Salvatore Parolisi è stato arrestato per l’omicidio della moglie Melania Rea. L’ordinanza di custodia cautelare gli è stata notificata e il caporal maggiore dell’esercito è stato prelevato dalla caserma Clementi di Ascoli dove era tornato a lavorare lo scorso lunedi. L’uomo, scortato dai carabinieri, è uscito da un ingresso secondario a bordo di un’auto senza contrassegni, che si sta dirigendo verso la caserma dei carabinieri.
ACCUSE GRAVISSIME – Omicidio volontario pluriaggravato dal vincolo di parentela e crudeltà (pena che prevede l’ergastolo) e vilipendio di cadavere in eventuale concorso con altri. Questi i reati contestati a Salvatore Parolisi, che aprono anche alla possibilità che le ferite post mortem sul cadavere di Melania siano state inferte da persona diversa rispetto al marito. Ipotesi che comunque gli inquirenti ritengono poco verosimile.
ACCOLTA LA RICHIESTA – Il gip di Ascoli Carlo Calvaresi ha accolto la richiesta della Procura, che chiedeva l’arresto del caporal maggiore dell’esercito per l’omicidio volontario aggravato della moglie Melania Rea. Parolisi sarà presto trasferito nel carcere di Marina del Tronto, nella periferia del capoluogo piceno.
"LA BAMBINA" – "E adesso come facciamo con la bambina?". È stata la prima preoccupazione di Michele Rea, il fratello di Melania, alla notizia dell’arresto di Salvatore Parolisi. Lo riferisce il legale della famiglia, l’avvocato Mauro Gionni, che ha appena parlato con i parenti della donna uccisa. La bambina è la piccola Vittoria, che porta lo stesso nome della nonna materna, e che dopo la morte della mamma è stata in parte con il padre, quando il lavoro glielo consentiva, e in parte con i Rea. A proposito dell’arresto del cognato, Michele Rea ha commentato: «Speriamo che possa essere la fine di un incubo. Ci auguriamo che si possa arrivare a chiudere questo cerchio – ha aggiunto – È una notizia che mi fa stare male, anzi malissimo».
TRASFERIMENTO DEGLI ATTI – Melania Rea, la 29enne di Somma Vesuviana è stata massacrata lo scorso 18 aprile con 33 coltellate nella pineta di Ripe di Civitella, nel teramano. Il suo cadavere era stato trovato due giorni dopo nel Bosco delle Casermette, nel Teramano. Poichè l’omicidio avvenne con certezza in Abruzzo, è scontato ora un trasferimento degli atti alla Procura di Teramo, che il gip potrebbe aver deciso contestualmente all’accoglimento della richiesta dei magistrati ascolani.
"ERA NELL’ARIA" – "Era nell’aria. Ora bisognerà leggere l’ordinanza del gip. Ma già dalla perizia medico legale emergevano grandi elementi a carico di Parolisi. L’arresto è la diretta conseguenza delle indagini sin qui svolte". È il commento del legale della famiglia Rea, l’avvocato Mauro Gionni.
LA FAMIGLIA REA- "Speriamo che possa essere la fine di un incubo". Michele Rea, fratello di Melania, commenta così l’arresto del cognato Salvatore Parolisi. "Ci auguriamo che si possa arrivare a chiudere questo cerchio – ha aggiunto – È una notizia che mi fa stare male, anzi malissimo".
LE INDAGINI DEI RIS- L’ultimo dei segnali che proverebbero che ad uccidere la moglie sia stato proprio Salvatore arriva dai rilievi dei Ris. Non solo dopo la sua morte una delle prime preoccupazioni del caporalmaggiore è stata quella di eliminare su Facebook i tanti e focosi messaggi scambiati nei mesi precedenti con l’amante Ludovica, sua ex allieva recluta. Ora salta fuori che analoga operazione di smacchiatura sarebbe stata compiuta anche su alcune delle macchioline di sangue rinvenute subito dopo l’omicidio di Melania nell’auto di Parolisi, una Renault Scenic. Un comportamento, l’ennesimo, che ha inevitabilmente acuito i sospetti della Procura, tuttora in attesa delle decisioni del gip, Carlo Calvaresi, sulla richiesta d’arresto per omicidio volontario aggravato del militare (decisione imminente, forse già oggi).
Le tre macchie sono state individuate sul montante della portiera dell’auto dalla parte del passeggero. Al primo esame dei Ris risultarono essere sangue. Ma una successiva perizia fece sorgere dei dubbi. La vettura ritornò quindi nella disponibilità di Parolisi, nei cui confronti in quel momento non c’era alcun provvedimento (veniva sentito come teste). Solo quando il militare venne indagato per omicidio aggravato, l’auto gli fu nuovamente sequestrata per consentire ai Ris ulteriori accertamenti. È stato in quel frangente che gli esperti, riesaminando le tre macchie, hanno scoperto segni evidenti di smacchiature, "come se qualcuno avesse tentato di diluirle con un’azione di strofinamento". Un effetto che potrebbe anche essere stato causato dal semplice lavaggio dell’auto, ma gli inquirenti non ne sono affatto convinti. E’ stato accertato che, delle tre macchie, una è sicuramente sangue, anche se serviranno esami più sofisticati per capire se appartiene a Melania e se è ricollegabile all’omicidio o se invece è dell’ex amante Ludovica, che in un’intervista rivelò di aver avuto con Parolisi più di un rapporto intimo in auto.
L’efferatezza del delitto, la lucidità con cui ha agito e, soprattutto, l’aver esposto la figlia di 21 mesi a una simile situazione (la piccola dormiva verosimilmente in auto mentre la mamma veniva uccisa nel bosco a Ripe di Civitella), per la pubblica accusa rendono Salvatore Parolisi, caporalmaggiore dell’Esercito, un soggetto "estremamente pericoloso". In altre parole: potrebbe uccidere ancora.
UCCISA MENTRE LA BIMBA ERA IN AUTO – Ma soprattutto, se il quadro accusatorio tiene, l’uomo avrebbe ucciso Melania mentre la loro bambina dormiva in auto. Oggi, secondo quanto riferiscono i suoi avvocati, tornerà regolarmente ad Ascoli, nella caserna del Reggimento Piceno, per riprendere servizio, ma non più come istruttore delle giovani reclute. Prima, passerà a ritirare la sua auto al Ris di Roma, dove la vettura – una Renault ‘Scenic’ – è stata passata al setaccio. Ora è stata dissequestrata, e, sempre secondo i suoi legali, non avrebbe offerto nessun appiglio all’accusa. I carabinieri, in particolare, hanno fatto accertamenti sul portabagagli, dove si trovava tra l’altro una delle due valigie anch’esse sequestrate alcuni giorni fa. Per gli inquirenti, il soldato, dopo aver ucciso sua moglie al Bosco delle Casermette, deve essersi per forza tolto gli abiti sporchi di sangue e per questo l’attenzione era rivolta al trolley, che poteva contenere un cambio. Ma la difesa non ci sta. È convinta che a uccidere Melania sia stata una donna, come indicherebbe la presenza di Dna femminile, misto a quello della stessa vittima, sotto l’unghia dell’anulare sinistro della Rea.
Melania, secondo l’accusa, non ha reagito e non si è difesa perché "si fidava totalmente della persona con la quale si trovava in quel momento nel boschetto di Ripe…". Gli ultimi attimi di vita di Carmela Rea non sono dunque quelli della preda, della donna che capisce di essere finita in trappola. Dall’autopsia rimbalza l’immagine di una persona passata in pochi istanti dalla vita all’inferno di un’agonia durata 45 minuti. Anche l’unghia dell’anulare sinistro, sotto la quale è stato trovato il profilo del Dna di un’altra persona (una donna), è intatta, nonostante si trattasse di un’unghia ricostruita, particolarmente lunga e fragile: e questo, secondo gli investigatori, "esclude che ci sia stata lotta o resistenza da parte di Melania". S
ELEMENTI CONTRO SALVATORE – Contro il marito pesano due elementi: l’ora del delitto (tra le 14 e le 15 del 18 aprile: la stessa fascia oraria nella quale, a detta di Parolisi, lui e la moglie avrebbero dovuto trovarsi a Colle San Marco per far giocare la piccola Vittoria) e il fatto che i telefonini della coppia risultano agganciati in quel lasso di tempo alla cella di Ripe. Oggi sono tre mesi che Melania è stata uccisa. E se solo ora la Procura si è decisa ad affondare il colpo, ciò non deriva solo dall’incrocio dell’analisi dei tabulati, degli esami dei Ris e dell’autopsia, ma anche dalla dinamica di un omicidio definito «di rara efferatezza».
PRESA ALLE SPALLE – Più che il timore di un inquinamento delle prove, alla base della richiesta di custodia cautelare avanzata al giudice per le indagini preliminari vi sarebbe "la pericolosità" di Parolisi, il rischio che possa far del male a sé o ad altri. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, Melania è stata presa alle spalle, in un tentativo di "scannamento" che molto ricorda le tecniche militari. Poi, mentre con i calzoni abbassati tentava una goffa quanto inutile fuga, è stata colpita da 6 coltellate alla schiena e 20 tra capo, collo e tronco. Con l’aggravante, è la tesi della Procura, che tutto ciò sarebbe avvenuto alla presenza della piccola Vittoria, all’epoca di 18 mesi, che dormiva nell’auto parcheggiata vicino allo chalet di Ripe.