Nonostante l’anno scolastico si stia avviando alla conclusione, la vivacità degli alunni è sempre ai massimi livelli, nella fattispecie per gli alunni del Primo Circolo del plesso Garibaldi, e in particolare quelli delle classi che accedono dall’ingresso principale. Abbiamo avuto modo di studiarne il comportamento tanto all’ingresso quanto all’uscita. Osservando i nostri piccoli amici, abbiamo riscoperto il loro senso d’ingenuità e di spensieratezza, visibile e sotto gli occhi di tutti.
Il rito dell’ingresso a scuola che si ripete da anni, è sempre allo stesso modo. Ed è bello verificare che nonostante il passare degli stessi, le emozioni sono invece sempre diverse. Mai tutte uguali. Chi ha avuto modo di costatarlo, avrà sicuramente notato che il mattino, prima del fatidico squillo della campanella, esistono tre diverse tipologie di alunni: quelli che non vedono l’ora di entrare, quelli che non vedono l’ora di uscire; quelli ( più preoccupante ) cui non importa nulla: in preda all’apatia più totale.
Il trillo della campanella è impostato sulle 8.15. Qualche minuto prima il bidello, anzi pardon il personale ATA, procede all’apertura delle cinque porte d’ingresso. Loro, i bambini, intenti a parlottare nel cortile non appena si accorgono di quanto sta succedendo, si fiondano letteralmente alla propria porta in modo ordinato e non a caso. Infatti, le porte sono divise per classi e sezioni, in modo da non far affollare i bambini tutti allo stesso ingresso. Loro, come dei soldatini, si dispongono diligentemente in fila davanti alla propria. Ecco, l’importanza delle regole spiegate ed applicate fin da piccoli: per loro ormai è normale entrare per la porta assegnata e non per quella di un’altra classe. Provate ad immaginare di applicare la stessa regola agli adulti: nessuno o quasi la rispetterebbe. Bene, dall’apertura al mettersi in fila ed al successivostart,trascorre meno di un minuto. In questi sessanta secondi, è tutto un salutare. Il classico bacio a/di mamma, papà, nonno, nonna e poi all’udire dello squillo uno scatto fulmineo degno dei bolidi di formula uno alla partenza, quando il semaforo passa in meno di pochi secondi dal rosso al giallo e quindi al verde. Inutili le raccomandazioni “non correre, fai il/la bravo/a”, loro scattano con dei tempi di risposta impressionanti. Qualche mamma, troppo apprensiva, allunga l’orecchio sicura di sentire il tonfo dovuto alla caduta del proprio figlio per le scale. Avrà ragione il figlio che scappa dalla mamma, o la mamma che fa la chioccia ? Tra i bambini , ci sono rappresentanti di tutte le categorie citate in precedenza: gli apatici, i felici, i tristi. Non appena i bolidi compiono la prima curva, i loro accompagnatori ripercorrono al contrario la strada. C’è chi torna a casa, chi scappa a lavoro, chi s’intrattiene per una chiacchiera. Nel frattempo i ritardatari si affrettano per guadagnare l’ingresso. La campanella è già suonata e i loro compagni già sono in piena corsa, dopo aver scaldato i motori.
Tutt’intorno è traffico: non capiremo mai quei genitori che, pur abitando nei paraggi della scuola, si ostinano ad accompagnare i propri figli preferendo l’auto ad una sana camminata. La fretta, questa maledetta fretta che accelera chiunque la fa da padrona. Automobili parcheggiate in tutti i modi e nei posti più impensati. Loro, gli automobilisti, convinti che la fretta sia dalla loro parte e che quindi quelle regole che i propri figli stanno imparando devono impararle e rispettarle solo loro, diventano dei perfetti maleducati, pronti ad infrangere quelle semplici direttive senza nessuno scrupolo. Le forze dell’ordine non sempre presidiano porta Napoli. Qualche mattina, non c’è nessun vigile a dirigere il traffico ed allora il caos aumenta ancora di più. Altre volte, pur intravedendo la figura di un rappresentante della polizia municipale, la sosta selvaggia è di routine. Me ne vado subito è la classica risposta di chi parcheggia in curva o sul marciapiede. E loro, i tutori della legge per routine, quieto vivere, perchè no apatia, chiudono un occhio. Altre volte invece ligi al dovere, procedono con l’elevazione dell’infrazione al codice della strada. Due facce, di una stessa medaglia. Due metri di una stessa misura.
Verso l’ora di pranzo, il “miracolo” si ripete per l’uscita: loro, gli scolari al driiinn driinnn escono sempre dalle stesse porte, come delle molle. Stare cinque ore chiusi in classe è dura per tutti. Allo sciogliete le righe, anche i più tranquilli saltano come dei grilli. Una giornata di duro lavoro è finita. Ognuno rientra a casa sua: i felici, i tristi, gli apatici.
Giovanni XXIII, il Papa buono diceva : “Cari figlioli, tornando a casa, troverete i bambini: date una carezza ai vostri bambini e dite: "Questa è la carezza del Papa!"
Non si può demandare solo alla scuola il compito di educare i bambini.
Luciano Passariello