Ebbene sì: lo sappiamo tutti che la storia è maestra di vita, ma bisogna conoscerla bene, valutandone con serenità e distacco tutti gli eventi che in essa si sono susseguiti, prevedendone così anche quelli che si susseguiranno nel futuro, perché essa, ed anche questo è noto, si ripete. Se “per sventura” o “per fortuna” è scritto solo nell’imperante relativismo che domina il mondo umano e che con inusuale ostinazione cerchiamo di negare, forse per il solo piacere di prenderci in giro.
Orbene ogni paese ha delle sue tradizioni che durano per anni, a volte per secoli, e poi, come è giusto che accada di fronte al progredire della vita, si trasformano o scompaiono del tutto.
Spesso e volentieri ne resta la memoria non solo in qualche scritto, in qualche foto sbiadita, o in qualche reperto ritornato alla luce; per quelli più vicini nel tempo resta la testimonianza degli anziani che li hanno vissuti, arricchita sovente da particolari frutto di colorita fantasia.
Discernere il vero dal contorno diventa allora difficile, ma riviverne i fasti resta sempre un interessante esperimento.
Allora entrano in azione Associazioni, Pro-Loco, Circoli, volontari ed uomini di buona volontà i quali si organizzano e si attrezzano a riportarli in luce, creandone delle imitazioni o dei succedanei che il più delle volte sono lontani anni luce dalla realtà dei fatti.
Nascono così i “presepi viventi”, le “passioni viventi”, le “giostre cavalleresche” delle città umbre, per dire i più diffusi: oppure la partita a scacchi nella famosa piazza di Marostica, o lo “sposalizio del mare” a Venezia, o il Palio a Siena, per dire i più importanti.
Preambolo necessario per ricordare che, nell’approssimarsi della Festa di Sant’Antonio, fino agli anni 60 si teneva sulla collina sede del Santuario la cosiddetta Fiera del bestiame, durante la quale si commerciavano oltre ad oche e galline, anche vacche, muli ed asini.
Era uno spettacolo vederli tutti schierati in fila: gli acquirenti sceglievano il capo che gli interessava, ne pattuivano il prezzo e chiudevano il contratto con una bella stretta di mano: sarebbero passati il giorno dopo a pagare ed a ritirare l’animale.
Ma del “mercato delle vacche, dei muli e degli asini” nessuno ha mai avuto il coraggio di farne un succedaneo, un ricordo “vivente”, come per gli “antichi mestieri”; eppure la cosa avrebbe meritato attenzione. Infatti i “compratori” mettevano in atto tutta la loro sapienza ed esperienza nello scegliere l’animale migliore: quello che avrebbe dato “più latte” nel caso della vacche, quello che avesse avuto “la testa più dura” nel caso dei muli, o quello che avrebbe lavorato sodo senza ragliare, nel caso degli asini. Li accarezzavano, ne guardavano i garretti, la dentatura, le mammelle e poi, una volta scelto, ne contrattavano il prezzo: non con l’accanimento con cui sono soliti contrattare gli arabi, ma quasi. Poi giungeva la stretta di mano “tra galantuomini ed onesti lavoratori della terra”.
Chissà perché mai nessuno ha avuto l’idea di riproporne una rappresentazione.
Un attimo, un attimo solo: mi squilla il telefono, rispondo…
Noooooo? Non posso crederci: mi è sfuggita.
L’amico al telefono mi conferma che la rappresentazione del “mercato delle vacche” c’è stata e come, proprio qualche giorno fa, giusto un mese prima, il 13 di maggio, della ricorrenza del Santo, il 13 di giugno! Ma guarda che combinazione! Ci saranno stati pochi spettatori perché i più erano intenti a chiudere le liste elettorali il cui termine di scadenza di presentazione era fissato proprio per il giorno dopo, il 14 di maggio. Altra eccezionale combinazione.
E c’erano tutti ben rappresentati. I “marchands de vaches” e le “vaches” medesime.
Che bello! Che ci siamo persi.!!!!
Ma mi hanno assicurato che ripeteranno la rappresentazione tra cinque anni, se tutto andrà bene: ma non è detto che non possano rifarla anche tra un anno.
A’ bientot, mes amis et mes amies!
Claudio Gliottone