certa
somiglianza col principe del sorriso: Il canonico Fondi che sembrava la
fotocopia di Macario: don Ciccio canonico Tatulli mite e pio: don
Nicola Castaldo irascibile e sanguigno: don Gaetano Tommasone affabile
e coltissimo e via di seguto. Ma il suo preferito era il canonico don
Arminio per quella naturale simpatia detta ” a pelle”. Spesso rivedo
con gli occhi della mente e del cuore il pio Sagrestano in seconda del
Duomo e di San Francesco. Sì rivedo riflesso in argentei specchi di
luna e stelle il volto incantato e puro di Antonio La Motta galantuomo
senza macchia e con molta paura che gioioso salmodierà ancora una
volta in un impeccabile Latino” Introibo ad altare Dei ad Deum qui
laetificat juventutem meam…”
Mi accosterò all’altare di Dio di quel Dio che allieta la mia giovinezza.
Giulio De Monaco