Tra tutte le frazioni di Teano, San Marco è la più grande per estensione ed abitanti, tenendo conto anche delle varie contrade e masserie che la circondano. Sorgendo su alcune colline a margine del gruppo vulcanico di Roccamonfina, a 175 m.s.l.m. il paese conta poco più di 600 abitanti. Si narra che il nome, fortemente legato alla figura di S. Marco Evangelista, abbia avuto origine proprio con la venuta del Santo in questo territorio. La sua storia, abbraccia miti e leggende, al punto che secondo la tradizione, un nobile veneziano per grazia ricevuta, decise di portare la statua del Santo da Venezia in questo piccolo villaggio, che da piccola borgata divenne presto un paese che adottò il nome del Santo come simbolo di una tradizione, di una storia e di una cultura. Gli anziani raccontano che la statua giunse in paese prima della costruzione della Chiesa.
Tornando indietro nel tempo, troviamo tracce di ville romane di cui tutt’oggi, in località acquaruoli, è possibile ammirare i resti di un’antica cisterna. La Chiesa parrocchiale risale al 1614, mentre il campanile di epoca più recente, ci raccontano sia stato costruito dopo il 1800. E’ indubbio che prima ci fosse un campanile più piccolo. Il risveglio civile, fu portato nel paese grazie ai monaci, che costruirono due conventi: di Meduni e della Masseriola. Il primo andato perduto, il secondo con gli splendidi affreschi della Chiesetta del convento ancora in buono stato di conservazione. Il monumento della Croce, a pochi passi dalla Chiesa attuale, raffigura i simboli della passione di Gesù. San Marco un tempo, dopo il conflitto, aveva una fiorente economia basata non solo sull’agricoltura ma anche su lavori terziari: sartorie, frantoi, calzolai, tessitoria e latteria erano mestieri che, purtroppo, con il tempo sono scomparsi perché non più tramandati di padre in figlio. Ricordiamo che la frazione era anche sede di una caserma dei carabinieri. Tra le personalità capaci di essersi distinte per il proprio bagaglio culturale e letterario, ricordiamo Vincenzo Laurenza, uomo illustre di cui ancora oggi piazze ed edifici ne portano il nome. Testimonianza di chi invece nel passato, ha saputo distinguersi per coraggio, audacia ed intento patriottico è il monumento ai caduti in guerra, che si può ammirare nella parte alta del paese. A costoro è dedicata una Sezione chiamata per l’appunto Circolo dei Combattenti che, conservando amorevolmente foto e testimonianze, tiene alto il ricordo di un popolo in guerra.
Come ogni luogo che si rispetti, anche qui le credenze popolari hanno la meglio sull’evoluzione culturale: il malocchio a cui attribuire malesseri fisici e rovesci di fortuna; le ianare, una specie di streghe che di notte entravano nelle stalle per rubare gli asini, avendo cura poi di riportarli solo all’alba sfiancati, sudati e con le criniere intrecciate all’inverosimile. Alle credenze, si contrappongono le tradizioni, che ancora oggi sono conservate in onore di un passato che si mescola con la modernità: la frittata pasquale preparata con oltre cinquanta uova e sette tipi di erbe aromatiche tritate. Tra tali erbette, ci segnalano le spine di rosa volte a ricordare le spine della corona posta sul capo di Cristo in croce. Un secondo a base di carne di agnello e uova è il priatorio. Altra tradizione del luogo è quella di friggere l’anno, ossia preparare dolci fritti in casa, in segno di buon augurio. Sembrerebbe che l’odore di fritto in casa, mandi via la mala sorte.